La luna rischiariva il cielo nero di quella notte buia. Renée era nel suo piccolo bagno che si truccava, maledicendosi per essere così incapace nel farlo. S'infilò la corta gonna di pizzo che si era tenuta da parte per l'occasione, e una camicetta rosso pallido. Prima di uscire si osservò allo specchio, incrostato di macchie di cui non conosceva le origini.
In quel riflesso s'intravedeva tutto il suo smarrimento. Il rossetto rosso copriva le sue labbra malandate, i capelli bruni erano già spettinati. Ma si riconosceva dentro quella donna sconfitta. Mise un piumino bianco latte e uscì.
Il Pogo's era un locale piccolo, l'illuminazione era scarsa ma era un' ambiente confortevole. Renée si sedette infondo, come consuetudine. Non aveva idea di quando Arthur sarebbe arrivato, ma pensò fosse meglio così, pertanto avesse avuto più tempo per rasserenare il suo assillante succedersi di preoccupazioni.
Notò che due uomini, più avanti a lei, la fissavano. Odiava sentirsi al centro dell'attenzione, tanto più esser giudicata dal suo aspetto. Le era sempre capitato, d'altronde. Tutti gli uomini con cui aveva avuto un qualche tipo di relazione s'erano interessati a lei unicamente per la sua aria seducente. Tutti meno che Arthur, suggerì il suo subconscio. E quasi come per magia, entrò dal palco lui.
La forte luce dei riflettori lo abbagliarono per diversi istanti. Quando ebbe ripreso a vedere quasi normalmente, si diresse verso il microfono al centro della scena. Non appena aprì bocca notò che non usciva alcun suono. Ed ecco che, dalle sue sottili labbra, riaffiorò quella cocente risata. Mentre cercava di smettere, le persone iniziarono a confabulare. Intanto Arthur provava risentimento verso se stesso. S'era ripromesso che non sarebbe accaduto quella sera, eppure in quel momento accettò infine che era un evento incontrollabile.
Renée aspettò che finisse di ridere senza fiatare, con le labbra serrate. Avrebbe voluto unirsi a lui, ma qualcosa glielo impediva. E, sopra ogni cosa, avrebbe voluto freddare chiunque, in quella stanza, lo guardava in malo modo, contemplandolo un reietto.
All'improvviso riuscì a smettere e cominciò a parlare. Niente più lo fermò finché non dovette cedere il posto al successivo cabarettista. Renée s'alzò immediatamente, dirigendosi all'esterno per aspettare il suo accompagnatore.
"Ehi" la chiamò lui inaspettatamente, dalla parte opposta in cui lei guardava. Girò la testa di scattò e non appena lo vide ricambiò il saluto.
"Sei stato magnifico!" si complimentò scuotendo la testa insistentemente svelta. Lui si avvicinò con cautela, non le sembrava reale che fosse davvero lì.La mattina di quella domenica passata, quando l'aveva seguita, notò quanto nelle sue movenze lei fosse così elegante. Ma quella sera era ancora più delicata. Non capiva esattamente cosa fosse, ma c'era qualcosa in lei che gli infondeva un senso di passione e sofferenza. Non sapeva ancora quasi niente di lei, ma i suoi occhi grigi dicevano più di mille parole. E, in quella tenebrosa fredda notte, leggeva che lei pensava lo stesso.
"Vieni, ti porto in un posto'' disse lui prendendole la mano. Renée fu presa alla totale sprovvista, quel contatto le fece correre i brividi lungo tutta la schiena. Lui camminava svelto e lei dovette mettersi a correre per stare al suo frettoloso passo. Svoltarono in un minaccioso vicolo buio, ma entrambi non provavano una ben che minima punta di paura. Arrivarono davanti ad un imponente grattacielo. Era tenuto male, come i restanti edifici a Gotham, quasi cadeva a pezzi, ma suscitava quell'inquietudine attesa tanto condivisa da entrambi.
"Posso farti salire, fino in cima se ti va"
"E come?" chiese svagata.
"Vieni'' rispose solamente. Renée lo seguì fin dietro il retro, dove c'era una piccola porta in acciaio scura. La spinse con forza e si aprì. Lei rimase zitta, fin quando non finirono di salire gli interminabili scalini interni. Sbucarono sul tetto di quel malridotto palazzo.Il vento pungente di quella sera le ferì il viso appena fu completamente all'esterno. Arthur era davanti a lei e proseguì a camminare finché non arrivò alla linea di colmo. Renée finalmente riuscì a raggiungerlo, mettendosi al suo fianco. Entrambi osservavano vivamente il panorama davanti a loro. La città era immersa nell'ombra completa, se non per le miriadi di luci che brillavano quasi colpendo gli occhi dei due.
"È pazzesco qui" disse lei sospirando e sedendosi per terra. Arthur la copiò, affiancandosi a lei.
"Sai cos'è davvero pazzesco?" chiese lui con voce smarrita. Lei attese in silenzio che lui continuasse.
"Il senso di vuoto che si prova guardando giù." Renée deglutì.
"Hai mai pensato di buttarti?"
"È una domanda da terapista?" chiese di spirito girandosi verso di lei. Lei sorrise.
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|𝑰𝒏𝒔𝒊𝒅𝒆 𝒐𝒖𝒓𝒔𝒆𝒍𝒗𝒆𝒔| ~JOKER
FanfictionRenée è una donna piena di complessi, non riesce a vivere la sua realtà quietamente. È costantemente in preda a mille apprensioni, è un animo irrequieto. Fin da piccola aveva avuto quest'angoscia interna, non sapeva da dove venisse né perchè n'era p...