Capitolo Trentadue

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Lunedì alla riunione della radio cerco immediatamente lo sguardo di Niccolò. È seduto su una sedia della stanza accanto a Elia, ha una maglia blu, la stessa che mi prestò la sera precedente per dormire da lui.

"ciao, ciao" dico.

Sorride come se mi stesse aspettando, e si sposta per farmi spazio.

"quest'anno ti sei scampato la puntata Rametta!" esclama Elia ironico, alzo le spalle.

"be' l'anno scorso te la sei scampata tu" alzo le spalle, Elia mi da ragione.

Niccolò ridacchia, e ho le vertigini e mi manca il fiato. E ieri notte non ho chiuso occhio. Nemmeno un secondo. In pratica ho immaginato questo momento per dieci ore, e adesso che sta accadendo, non ho idea di cosa dovrei dire. Probabilmente qualcosa di figo, da non sfigato e che non c'entri con la scuola.

Ma anche no. "l'hai finito il capitolo?" chiedo a Niccolò, è anche se non ho specificato che materia e rendendomi solo ora conto che e un anno più grande di me risponde lo stesso.

"sì" dice.

"io no" dico.

Poi sorride, e io sorrido. E poi arrossisco e lui abbassa gli occhi, e poi questa catena di gesti nervosi.

Elia alza un sopracciglio confuso.

"dovete dirvi qualcosa e io sono di troppo?" deduce e io e Niccolò ridiamo. Elia lo prende come un sì e si allontana da noi.

"è stato imbarazzante" dice Niccolò appoggiando la testa sulla mia spalla.

Il mio cuore accelera a quel contatto che mi fa sorridere come un ebete. Poi Niccolò deve andare a lezione e va via, ci rivediamo a ricreazione.

Eleonora viene da me.

"non avevo capito che tu e Niccolò foste così amici" dice, deve aver visto la scena con Elia.

"sssh" dico, e le guance mi prendono fuoco. Eleonora non si lascia sfuggire mai niente.

Arriva finalmente la ricreazione e Niccolò si materializza davanti alla porta della mia classe e per poco non mi viene una cosa.

"dovremmo andarcene da qualche parte" dice.

"fuori da scuola?"

"non proprio, seguimi" mi prende per mano davanti a tutti gli studenti trascinandomi non so dove.

Mi porta alla sala delle riunioni della radio, c'è ancora la torta alla carote di Silvia e il suo pupazzo. Arriccio il naso.

Niccolò non so come, ha trovato un posto nascosto, scavalchiamo un cancello e mi mostra un piccolo terrazzo, dove si vede quasi tutta la città.

Sorrido e gli stringo la mano.

"ci venivo spesso qua:a leggere, a fumare, per stare da solo" spiega e si siede sospirando.

Mi ricordo tutte le sue frasi sulla solitudine e alla sua sofferenza, mi si stringe il cuore.

"sai che ho letto che ti fa male fumare?" dico e lui ridacchia.

"cosa sei il mio dottore?"

"oh no, tua madre mi ha pagato per tenerti d'occhio"

"cosa?"

"sì mi paga, questa settimana dobbiamo incontrarci"

"ti paga bene?"

"sisi"

"voglio la metà dei soldi"

"cosa?! Scordatelo"

"dai!"

love, MartinoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora