eighteen

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"Oh, Giovanni... cosa mi stai facendo?"

Sono queste le ultime parole che sento prima di cadere nell'oblio del sonno.

Quando mi risveglio, Andrea non c'è più.

Mugolo e mi siedo sul materasso, passandomi una mano tra i capelli.

Quel ragazzo non lo capisco.
Prima promette di aiutarmi, poi mi lascia così.

Che io non sia molto bravo a capire le persone, c'è da dirlo.
Di solito devo solo capire come essere un buono strumento di piacere per le persone, di solito non servo ad altro.

Sono un sex toy.

A chi mai importerebbe di aiutarmi?

Chiudo gli occhi e mi ributto sdraiato sul letto, sospirando.

Una sensazione di calore sulle labbra mi fa quasi sorridere.
Sono le labbra di Andrea.

"Giova, io vado a casa. Ne riparliamo dopodomani"

Rimango qualche secondo con gli occhi chiusi, beandomi della sensazione delle labbra di Andrea sulle mie.

Non mi ero mai soffermato a pensare quanto adori il loro sapore, sanno di pioggia e di caffè, con un po' di liquirizia.
Lo adoro, adoro tutto di lui.

Quando riapro gli occhi non c'è nessuno, ma quella sensazione sulle labbra rimane.

Ora ricordo: è il bacio che mi ha dato Andrea prima di andarsene, stamattina presto.

Sorrido mentre ripesco i miei vestiti dal pavimento.

Quando esco dalla camera sono ancora di buonumore, ma quest'ultimo sfuma quando vedo la faccia del boss.
È incazzato.

Anche se non ha ancora detto o fatto nulla, faccio un passo indietro.

"GIOVANNI!"

Sobbalzo.

Poi vengo preso da una morsa di delusione.

Andrea gli ha detto tutto.
Andrea mi ha tradito.
Sento le lacrime agli occhi.

Le ricaccio dentro velocemente.

"S-si?"

"Mentre Andrea era sveglio, tu stavi FOTTUTAMENTE DORMENDO!"

Boccheggio.

"I-io non.."

"Non hai nessuna scusante. Ne abbiamo parlato mille volte, non ti devi addormentare. E se ti capita di chiudere gli occhi mentre il cliente dorme, devi riaprirli prima che si svegli"

"Non accadrà più"

"Me l'avevi detto anche l'altra volta, e la volta prima ancora"

Incontro il suo sguardo e comincio a tremare.
So cosa sta per succedere.

Dopo pochi secondi, infatti, due uomini grandi e grossi mi trascinano sul retro del locale, in un vicolo sporco e stretto.
Mi lanciano contro il muro e io mi accascio a terra, e sento ogni centimetro del mio corpo pervaso dal dolore.
Mi stanno dando calci, su tutto il corpo.
Lasciano integra solo la faccia, per non ridurmi impresentabile ai clienti.

Come se i lividi che mi lasceranno su tutto il corpo siano trascurabili.

Mi rannicchio su me stesso aspettando semplicemente che tutto questo finisca, senza nemmeno provare a reagire.

Dopo un po' il tizio più grosso dei due mi prende per le braccia, si sposta dietro di me e mi immobilizza.
L'altro mi tira pugni nello stomaco a raffica, facendomi piegare in due dal dolore.

Mi mordo il labbro fino a riaprire i piccoli tagli fatti dai denti di Andrea e mi ficco le unghie nei palmi, per non dargli la soddisfazione di urlare.

"Penso che possa bastare"

È il boss che ha parlato, dalla porta del locale.

"Lasciatelo lì, ragazzi"

Mi buttano per terra e rientrano nel locale, lasciandomi da solo nel vicolo.

A fatica mi avvicino al muro e mi ci appoggio con la schiena.

Devo vomitare.

Mi sporgo in avanti e vomito sangue, mentre mi premo le mani sul ventre.

Effettivamente cos'altro potevo vomitare?
Non mangio dall'altroieri.

Comincio a piangere, silenziosamente.

Che spiegazione darò a mamma, questa volta?

Sono ridotto troppo male per usare come scusa una semplice rissa al bar.

Sento dei passi all'estremità del vicolo e cerco di farmi il più piccolo possibile.

Magari uno di quei tipi è tornato di nascosto dal boss per menarmi ancora un po'.
A volte lo fanno.
Ogni volta spero che uno di quei colpi che mi danno sia il colpo di grazia.
Me ne andrei proprio come ho vissuto, in silenzio.

Sento i passi bloccarsi all'ingresso del vicolo.
Poi sento che riprendono ad avvicinarsi a me.
Si bloccano a qualche metro di distanza.

"Ma che... GIOVANNI!"

È Andrea.
Sento che non sono mai stato più felice di vederlo.
Lui non mi ha tradito, lui non c'entra niente.
Forse gli importa davvero di me.

"Vieni via da quello schifo"

Cerca di farmi alzare in piedi, ma io mi oppongo.
Sento un dolore atroce ogni volta che mi sfiora.

Alzo lo sguardo verso di lui.
I suoi occhi verdi sono colmi di preoccupazione.

"S-sto bene"

"Non dire cagate"

Mi alza di peso passandomi un braccio sotto le ginocchia e uno sotto la schiena.

Si alza e comincia a camminare.

Ecstasy / CamperkillerDove le storie prendono vita. Scoprilo ora