10. Annegare

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Alexander si era addormentato col cuore che gli batteva a mille nel petto e la mente confusa. Sentiva i suoi pensieri ingarbugliarsi fra loro in uno strano stato di galleggiamento che gli impediva di pensare lucidamente. Non era certo di cosa fosse accaduto esattamente fra loro ma sentiva di essersi esposto troppo. Non sapeva nemmeno lui da dove gli fossero venute fuori quelle parole. "Anche io penso di volerti conoscere" aveva detto e solo dopo aver inviato il messaggio aveva realizzato cosa aveva appena ammesso. Si era sentito in trappola, come se avesse messo un piede in fallo, soprattutto quando si rese conto che a spaventarlo di più non era il fatto di aver così spontaneamente aperto il proprio cuore ma la possibile reazione infastidita dell'altro. Reazione che non era tardata ad arrivare, impacciata e decisamente fredda. Alec sentì di aver mandato tutto all'aria e troncò in pochi messaggi quella conversazione divenuta ormai insostenibile. Che diavolo stava facendo? Cosa diavolo gli era venuto in mente di fare cercando di avvicinarsi a quel modo a quella persona?

Magnus non era -non sarebbe mai stato- un amico. Era pagato per stare a sentire i suoi problemi, non c'erano altri motivi dietro il suo interesse. Ovviamente. La cosa non lo stupiva affatto, dopotutto, in altre circostanze, perché mai avrebbe dovuto volerlo conoscere? Non c'era niente in lui che potesse destare interesse nel prossimo, lo sapeva bene. Così si ripromise di lasciar perdere quella stupida idea di conoscere il ragazzo dall'altra parte del telefono e tentò di addormentarsi per sfuggire ai suoi stessi pensieri.

L'indomani s'impose di non scrivergli. Si sentiva teso e a disagio dopo il modo in cui la loro chiacchierata era finita e non aveva idea di come quella situazione si sarebbe potuta mai sbloccare. Oltretutto non aveva la minima intenzione di scrivergli per primo. Non di nuovo, comunque. Non voleva che Magnus pensasse... che credesse... Neppure nella sua mente riusciva a spiegarsi cosa esattamente non voleva che succedesse fra loro. Sospirando si era alzato e aveva passato la mattina a studiare come aveva spiegato a Magnus la sera precedente. Cercò di liberare la mente da ogni tipo di distrazione per concentrarsi solamente su quanto scritto sui libri che aveva sotto gli occhi ma verso metà pomeriggio si rese conto di aver studiato ben di meno di quanto era solito fare. Aveva continuato a distrarsi per tutto il giorno ritrovandosi a guardare il telefono a intervalli regolari di tempo per vedere se per caso ci fosse qualche nuovo messaggio ad attendere d'esser letto. Quando si rese conto che Magnus non gli aveva scritto e che, probabilmente, non l'avrebbe fatto, si sentì rassegnato e giù di corda in un modo fastidiosamente intenso. Non voleva sentirsi così. Non avrebbe dovuto sentirsi così. Chiuse gli occhi tenendosi la testa fra le mani seduto alla scrivania nella sua stanza, i libri aperti davanti a sé illuminati dalla luce della lampada da lettura. Si sfilò gli occhiali dalla sottile montatura nera e cercò di far mente locale. Non era successo niente in fin dei conti. Avevano chiacchierato, aveva ammesso di volerlo conoscere meglio e poi non si erano più sentiti. Se qualcuno avesse dovuto chiedergli come mai volesse conoscerlo avrebbe potuto semplicemente dire che si trattava di una questione di fiducia, no? Per aprirsi con lui doveva riuscire a fidarsi di quell'individuo e per fidarsi di lui doveva prima conoscerlo. Era un ragionamento sensato, no? Nessuno avrebbe potuto trovare niente di cui obiettare. Giusto?

Sì, si concesse di credere che fosse la spiegazione perfetta alle sue parole e sebbene sapesse che non fosse la verità, per gli altri poteva andare bene così. Lui doveva accontentarsi di pensare che fosse un bene il fatto che i loro rapporti si fossero congelati così in fretta: meglio adesso che vederlo stancarsi di lui in un momento in cui magari Alec avrebbe potuto soffrire per il suo allontanamento.

Stava cercando di scendere a patti con se stesso quando il suo cellulare vibrò.

Molto più velocemente di quanto avrebbe dovuto afferrò l'apparecchio puntando lo sguardo sul display illuminato, l'espressione improvvisamente colma di speranza ed impazienza a sfumare in uno sguardo deluso e preso in contropiede.

You trigger meDove le storie prendono vita. Scoprilo ora