Quella sera si esibiva un certo Ethan Harris, un uomo alto, biondo, occhi castani. Ci sapeva fare con lo spettacolo, alla gente piaceva. Non staccarono gli occhi di dosso ad Ethan per nemmeno un istante, non finché entrò Arthur. Ogni singola persona presente in quella stanza, subito dopo la sua entrata, lo aveva fissato per almeno venti secondi, per poi pensare che fosse quasi la normalità, a Gotham.
Se ne vedevano di ogni, tutti i giorni, e un clown dai colori eccentrici non fu, a primo impatto, poi così gravemente sorprendente.
Si sedette nell'unico posto libero e, completamente inconsapevole del fatto che avesse fermato l'esibizione per diversi secondi, accavallò le gambe e accese una sigaretta. Lo show riprese.Rideva anacronisticamente alle risate degli altri e alle battute di Ethan, ma più nessuno si curava di lui. Ciò non lo sorprese.
L'atmosfera si dimostrò pacata, finché un energumeno si diresse verso di lui. Era un uomo robusto, dalle spalle larghe, con una lunga barba brunastra. Si avvicinò fin troppo per i gusti di Arthur, fin quando non si posizionò in piedi dinanzi a lui, coprendogli l'intera vista. Il malandato clown sbuffò.S'alzò di scatto, era alto quasi quanto lui, ma postergando questo, Arthur non concepiva il ben che minimo timore dell'uomo davanti a lui.
"Andiamo, fratello, non..." fu interrotto dalle sue gagliarde braccia che lo presero per le spalle con prepotenza e lo portarono via dalla sala. Lo buttò fuori dal locale, ma in questa occasione, dalla porta del retro. Sbucarono in un vicolo chiuso, ombroso e spento. L'ennesima strada della città straripante di cassonetti ricolmi d'immondizia, come gli animi delle genti in cui vi abitavano."Resta qui" disse freddo l'uomo, sparendo al di là del secondario ingresso del club. Arthur era imperterrito, che motivi aveva per svignarsela? Si guardò la punta delle dita con aria inamovibile e in seguito, stanco d'attendere ritto sulle sue magre gambe, si appoggiò al muro dell'edificio, accanto alla porta. E dopo poco si aprì.
"Che cazzo, pensavo di essere stato chiaro!" disse il proprietario del Pogo, con cui aveva avuto a che fare poco tempo fa, serrando l'uscio dietro a sé e posizionandosi di fronte ad Arthur, il quale intanto s'era staccato con svogliatezza dalla facciata.
"Sei un dannato pazzo! Ti avevo minacciato che se saresti tornato avresti passato i peggio guai."
Arthur annuì sorridendo.
"E tu, che accidenti fai? Ti ripresenti, con questo ridicolo costume?! Hai superato ogni limite, amico!" concluse facendo cascare con pesantezza le braccia lungo i fianchi."Chi." Fece una pausa spostando lo sguardo verso la città che si intravedeva al termine del vicolo. Poi ritornò con gli occhi puntati sui suoi.
"Chi stabilisce i limiti?"
"Sono il capo, d'accordo? Resta irrazionale il tuo comportamento, venire qui solo per vendetta!"
"Ah...vendetta...suona così meschino!" commentò Arthur alzando la voce. Il silenzio regnava."È per questo che preferisco chiamarla restituire il favore!!"
Mentre pronunciò quest'ultima frase, la sua mano aveva già impugnato la sua pistola, nascosta nella giacca rossa, e con un gesto sovrumanamente svelto, l'arma era puntata sulla fronte dell'uomo davanti a lui.
Con un movimento altrettanto agilmente lesto, premette il grilletto.
Il rumore fu lo stesso della volta prima. Adesso celava due segreti.Il corpo inerme cadde a terra, in una pozza di sangue. Arthur puntò nuovamente la sua 38 al busto senza vita, ma appena dopo la rimise via. Scavalcò il cadavere e, prima che arrivasse qualcuno, uscì da quella oscura stradina, e si confuse tra le persone che camminavano con urgenza per i marciapiedi dell'immensa città.
Gli sguardi furono gli stessi di prima. Un misto di curiosità e paura si nascondeva negli occhi dei passanti.Arthur, mentre aspirò la centesima boccata di fumo, aveva la mente vuota di pensieri logici. Come poteva, infondo, averne? L'adrenalina scorreva ancora incessante, avrebbe pagato oro per sentirsi sempre così. Ma pensò che bastasse poco per provare quello che ora provava. Nessun senso di rimorso lo pervase la prima volta, tantomeno questa, dunque. Involontariamente, all'improvviso, notò che non stava vagando senza meta, come la gran parte delle volte in cui camminava amando perdersi. Questa volta, senza farlo apposta, si stava dirigendo verso un punto d'arrivo ben preciso. Era la strada per l'appartamento di Renée.
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|𝑰𝒏𝒔𝒊𝒅𝒆 𝒐𝒖𝒓𝒔𝒆𝒍𝒗𝒆𝒔| ~JOKER
FanfictionRenée è una donna piena di complessi, non riesce a vivere la sua realtà quietamente. È costantemente in preda a mille apprensioni, è un animo irrequieto. Fin da piccola aveva avuto quest'angoscia interna, non sapeva da dove venisse né perchè n'era p...