Capitolo 9

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Hakon era stato incauto e avventato e, fino a un attimo prima di sfiorare le labbra morbide di Irvine, aveva temuto che lei lo rifiutasse; ma, non appena la sua bocca aveva assaggiato quella di lei, ogni remora era svanita, spazzata via dalla passione che pareva travolgere entrambi. Sapeva di scatenare qualcosa in quella fragile ragazza, la stessa attrazione che sentiva anche lui ogni volta che le stava vicino, ma buttarsi così avventatamente su di lei era stato comunque un rischio. Per quella volta, la fortuna aveva premiato la sua intraprendenza.

Quando si era svegliato quella mattina, disteso su una pelliccia sistemata sul pavimento alla bell'e e meglio, di certo non era nei suoi piani baciare Irvine e venir meno alla sua risoluta volontà di andarci piano, così da non rovinare tutto. Ma poi si era accorto che lei non era nella loro stanza e che anche Magnùss mancava all'appello; in quel momento aveva sentito, per la prima volta in vita sua, la paura che suo fratello avrebbe potuto portargli via qualcosa a cui teneva, qualcosa che voleva unicamente per sé. I sui timori si erano intensificati, ingigantendo quell'inspiegabile gelosia che corrodeva le sue vene, quando Magnùss era ricomparso, a torso nudo e con i pantaloni fradici, e gli aveva confermato che era stato con Irvine al fiume. I suoi occhi avevano percorso minuziosamente il viso del fratello, alla ricerca di qualche segnale, di un indizio riguardo cosa fosse successo tra loro, ma Magnùss gli era sembrato quello di sempre, sereno e spensierato. Avrebbe potuto chiedergli direttamente perché ronzasse così insistentemente intorno alla sua schiava, ma, oltre al fatto che la palese bellezza di lei fosse già di per sé un'ottima motivazione, si era trattenuto per paura delle risposte che avrebbe potuto ricevere o, ancor peggio, degli ulteriori e leciti quesiti ai quali lui stesso avrebbe dovuto rispondere.

Per questo l'aveva raggiunta di tutta fretta, per questo aveva accantonato i suoi propositi, per questo l'aveva baciata rischiando di rovinare tutto: perché aveva bisogno di sentirla vicina, di sentirla sua a tutti gli effetti. Ma, se in un primo momento, a spingerlo a oltrepassare quel sottile e invisibile confine che li divideva era stato il bisogno di marcare il territorio, come si fa con una città presa d'assalto e conquistata, ora era qualcos'altro a indurlo a non staccarsi più da lei. Il desiderio di possederla lì, in quell'istante, la bramosia di avere quel corpo, di sentirlo fremere sotto il suo, lo stava consumando.

La bocca di Irvine era calda e accogliente, le sue labbra rispondevano al bacio con ardore, abbandonandosi a lui. Sembrava che anche lei non avesse desiderato altro, fin dal primo momento in cui si erano incontrati e, allo stesso tempo, Irvine pareva titubante, come sconvolta da ciò che provava e dal modo in cui il suo corpo rispondeva alle attenzioni di lui. Era come argilla nelle sue mani, un blocco morbido e grezzo che si lasciava modellare da lui, che permetteva alle sue dita di dargli la forma che sembrava destinata ad avere, quella dell'amante perfetta. E il fatto che lei fosse così arrendevole, così ingenuamente inconscia e inesperta da lasciar condurre totalmente il gioco a lui, era una cosa che faceva impazzire Hakon, che la rendeva ancora più appetibile e irresistibile ai suoi occhi. Quell'incredibile ragazza possedeva l'innocenza e la purezza di una bambina e la curiosità e la passione di una donna desiderosa di appagare il proprio piacere.

Ecco che cosa lo mandava fuori di testa in lei, ecco cosa lo portava a chiedersi che razza di uomo potesse essere stato suo marito, visto che lei sembrava poco avvezza a sensazioni così palpitanti. Avrebbe riservato a più tardi quel tipo di domande così personali; ora, tutto ciò che desiderava era scoprire la verità sulla sua pelle, grazie ai suoi baci, tramite quel corpo che tremava di passione e timore ogni volta che le sue mani lo stringevano e lo accarezzavano.

Irvine, superato il primo momento di sbigottimento, si era arresa al crepitante calore che si era irradiato dentro di lei, dal momento in cui Hakon aveva posato le mani sul suo corpo. Ogni singolo centimetro della sua pelle stava andando a fuoco e la testa sembrava sospesa nel vuoto, confusa dalle molteplici sensazioni che la riscuotevano. Le braccia di Hakon la stringevano, senza opprimerla, erano così grandi e accoglienti, parevano fatte apposta per lei; e la bocca, che danzava soavemente sulla sua, era la cosa più buona che avesse mai assaggiato. La realtà che li circondava, quella per cui lei si era data tanta pena, era svanita, come per magia. Tutto ciò che vedeva Irvine in quel momento erano due persone che si desideravano.

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