The factory

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Dopo la cortese visita dell'ispettore Nelson ero tesa come non mai e quando qualcuno bussò nuovamente alla porta sobbalzai. Connor non era ancora tornato dalla sua passeggiata ed io ero incerta se aprire o meno. Poi, però, la voce familiare di Tony mi fece sorridere:
«Elizabeth? Sei in casa?»

Spalancai l'uscio e rimasi stupita dal ragazzo che mi trovai davanti: aveva i riccioli pettinati all'indietro, una camicia pulita e dei pantaloni e una giacca quasi eleganti che non gli avevo mai visto indosso. Tra le mani, invece, teneva il solito berretto da pescatore grigio, consunto dall'uso.
«Tony!» esclamai, fissandolo sorpresa. «Cosa succede?»

Lui abbozzò un sorriso:
«È domenica, torno adesso dalla Santa Messa!»
Mi passai una mano sulla fronte, stupefatta: non tanto per aver mancato la funzione — erano dieci anni che non mettevo piede in una chiesa — ma per il fatto che gli eventi mi avevano travolto a tal punto da farmi perdere la nozione del tempo.
«Ero passato a vedere come stavi.» continuò Tony, ora più serio. «E mi chiedevo se avessi voglia di passeggiare ancora con me. Dopotutto, me lo devi, ricordi?»
Scoppiai a ridere e preso il soprabito lo seguii per le scale.

«Ho delle novità per te!» mi disse, mentre camminavamo lungo le vie del quartiere che sembrava più moderno, giovane e molto frequentato rispetto ai giorni settimanali. Anche la bruma che solitamente avvolgeva Fisherman's Wharf si era diradata e un pallido sole invernale illuminava il mercato rionale.
«Davvero?» chiesi, con gli occhi che brillavano.

«Già. Sante, l'uomo che stavo seguendo l'altra sera, è morto.»

«Morto?» strillai, attirando l'attenzione di alcuni passanti.

«Purtroppo sì, non ci potrà essere di nessuna utilità... Mi dispiace.»

«Come è morto?»

«È annegato cadendo dal molo. Dicono che fosse ubriaco come al solito, ma io non ci credo. Vedi, è vero che negli ultimi due giorni l'ho visto solo di sfuggita, ma era diverso: più sospettoso, quasi spaventato da qualcosa. Credo sapesse cosa lo aspettava.»

«Intendi dire che qualcuno lo ha ucciso?»

Tony si guardò intorno a disagio, poi accostò le labbra al mio orecchio:
«Io non l'ho detto, capisci? Nessuno lo dice... Ma molti lo pensano.»

«Comprendo...» mormorai, pensierosa.

Passeggiammo fino al pomeriggio e anche se Tony costituiva un'ottima distrazione dalle preoccupazioni, i miei pensieri tornavano sempre all'ubriaco morto annegato. Qualcosa mi diceva che la trama attorno a Mark si faceva ogni giorno più fitta e complicata.
"Ti sei infilata in qualcosa più grande di te, Lizzie. Cosa ne sai tu di omicidi? Beh, a pensarci bene, forse ne so fin troppo..."

Fu allora che incrociammo Connor, scuro in volto. Pensai che fosse perché ero uscita senza preavviso, ma lui parve fare appena caso alla presenza di Tony al mio fianco:
«C'è un problema.» affermò, nervoso.

«Ha sentito anche lei di quell'uomo?» intervenne subito l'italiano.

«Eh?» sbraitò Price, con gli occhi stralunati. «Quale uomo?»

«Quello che seguivamo l'altra sera: è morto annegato...»

«Ah, no, no! Notizia interessante, ma quella che ho da riferirvi io è più urgente. Elizabeth, dobbiamo andare, svelta!»

«Ma dove?» domandai, mentre lui mi prendeva per un braccio, come d'abitudine, e iniziava a trascinarmi via con sé. Tony inarcò la fronte davanti a quel gesto, ma ci seguì senza commentare. Non credevo che Connor avrebbe risposto alla mia domanda, invece dopo un po' lo fece:
«Alla fabbrica di Calloway. Gli operai minacciano di occuparla.»

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