Erano passate due settimane dal compleanno di Magnus e da allora tutto sembrava andare semplicemente peggio.
Catarina era tornata a casa il mattino seguente lasciando per iscritto al suo amico una sentita lettera di scuse, lo sguardo basso quando Magnus aveva deliberatamente ignorato la sua presenza in cucina quando si erano incrociati al risveglio. Per Magnus era stato straordinariamente difficile trattare la sua amica a quel modo, ma in quel momento non riusciva proprio a guardarla in faccia né ad accettare ciò che aveva fatto. Aveva compreso i motivi che l'avevano spinta ad agire a quel modo e sapeva perfettamente che tutto ciò che lei voleva era proteggerlo, ma aveva sbagliato nonostante le nobili intenzioni. Aveva ferito due persone al posto di una ed ora Magnus non sapeva cosa poteva fare per risolvere la situazione che lei aveva distrutto.
Alexander non rispondeva alle sue telefonate ed in più doveva averlo bloccato perché improvvisamente non era più capace di vedere la sua foto né di leggere i suoi stati. Non poteva neppure vedere se fosse online oppure no ed il pensiero che il ragazzo avesse potuto decidere di escluderlo a quel modo dalla sua vita lo fece sentire ancora peggio. Non poteva crollare, però. Avrebbe voluto rimanere steso a letto a fissare il soffitto piangendo tutte le sue lacrime, cadendo in pezzi fino a dissolversi come polvere al vento, ma non poteva farlo.
Nel momento in cui si era crogiolato nell'idea di capitolare alla sua tristezza, i volti dei suoi pazienti erano apparsi dietro le sue palpebre andando a ricordargli che c'erano persone -là fuori, che avevano davvero bisogno di lui. Persone che contavano sul suo aiuto per star meglio, per affrontare la loro vita. Persone che erano state abbandonate e maltrattate da chi avevano amato di più e che avrebbero potuto crollare a loro volta se fossero state lasciate anche da lui. Magnus era il loro sostegno, la loro guida. Aveva scelto lui di esserlo e non poteva tirarsi indietro a dispetto dei suoi sentimenti e del suo dolore. Non si sentiva obbligato a rimanere in piedi, si sentì travolto dall'avvolgente desiderio di non abbandonarli. Non aveva mai sentito una cosa simile per i suoi pazienti prima d'allora. Non aveva mai dimostrato affetto nei loro confronti né davanti a loro né nel suo privato. Aveva sempre pensato di non essere realmente interessato alla loro presenza nella sua vita, ma l'idea di lasciarli sprofondare -adesso- appariva orribile e insopportabile.
Voleva che loro riuscissero a sopravvivere.
Voleva che loro ritrovassero la loro felicità.
Un equilibrio.
E così si era impegnato per non precipitare nell'oscuro abisso che si stava spalancando nella sua anima. Si era impegnato per rimanere a galla, per non crollare. Il pensiero di Alexander era divenuto un coinquilino pesante con cui condividere la propria vita e, al tempo stesso, un doloroso amante. Ogni sera si abbandonava al pensiero di lui ripercorrendo tutti i vari momenti del loro rapporto. Ogni sera si abbandonava all'idea di essere stato fortunato a trovare Alec nella sua vita e che molte altre persone al mondo non erano state fortunate quanto lui dal conoscerlo. Si crogiolava nei ricordi di quei rari momenti che li avevano visti così vicini da permettergli di inspirare a pieni polmoni il suo odore.
Gli piaceva il profumo della sua pelle.
Non sembrava il tipo di persona che si spruzzasse addosso profumi o dopobarba, per cui aveva immaginato che quell'aroma fosse suo caratteristico. Era dolce, delicato, quasi selvatico. Un profumo che col tempo aveva associato ad una sensazione di pace e benessere. Ricordava quanto fosse morbida la sua pelle al tatto, quanto calde fossero le sue guance ogni volta che le sfiorava. Ricordava cosa aveva provato e pensato nel notare tutti questi particolari ma, più i giorni passavano, più il reale ricordo di quel contatto iniziava a sfumare lentamente. Iniziava a non ricordare bene come fosse il suono della sua voce, che tipo di accento avesse quando parlava. Non ricordava se gli avesse notato nei addosso o un minimo accenno di barba. L'unica cosa che ricordava distintamente e che, probabilmente, non avrebbe mai dimenticato, era il colore dei suoi occhi.
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You trigger me
Fiksi PenggemarAlexander Lightwood è un giovane costretto dai suoi genitori a frequentare lo studio di un noto psicologo che in qualche modo gli capovolgerà l'esistenza. Magnus Bane è un brillante e ricercato analista incapace di affezionarsi ai propri pazienti -p...