9. Contatto

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Era riuscito a mettere da parte il suo coinvolgimento nei riguardi di Alexander Lightwood per gran parte della giornata. Arrivato in ufficio aveva salutato la sua segretaria con la consueta cortesia scoccandole un occhiolino e infilandosi nel suo studio. Aveva ordinatamente estratto le sue cose dalla borsa e appeso il cappotto all'appendiabiti ritrovandosi pronto ad affrontare una nuova giornata di lavoro.

Fra le mura di quell'ufficio si sentiva quasi un'altra persona. Si auto-induceva ad estraniare qualsiasi altro pensiero che non fosse il benessere dei suoi pazienti e lasciava che il suo stravagante se stesso si facesse da parte per lasciare posto al Magnus distaccato ed educato di cui i suoi pazienti avevano bisogno.

Quel giorno aveva avuto appuntamento con alcuni fra i suoi pazienti più vecchi e affezionati. Una donna che doveva riuscire a convivere con il divorzio del marito, un uomo che stava cercando di affrontare il suo alcolismo ed un altro uomo dal temperamento solitamente piuttosto violento. Avevano tutti fatto enormi progressi dalla loro prima seduta. La donna, grazie all'aiuto di Magnus, aveva capito di poter continuare a vivere anche senza la presenza di suo marito al suo fianco, di poter gestire la sua vita da sola passo dopo passo, un piccolo gradino per volta, iniziando ora persino a gettar via i vecchi ricordi che aveva condiviso con l'uomo per casa. Magnus era soddisfatto di essere riuscito ad aprirle gli occhi, a mostrarle un nuovo modo per vivere la sua vita che, decisamente, non era finita solo perché adesso suo marito non era più al suo fianco. Si sentiva come se avesse risolto un indovinello piuttosto lungo, soddisfatto e quasi divertito all'idea di aver messo la donna sul giusto sentiero. Era certo che di lì a pochi mesi l'altra avrebbe potuto persino definirsi libera di interrompere le loro sedute. La cosa non gli dispiaceva né lo interessava granché: nonostante seguisse la donna da oltre un anno, ormai, non si sentiva minimamente legato emotivamente a lei. Non aveva mai avvertito il desiderio di metterle un braccio attorno alle spalle per calmare i suoi singhiozzi, non aveva mai sentito l'urgenza di asciugare le sue lacrime. Ogni volta si limitava ad avvicinarle cortesemente la scatola di fazzoletti sulla sua scrivania e ascoltare il suo pianto in ossequioso silenzioso attendendo che l'altra si svuotasse e calmasse.

Così era per tutti i suoi pazienti.

Nessuno di loro era speciale o insostituibile a parte ben rare eccezioni. Avrebbe sempre ricordato il suo primissimo paziente, per esempio, la prima persona a richiedere il suo aiuto nel suo studio appena avviato, quando ancora non era nessuno e chiunque sembrava vedere in lui una barzelletta per via della giovane età e dell'aspetto piuttosto eccentrico. Non avrebbe mai dimenticato la ragazza che andava da lui per superare il dolore di uno stupro e che poche settimane dopo l'inizio delle loro sedute si era arresa al dolore togliendosi la vita nella sua camera da letto. Non avrebbe mai dimenticato l'aiuto che aveva ricevuto da una donna piuttosto influente nel campo sociale la quale raccomandò il suo studio a chiunque avesse a portata d'orecchio. Ma a parte queste poche singolarità, gli altri pazienti erano solo casi che gli capitavano per le mani, individui da indirizzare su una strada migliore, a cui mostrare i loro veri sentimenti attraverso domande mirate e l'auto-analisi. Era sempre stato impeccabilmente professionale e tutti loro, alla fine, lo avevano ringraziato per la sua disponibilità.

Quella, nella mente di Magnus, era la normalità delle cose, il modo in cui fosse giusto che quelle sedute andassero.

Alexander Lightwood, però, sfuggiva ad ogni logica concezione.

Magnus si era interrogato a lungo sul motivo per cui quel ragazzo aggirasse ogni regola infrangendosi contro i suoi pensieri con violenta inspiegabilità. Si era rivolto decine di domande in quei giorni nel tentativo di capire cosa stesse succedendo alla sua professionalità; cosa pensava di quel ragazzo? Perché ci teneva così tanto a salvarlo? Perché sentiva di non poterlo ignorare? E quando era scattato questo bisogno dentro di lui? Durante le loro prime sedute era andato tutto come sempre fra loro. C'era stato il consueto e giusto distacco, la sua cortese ma fredda disponibilità, l'educazione, tutto come al solito. Ma quando le cose sono cambiate? Magnus si era sforzato di ricordare il momento da cui ogni cosa sembrava esser stata diversa fra loro ed Alexander non era più stato solamente un paziente, ma quasi una missione personale.

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