SUBARU'S POV
Forse era la scelta migliore. Forse era giusto così.
Forse lei doveva stare con lui e io dovevo cercare altrove.
Eppure, ancora, mi ritrovavo nella mia stanza, solo, osservando quelle dannate foto che non ero riuscito a buttare perché ero debole. Perché lei mi aveva reso così dannatamente debole solo con un suo sorriso.Al ricordo di quello che mi faceva sentire dentro il mio cuore freddo, marcio, fermo da millenni, lacrime fredde scesero dai miei occhi che ogni volta che chiedevo gli occhi mi riportavano al suo sorriso, ai suoi occhi e alle sue labbra perennemente screpolate che si mordichiava spesso. A quel tocco così delicato di quando mi accarezzava la guancia e a tutte le volte che passava le mani tra i miei capelli, cercando di tenermi testa oppure dimostrando un'incredibile strafottenza.
E anche se mi dicevo di smettere di piangere, che non ne valeva la pena, se stringevo i pugni e davo colpi al muro, arrabbiato con me lei o forse con Yuma o forse con me, continuavo a sentirmi in colpa. A sentirmi male perché volevo spezzare la vita di una fragile ragazza.
Immaginavo stesse sul letto, come faceva spesso, ascoltando una qualche canzone deprimente mentre quel dannato Mukami le accarezzava i lunghi capelli biondi avvolte giocando con le sue orecchie canine. Osservando i suoi occhi verde smeraldo ora spenti di quella luce, quella luce che avevo spento io con rabbia, con parole che non pensavo, con forza, cercando di predominare sui sentimenti contrastanti e in fine sfogandomi sull'essere che più amavo. Sulla persona che occupava ogni mio pensiero. Sulla ragazza che mi faceva uscire di testa. Per cui piangevo. Per cui non dormivo da mesi. Rotto dal senso di colpa.
E ancora, chiusi gli occhi e rividi il suo bellissimo visetto rossiccio per l'imbarazzo e le lacrime scesero con più prepotenza, impossibile dire per quanto piansi quel giorno. Minuti o ore. A me parvero giorni.
Come i giorni in cui sapevo che era in coma, giorni in cui avevo letto e riletto la sua lettera. Ore in cui non riuscivo altro che incolparmi delle mie parole. Minuti in cui non facevo altro che essere arrabbiato con me stesso.
E ora?
Cosa avrei dovuto fare? Jein non mi voleva, era ovvio. Chi avrebbe mai voluto rivedere chi l'aveva allontanata in quel modo, chi aveva detto che l'avrebbe uccisa mosso dalla rabbia nei confronti dei sentimenti strani che le persone sviluppano.
Non potevo fare altro che incolparmi, senza la forza di superare il tutto e mantenere la mia promessa, senza il coraggio di uccidere una ragazza. Quella che avevo detto di amare.
I miei fratelli se ne fregavano di me, fossi morto non sarebbe cambiato, morto di fame, morto ammazzato o suicidato, di sete o di dissanguamento dopo le ferite inflittemi ai bracci.
Tanto, non era importante, un fratello in meno non faceva differenza. A nessuno faceva differenza, a nessuno importava di me.Ti prego, Subaru, torna da me.
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una ragazza e 10 vampiri.
Vampire-è una ragazza forte, ce la farà- Ma anche lui non era sicuro delle sue parole. -ti ucciderò- -ti amo- Due amori, una sola scelta, un solo cadavere. Che la bugia si mostra ai tuoi occhi e tu affoghi le tue lacrime nella persona in cui ora dubiti. Pe...