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Aveva aspettato tutta la notte sveglia, guardando fuori dalla finestra, sperando che Eunwoo si svegliasse il più presto possibile. Si svegliò alle nove del mattino e non appena lo sentì stiracchiarsi corse in bagno per lavarsi.

Sua madre si sarebbe arrabbiata. Lo sapeva. La notte prima, entrando a casa di Eunwoo, era riuscita a vedere delle foto incorniciate ed attaccate alle pareti. Le foto ritraevano Eunwoo con quella che sembrava la sua famiglia.

Guardandosi allo specchio vide delle orribili macchie viola sul suo collo e, nonostante avesse cercato ovunque, non era riuscita a trovare nulla con cui avrebbe potuto coprire quei segni orribili.

Indossò nuovamente il vestito della sera precedente e lasciò il bagno per cercare l'uomo. Lo trovò in cucina mentre faceva colazione, sembrava pronto per uscire.

Sollevò lo sguardo guardando la ragazza dalla testa ai piedi. «Sei ancora qui?»

«Potrebbe riportarmi a casa?» chiese con voce sottile.

«No» rispose sbuffando lanciando un'occhiata. «Devo andare in aeroporto per prendere mia moglie e i bambini» continuò come se nulla fosse. La corvina guardò dispiaciuta una foto che ritraeva l'uomo con la sua famiglia.

«Può pagarmi un taxi?» chiese ancora mordendosi l'interno della guancia.

«Ti ho pagato la cena ieri sera» la guardò annoiato, «la porta sai dov'è» disse indicandola con un cenno del capo. Eunjin aspettò qualche secondo e quando si rese conto che l'uomo non avrebbe davvero chiamato un taxi per lei lasciò la casa a testa bassa.

Avrebbe voluto chiamare i genitori ma sarebbe venuta a prenderla suo fratello e non aveva voglia di essere insultata, l'umiliazione bastava e avanzava per quella mattina.

Cercò di coprirsi come meglio poteva con la sua giacca e seguendo il suo navigatore ignorava gli sguardi che le persone lanciavano nella sua direzione.

Essere abituata a una cosa del genere non era bello ma dopotutto non era la prima volta che alla ragazza era successa una cosa del genere, bastava ignorare gli sguardi e i commenti delle persone.

L'unica cosa positiva di tutta quella situazione era che, tornando a piedi, ci avrebbe messo più tempo ad arrivare a casa ed avrebbe avuto più tempo per prepararsi al confronto con la madre. Ma significava anche che ci avrebbe messo più tempo ad arrivare a casa per buttarsi sotto una doccia e sfregiarsi così tanto la spugna addosso da far arrossare la pelle.

Dopo tre anni ancora non riusciva a capire come mai la sua vita avesse preso quella piega. Come mai i suoi genitori la tenessero chiusa in casa per andare ad appuntamenti al buio con uomini molto più grandi di lei, o per meglio dire sapeva perché ma non riusciva a capire perché dei genitori obbligassero la loro bambina a farlo.

Si strinse di più nella giacca e quando sollevò lo sguardo si ritrovò davanti al Marriot Hotel. Le si strinse il cuore ripensando al suo comportamento nei confronti del ragazzo dai capelli biondi della sera precedente. Si sentiva in colpa per il modo in cui aveva trattato tutte le persone che l'avevano servita ma quella era l'unica arma che aveva per difendersi.

Senza rendersene conto si ritrovò ad entrare dentro l'enorme hall dell'hotel e senza guardare in faccia nessuno prese l'ascensore per andare al ristorante. Erano le undici del mattino ma era sicura che qualcuno si trovasse già nel locale per prepararsi all'apertura del pranzo. Come aveva previsto delle persone stavano sistemando i tavoli e quando uno dei camerieri fece contatto visivo sbiancò.

U P T O W N | pjm [✓]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora