Prologo

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15 settembre, Firenze.

Mi batte forte il cuore.
Troppo forte.
Non va bene.

"Io sono lo psicologo della scuola. Come ti è stato detto, a causa della depressione in costante crescita ogni anno fra gli studenti, il nostro istituto ha voluto far fare una seduta a ciascuno di voi, così che possiamo intervenire e aiutarvi il prima possibile"

Annuisco senza dire una parola.
La mia gola è asciutta e le mie mani tremano.

"Ti chiedo quindi di raccontarmi come ti senti, cosa hai provato e cosa provi tuttora da quando sei al nostro liceo.
Sarà infine mio compito valutare se ti servirà una serie di sedute o meno.
Prego"
Prende un block notes e segna il mio nome.
Poi allunga un braccio e prende il mio questionario; in breve era un test a crocette sul nostro stato d'animo in generale ed in specifiche situazioni e noi dovevamo segnare con una x l'opzione che più ci rappresentava.

Guarda tutte le mie risposte e sorride.
Sembra soddisfatto.
"Basandomi su questo pare che tu non abbia nessun problema, non soffra d'ansia o abbia paure, tanto meno ti senta male nella tua classe o in collera con te stessa"
I suoi occhi leggono velocemente tutto il foglio.
"Ciononostante, ci tengo a sentire cosa provi tu, con le tue parole."

Si sistema gli occhiali e si mette comodo su quella poltrona che cigola sotto al suo peso, come se si stesse preparando a sentire una storiella.

Qualcosa dentro me scatta.
Nonsocosastofacendo.

"Vuole la mia versione?
Innanzitutto il mio questionario è completamente falso, e lo capirebbe chiunque che ho mentito spudoratamente; nessuno è sempre e costante mente "felice", nessuno non ha mai problemi con la famiglia e con i suoi coetanei e nessuno non ha delle paure.
Ma che razza di psicologo eh, scusi?
Lavora tutto il giorno con degli adolescenti e non sa ancora che chi sta davvero male e si sente sprofondare non lo dice così apertamente, non ne va fiero ma, anzi, se ne vergogna e cerca di nasconderlo finché può.
Dato che non sa leggere fra le righe, glielo dico chiaro e tondo; aiuto.
Aiuto per ogni cosa.
Vuole parlare della scuola? Va bene.
Da quando sono entrata qui non faccio altro che sentirmi inadeguata, costantemente non un gradino, ma chilometri di scale dietro ai miei compagni.
Loro capiscono subito ogni materia, ogni lezione. Sono sempre preparati, impeccabili e hanno ottimi voti.
Io mi sforzo, studio giorno e notte e continuo a fare schifo, continuo a non essere abbastanza per nessuno.
Sa cosa significa impegnarsi e dare il massimo, ma essere sempre l'ultima a capire un'argomento, l'ultima a consegnare la verifica, quella che prende sempre il voto più basso? Significa che in me sorgono complessi, inizio a pensare di essere stupida, di non valere quanto valgono gli altri, e anzi, ormai ne sono più che convinta.
Vuole parlare delle mie relazioni coi miei coetanei?
Okay, semplice; vanno a puttane.
Non mi riesco ad inserire in nessun gruppo, vengo giudicata una sfigata solo perché non fumo e non bevo, mi prendono in giro perché i miei capelli non sono impiastricciati di colori e la mia pelle non è ricoperta di tatuaggi.
Ormai se ogni sera non vai ad ubriacarti in discoteca e non sai insultare il prossimo per far ridere chi ti sta accanto sei un perdente.
Bello schifo.
E guardi, davvero, fra ragazzi che vogliono solo giocare coi tuoi sentimenti e spezzano il tuo cuore in mille frammenti, ragazze che se non ti vesti e ti trucchi da troia ti ignorano, ma se ti metti una maglia scollata ti dicono i peggior insulti del mondo, io preferisco stare sola.
E la mia situazione familiare?
Ah beh, sa, avere una figlia che sta tutto il giorno chiusa in camera o fra le pagine di un libro perché odia le persone e non esce con nessuno, e a scuola ha voti pessimi, e non è la sorella perfetta o ideale, non è che ne vanno molto fieri, tanto meno ne sono orgogliosi.
E la mia vita?
Tralasciando il fatto che non riesco a dormire a causa dei miei incubi che come catene mi stringono il collo, il petto, la pancia, le gambe, il corpo, e mi schiacciano al suolo, soffocandomi, ed i miei demoni che hanno la permanenza fissa nella mia mente, anche quella fa schifo.
Sa, più volte quando sono sul balcone di camera mia mi domando cosa accadrebbe se saltassi giù, e questo pensiero mi perseguita ogni qualvolta vedo un edificio alto.
Ho smesso di passeggiare in strada perché ero tentata di gettarmi sotto al primo camion che passava.
Ho gettato i temperini perché sono tormentata dal desiderio di tagliarmi le vene, di dissanguarmi con le mie stesse mani e punirmi una vola per tutte per ciò che sono.
Ultimamente credo di meritare solo dolore, vorrei farmi sempre più male, fino ad affogare nelle mie stesse lacrime e frantumarmi le ossa.
Mi odio. Mi odio all'inverosimile, mi sto distruggendo ma lo merito.
È giusto così.
E sa perché? Perché certe persone non vogliono essere salvate.
Mi basta tenermi tutto dentro, finché non implodo e scompaio lentamente"

Becoming Death, non sfidare la morteDove le storie prendono vita. Scoprilo ora