Capitolo 7

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Irvine era così assorta nel suo piacevole bagno, che non si era subito accorta della presenza estranea intrufolatasi nel torrente. Improvvisamente aveva sentito dei rumori alle sue spalle e, quando si era voltata, ormai era troppo tardi: un ragazzo e alto e bruno era spuntato fuori dall'acqua increspata e l'aveva acciuffata, prima che lei potesse anche solo provare a sfuggirgli.

L'effetto sorpresa l'aveva sopraffatta, proprio come era successo ad Abraham e ai suoi, quando la ristretta armata vichinga li aveva annientati. Per questo il suo grido d'aiuto, che aveva richiamato l'attenzione di Hakon, era risultato del tutto inutile. L'aggressore ormai l'aveva in pugno e la teneva ben salda tra le sue braccia, nonostante lei non la smettesse di dimenarsi come un pesce preso all'amo.

Era in trappola. A nulla serviva il fatto che Hakon la stesse raggiungendo più in fretta che poteva, l'uomo alle sue spalle aveva il coltello dalla parte del manico e non l'avrebbe lasciata andare tanto facilmente. Poi, quando ormai Hakon era a pochi passi da loro, successe qualcosa di inaspettato: in uno scatto felino, lo sconosciuto mollò la presa su di lei e si fiondò sul suo salvatore. Non solo l'aver abbandonato il suo bottino era un gesto bizzarro, da parte dell'uomo, la cosa più strana era che, mentre avanzava verso Hakon, entrambi avevano un fiero sorriso di sfida stampato in volto.

Quando i due si raggiunsero, invece che scontrarsi come nemici giurati, si abbracciarono affettuosamente, lasciando Irvine a bocca aperta e con una tale confusione in testa che, per qualche secondo, si dimenticò perfino di essere nuda e coperta dall'acqua solo dall'ombelico in giù. Naturalmente, non appena i due ragazzi si voltarono nella sua direzione, posando i loro sguardi maliziosi sul suo seno nudo, Irvine si affrettò a portarsi le braccia al petto, tentando invano di celare la sua nudità.

Nonostante l'immensa gioia che Hakon aveva provato, una volta appurato che lo sconosciuto che aveva catturato Irvine non era altri che suo fratello Magnùss, ora il suo cuore faceva capriole per tutt'altro motivo. La ragazza che gli apparteneva se ne stava mezza nuda a fissarli sbigottita; non poteva biasimarla, lei non sapeva chi fosse il suo aggressore e per un attimo anche lui aveva temuto il peggio, sentendola urlare. D'altronde, lo scherzetto di Magnùss non era stato del tutto vano: gli occhi di Hakon, insieme a quelli del fratello, erano stati graziati dalla vista del corpo nudo di Irvine, che, più imbarazzata che mai, ora cercava malamente di coprirsi.

Con la pelle candida tempestata di goccioline, le gote arrossate, i lunghi capelli biondi che le ricadevano grondanti fino a metà schiena, Irvine era di una bellezza mozzafiato. Sarebbe rimasto lì, con i vestiti zuppi, impantanato nel fiume, per sempre, pur di non toglierle gli occhi di dosso. Fu suo fratello a interrompere quel momento di estasi. "Hai intenzione di scopartela in questo momento? Perché, se così fosse, mi piacerebbe partecipare."

Irvine, che ancora non capiva cosa stesse succedendo, fulminò lo sconosciuto con lo sguardo, che di rimando la squadrò da capo a piedi, con fare malizioso. "Sta' zitto, idiota! Irvine, stai tranquilla questo scimmione è mio fratello Magnùss."

Ora le era tutto più chiaro. La famiglia di Hakon doveva essere arrivata alla tenuta, durante la loro assenza, Magnùss doveva averli seguiti o visti insieme e doveva aver pensato di fare uno scherzo al fratello. Se non fosse stato per il suo stato disonorevole, Irvine avrebbe voluto soffermarsi di più sul volto del nuovo barbaro, così da poterlo osservare meglio. Lui e Hakon non erano fratelli di sangue, per questo tra loro non c'era alcuna somiglianza fisica. Magnùss era più alto e spallato di suo fratello, aveva corti capelli castani tutti spettinati, una barba folta ma curata e due occhi marroni, vispi e furbi.

Il figlio di Uther la fissava più divertito che mai, percepiva il suo disagio e sembrava esserne soddisfatto, come se avesse raggiunto il suo scopo. Non c'era cattiveria nel suo sguardo, solo puro spasso, la stessa espressione di un bambino che ha appena combinato una marachella di cui va fiero. Poco importava che la parentela tra i due fosse solo acquisita, la stessa mascolina sicurezza di sé era stampata sui loro volti.

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