The reasoning

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Le labbra di Connor avevano un gusto amaro e salato, che assaporai a fondo mentre lui giocava con la mia lingua e mi tirava a sé con una presa leggera dietro la nuca. L'altra mano scivolò lungo la mia schiena, accarezzandomi quasi con venerazione. Ero colpita dalla dolcezza di quel bacio, visto che la prima volta mi aveva spinta contro il muro di un vicolo buio: sembrava che volesse trarre il massimo godimento dalla sua seconda opportunità.
«Così dolce...» mormorò, con gli occhi che brillavano, mentre mi baciava più castamente una guancia. «È inebriante. Non credo di poterne fare a meno.»

Aveva appena iniziato a mordicchiarmi le labbra, facendomi sorridere, quando il rumore improvviso della porta d'ingresso che veniva spalancata ci fece sobbalzare. Mentre Tony si riscuoteva di colpo e sua madre correva trafelata nella stanza per rimproverare Alberto, rientrato solo in quel momento, io mi scostai da Connor facendo attenzione a non incrociare il suo sguardo. Poi, con estrema sorpresa di tutti, Barbara si affacciò sulla soglia. Analizzò con interesse l'ambiente spoglio ed incantò con un sorriso i presenti, prima di mormorare delle parole affettuose in italiano.
Vidi Alberto raddrizzare la schiena con una smorfia orgogliosa che risultava buffa sul suo viso da ragazzino.
Non appena mi notò, in piedi accanto al letto di Price, lei mi si fece incontro con gli occhi leggermente più tristi.

«Ho ricevuto il tuo messaggio!» bisbigliò, lanciando a Connor un'occhiata preoccupata.
«Non posso ancora credere che mio padre abbia avuto un tale ruolo in tutto questo!»

Con un gesto che sorprese me per prima, le presi affettuosamente le mani tra le mie:
«Ci sono molti punti oscuri in questa faccenda, Barbara. Per il bene di Mark, dobbiamo far luce su di essi il prima possibile e sono sicura che tu ci possa aiutare.»

«Qualsiasi cosa!» esclamò lei. «Ieri sera, quando questo ragazzino è venuto a portarmi il tuo messaggio, l'ho fatto aspettare in casa e durante la notte ho controllato nello studio di mio padre, ma non ho trovato nulla che possa esserci d'aiuto... Nessun nome, un indirizzo o qualche cosa che potesse collegarlo al traffico d'armi!»

«Thomas Calloway non è affatto stupido: se anche fosse in possesso di carte incriminanti non le terrebbe nel suo studio! Deve aver trovato un altro modo per truccare i registri in modo che ad una prima occhiata tutto sembrasse in ordine!» brontolò Connor, socchiudendo gli occhi.

Barbara gli rivolse un'occhiata poco amichevole, ma prima che potesse replicare intervenni io:
«Fino a quando rimarremo qui, non è di Calloway che dovremo preoccuparci! Questa notte ho riflettuto sulla sparatoria e credo che sia collegata al volo di Sante giù dal molo...»

«Chi è Sante?» chiese la ragazza, confusa.

«Uno degli uomini presenti la sera in cui Roger Jefferson ha ricevuto il suo compenso per testimoniare contro Mark. Seguite il mio ragionamento: Mark fa bene le sue indagini e inizia a stringere il cerchio intorno al ladro, o ai ladri —sappiamo in quanti sono coinvolti all'interno della fabbrica — così questi sono costretti a rivolgersi ai loro soci, membri di una qualche banda mafiosa di San Francisco, per risolvere il problema che mio fratello costituisce.»
Barbara, Tony e Price, che aveva insistito per alzarsi e sedersi accanto agli altri due attorno al modesto tavolo della cucina, mi fissavano attenti ed io abbassai la voce, come al solito timorosa di sbagliare:
«Invece di eliminarlo direttamente, i gangster indagano a loro volta e scoprono il suo ingombrante passato, il mezzo perfetto per toglierselo di dosso.
Perciò rintracciano Roger Jefferson e lo convincono a venire a San Francisco e a denunciare Mark: tutto fila liscio, finché Jefferson non viene ucciso la sera stessa in cui riceve i soldi pattuiti. Ora, noi sappiamo bene come è andata, ma Sante, il misterioso Winter e il quarto uomo di cui non conosciamo l'identità no e vengono messi in allarme... A questo punto, eliminare Sante, inaffidabile, ciarliero e sempre ubriaco appare come una scelta molto saggia.-

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