Capitolo Ventinove

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Siamo sdraiati nel suo letto, con una sigaretta in mano a parlare del più e del meno. Sono appena le 8 e Niccolò apre le tapparelle della sua stanza per far entrare un po' di sole.

Ritorna a letto, sotto le coperte, mi bacia e a me batte forte il cuore ad ogni minimo contatto con lui. Non riesco a credere di avere Crisalide davanti a me, il ragazzo di cui mi sono innamorato.

"hai fame?" chiede Crisalide ovvero Niccolò, devo ancora abituarmi a chiamarlo col suo vero nome.

Maledico il mio stomaco che brontola perché Niccolò lo prende come un sì e va in cucina, sento la macchina del caffè. Non volevo staccarmi da lui, ma non voglio nemmeno alzarmi dal letto che ormai sa di lui, di me, di noi.

Ieri sera, dopo essere scappati da Renato zuppi, Niccolò aveva la fortuna di avere casa libera per tutto il fine settimana. Così ci siamo rifiugiati da lui. Non ho voluto dire niente né a Eva né a Giovanni né a Eleonora. Voglio per un po' scomparire e essere l'ultimo uomo sulla terra con Niccolò.

Niccolò torna con in mano due caffè e due cornetti. Mi passa la mia roba e lo ringrazio.

"dovrei abituarmi alla colazione a letto?" chiedo ironico dando un morso al cornetto.

Niccolò alza le spalle e ridacchia.

"solo quando avrò voglia di alzarmi dal letto e staccarmi un po' da te" dice e anche se rido sento il cuore a mille per quella affermazione.

"allora preferisco morire di fame" affermo e lui sorride alzando gli occhi al cielo, io ridacchio e bevo un sorso del caffè.

Potrei abituarmi a questa routine. In fondo svegliarmi abbracciato a Niccolò, qualche bacio di prima mattina e la colazione a letto potrebbero farmi bene all'umore.

Finiamo la nostra colazione e decido di alzarmi dal suo letto e sistemarlo un po', mentre lui cerca sul computer un film da guardare.

Poi guardo incuriosito e divertito l'ukulele appoggiato sul suo scaffale e mi ricordo che Niccolò suona uno strumento musicale, il pianoforte. Già lo sapevo, ma non sapevo fosse Crisalide.

"il pianoforte?" chiedo mettendo le coperte sotto il cuscino, Niccolò alza lo sguardo su di me e sorride.

"sta in salotto, vuoi vederlo?" chiede retorico, perché sa che non mi limiterò solo alla visione.

"potresti suonarmi qualcosa, e io potrei accompagnarti con quello" dico e indico il suo piccolo ukulele, lui ride e si alza prendendo il piccolo strumento musicale.

"vuoi sapere a cosa serve?" chiede e viene a sedersi sul letto davanti a me.

"per suonare no?"

"non solo, multiuso" dice e confuso lo guardo mentre caccia dal piccolo strumento musicale una piccola boccetta contente un liquido blu.

"cos'è?" chiedo confuso

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"cos'è?" chiedo confuso.

"lo prenderai solo quando te ne andrai...ora devo suonarti qualcosa" dice sorridendo, appoggia la boccetta sul comodino e mi prende per mano trascinandomi dal suo pianoforte.

"puoi sederti lì" dice indicando il divano, faccio come mi ha detto mentre lui si sistema. Prende degli spartiti dal suo quaderno rosso e mi chiedo se sono quelli che gli ha regalato il padre.

Posiziona le dita sui tasti bianchi e inizia a premere su essi, producendo una bellissima melodia. Senza volerlo sorrido mentre lui è concentrato nella lettura dello spartito e nel suonare il pianoforte.

Quasi perdo il respiro ammirandolo. Ho il cuore che batte a mille.

Ti sei preso una bella cotta Martino.

Continua ancora un po' e mi rilassa il suono di qualsiasi composizione sia che riempie la stanza, spero quasi che non finisca mai.

Ma purtroppo finisce e richiude lo spartito girandosi verso di me.

"è bellissima Nì!" esclamo col fiato corto, penso di aver trattenuto il respiro solo perché non volevo che qualche altro rumore potesse disturbare questa composizione.

"l'ho fatta io, l'ho scritta io, si chiama 'Maliconia'" dice Niccolò forzando un sorriso, c'è qualcosa che non va.

"scrivi composizioni? Sei bravissimo Nì! Quali altri talenti mi nascondi?" chiedo retorico e lui ridacchia sfiorando le dita sul suo pianoforte.

Poi si crea un silenzio pesante che non riesco a sopportare, non capisco perché.

"Marti ti devo dire una cosa" dice agitato, si morde il labbro. Annuisco e aspetto che continui.

"non è una cosa leggera...è importante" continua e annuisco agitato.

Sospira e toglie la mano dal pianoforte, poi alza lo sguardo su di me.

"ho il disturbo bloderaine di personalità, è una malattia mentale anche abbastanza pesante...l'ho sempre omesso nelle email perché pensavo che non sarebbe mai successo nulla tra noi, che non ci saremo mai visti e che non mi sarei mai innamorato di te. Ma ora che tutto questo è successo mi sembrava giusto dirtelo prima che fosse troppo tardi" spiega e riabbassa lo sguardo, non mi guarda più negli occhi, aspetta una mia reazione ma non so che dire.

Dovrei dirgli cose romantiche tipo 'non me ne frega un cazzo, voglio stare con te lo stesso'? Mi sembra troppo ridicolo. Questa è la vita reale non un film. E nella vita reale io non so che cazzo dire.

"ed è normale che non sai che cazzo dire, ti ho colto alla sprovvista, non ti preoccupare" dice capendo il mio punto di vista. Ma mi dispiace non capire il suo. Io voglio stare con lui, io sono innamorato di lui, ma non so in che situazione lui si trova, non sono informato sulle malattie mentali quindi non so che cosa dovrei fare, cosa dire, come aiutarlo.

Deglutisco e annuisco solo. Lui si alza e va in camera, ed io mi sento uno stupido. Non voglio lasciarlo, non ora che finalmente ci siamo incontrati. Non mi farò fermare da questo.

Ritorna con in mano la boccetta e il mio zaino.

"deduco che ora vorrai andare via, per pensarci un po'" dice, mi alzo e riprendo la mia roba appoggiandola a terra.

"una cosa però..." dico prima che ritorni in camera, mi guarda e aspetta che parli.

"forse non sarà mai facile, ma non sarà impossibile. Io sono innamorato di te Nì:grazie a te se ho capito meglio me stesso, tu mi hai spinto a fare il mio primo coming out. Voglio stare con te, tu non vuoi stare con me?" dico e lui sorride abbassando lo sguardo. Appoggio la fronte sulla sua.

"ti farò del male" dice e il sorriso che aveva sul viso si spegne. Gli prendo entrambe le mani e lo guardo.

"anche io ti farò del male, ma ciò non significa che non possiamo stare insieme" sussurro e lui rialza gli occhi, si stacca un po' da me anche se abbiamo ancora unite le nostre mani.

"è meglio che vai, sai dov'è la porta" sussurra, mi lascia le mani. Ha gli occhi lucidi, non mi da il tempo di ribattere che si chiude in camera sua.

Forse ho esagerato. Forse ho sbagliato.

Sospiro e prendo da terra le mie cose.

Alla fine la persona insicura sull'argomento non ero io, era lui.

Sfioro con le dita il suo pianoforte ricordandomi la melodia di 'Malinconia'.

Esco da casa sua e mando un messaggio a mia madre dicendole di essere stato da un amico.

love, MartinoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora