The flat

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I rumori all'interno dell'appartamento si interruppero per un breve momento, poi le risate ripresero, mentre dei passi pesanti si fermavano al di là della porta chiusa.
Ero talmente nervosa che stringevo il manico in cuoio della borsa fino a deformarlo e il battito affannoso del cuore mi rimbombava nelle orecchie; la nausea che mi aveva assalito appena arrivata in quel quartiere tornò più pressante di prima, facendomi vacillare. Non sapevo se fosse una reazione dettata dalla paura che covavo nei confronti di tutto il genere maschile o una semplice espressione della mia timidezza.
Quando finalmente la porta si aprì, il nervosismo prese il sopravvento e dopo aver lasciato cadere la borsa ai piedi dell'uomo che si era affacciato sul pianerottolo barcollai all'indietro, aggrappandomi al corrimano in ferro battuto delle scale. Chiusi gli occhi e chinai la testa nel vuoto, sperando così che la mia vista appannata tornasse normale. Fui anche sul punto di rimettere, ma riuscii a controllare in maniera ferrea le reazioni del mio corpo.

«Beh, di solito non faccio questo effetto alle donne!»

La voce dietro di me era roca e divertita, ma vi lessi anche una punta di risentimento: Connor Price era molto sicuro del proprio fascino. Girandomi ad osservarlo, sollevata per l'attenuarsi della nausea, compresi facilmente perché.
L'uomo si era appoggiato con le braccia incrociate ad uno stipite della porta, facendo sì che la bianca camicia stropicciata che indossava si tendesse sui bicipiti e lasciasse intravedere la peluria del petto dal colletto sbottonato; risalii con lo sguardo sui muscoli tesi del collo e sulla mascella squadrata coperta da una corta barba bionda, fino ad incontrare un paio di occhi castani che ammiccavano trionfanti. Arrossii, capendo che Price aveva letto nel mio sguardo esattamente quello che vedeva negli occhi di tutte le donne. Pura e sincera ammirazione.
La stanchezza ed il nervosismo si stemperarono in un'irritazione altezzosa.
«Sto parlando con il signor Connor Price?»

«In persona!» sorrise lui, mettendo in mostra dei denti incredibilmente candidi e dritti. Serrai le labbra, quasi vergognandomi dei miei incisivi storti e un po' scheggiati.

«Ho bisogno del suo aiuto!» esclamai, raccogliendo la borsa da terra e avvicinandomi all'uomo, che per tutta risposta allargò il sorriso.

«È sempre un piacere poter aiutare una ragazza graziosa!»

Accolsi il suo commento inarcando le sopracciglia, scettica. La sua vicinanza non era sgradevole come quella degli altri uomini, ma neanche rassicurante come quella di Tony: come un predatore in attesa di lanciarsi sulla preda in trappola, Connor Price mi fissava con malcelata soddisfazione.
D'improvviso mi sentii infiammare d'indignazione e con un improvviso quanto bizzarro cambiamento d'umore persi tutta la timidezza e la ritrosia che mi avevano sfiancato durante il viaggio. Puntai il dito contro il petto dell'uomo e anche se gli arrivavo a malapena alle spalle, qualcosa nel mio sguardo lo costrinse a fare un passo indietro.

«Mi stia a sentire, Price, ma prima si tolga quel sorriso strafottente dalla faccia: non le è venuto in mente che potessi essere qui per un motivo ben più grave di una squallida unione con lei? Dunque è vero ciò che si dice in giro, lei non sa fare di meglio nella sua vita che ubriacarsi e sedurre fanciulle?»

L'allegria scomparve dal suo viso, sostituita da un lampo di rabbia e poi da un'espressione neutra e vagamente annoiata:
«Un'altra moralista che bussa alla mia porta... Non credevo che ce ne fossero di così coraggiose da infilarsi nella tana del lupo una vola calato il buio!» ghignò. «E quali sarebbero i motivi che l'hanno portata da me, così gravi e urgenti da interrompere la mia festicciola privata? Ha deciso di intraprendere una crociata per la salvezza della mia anima dannata?»

Fui intimamente soddisfatta dello sconcerto che dimostrò quando dissi:
«Sono la sorella di Mark Walker. Credo che lei abbia delle informazioni su mio fratello.»

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