XIII.

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Harry
Dieci giorni.
Sono passati dieci giorni dall'ultima volta che ho visto quella ragazza.
Dieci giorni che non faccio altro se non pensare a lei. Invade ogni mio pensiero con una forza tale da confondermi. Ho provato a dimenticarla, ad andare avanti con il tour e basta, a lasciarmela alle spalle. Ma non ci riesco. Non ho fatto altro che ripetermi che non potevo farmi coinvolegere dai sentimenti così. Non mi era mai successo. Si, ho avuto molte storie, con diverse persone. Ma mai, mai prima d'ora, mi era successo di non riuscire a smettere di pensare a qualcuno dopo averlo visto soltanto due volte. È mai possibile che mi senta così in sintonia con qualcuno che neppure conosco? Con una ragazza con la quale ho parlato così poco, eppure, mi ha capita meglio di chiunque altro? È possibile?
No.
Devo smetterla di pensare a lei. Anche adesso, il concerto è appena finito, e per tutto il tempo, mentre avrei dovuto concentrarmi sul mio lavoro, stavo pensando a lei. Cosa diavolo mi succede? Lei non va bene per me. Lei non è interessata a me, me lo ha fato capire in diversi modi. Non le interesso. E neppure lei dovrebbe interessarmi così tanto. Lei non va bene per me. Non va bene per quello che faccio, non è adatta a questo mondo. La trascinerei in un abisso senza via di scampo, e lei è troppo luminosa per vivere nel buio. Eppure . . .
"Harry! Sbrigati dobbiamo andare altrimenti la folla ti vedrà uscire e e sai bene cosa succederebbe." grida Mike, uno dei miei bodyguard, appena raggiungo il camerino. La mia crew è sempre più in ansia di me tutte le volte che sto per salire su un palco. Io ormai non provo più questo. Magari prima era normale provare un po' di agitazione prima dell'inizio di uno spettacolo, ma con il tempo mi ci sono abituato. Ora, se devo essere sincero, mi sento più tranquillo su un palco, davanti a mgliaia di persone che da solo.
"Si! Eccomi, andiamo!" rispondo. Lancio uno sguardo alla mia band, che mi segue fedele ad ogni tappa del tour, ci scambiamo un cenno d'intesa e dopo esserci salutati molto velocemente mi dirigo verso l'uscita sul retro dello stadio. Da dietro le quinte non si sente più la musica, ma solo un vociare confuso della gente che lentamente si prepara a lasciare lo stadio. Faccio un respiro profondo e scendo le scale. Adoro i fan di Madrid, sono così calorosi e la loro accoglienza è pazzesca. Salire sul palco per me equivale ad essere a casa. E ora che me ne devo andare un po' mi dispiace, vorrei poter abbracciare ciascuna di quelle persone, ringraziarle per essere state qui con me, ma ovviamente non è possibile.
Per tutta la serata, mentre cantavo le parole che parlavano di pensieri confusi e sconnessi, inevitabilmente non ho fatto altro che pensare ancora una volta a quei due occhi grigi che mi tormentano da troppe notti ormai. Ho pensato a lei mentre le cantavo a squarciagola, urlando a tutte quelle persone, che neppure la conoscono, quello che vorrei poter urlare a lei.
Lei . . .
Al diavolo, ho resistito anche troppo. Un idea folle mi balena in testa mentre Trevor mette in moto l'auto, pronto a partire. E un sorriso che non posso evitare prende forma sul mio volto. Prima di pensarci troppo prendo il telefono e faccio partire la chiamata.

Emma

Dieci giorni.
Sono passati dieci giorni dall'ultima volta che l'ho visto. Quel ragazzo un pó folle, con gli occhi luminosi e i capelli ribelli, non ne vuole sapere di uscire dalla mia testa. Sono dieci giorni che ascolto sue canzoni. Ma non è tutto, sono dieci giorni che ascolto le canzoni, non solo di Harry, ma anche del resto del gruppo. E non so spiegarmi il perché.
Dieci giorni che non esco di casa, a parte per andare all'accademia. Di solito passavo la mattinata a lezione e il pomeriggio al lavoro, ma da quando sono stata licenziata non mi resta molto da fare a parte ascoltare musica e leggere libri che conosco a memoria. Sono state innumerevoli le volte in cui ero tentata di aprire il computer e mandargli un email, a volte ho persino scritto il messaggio, ma lo eliminavo sempre troppo in fretta. Perché penso a lui così spesso? Cosa mi succede? Cos'ha quel ragazzo che non mi permette di dimenticarlo?
Non mi era mai successo. Si, avevo pensato di provare qualcosa per un ragazzo una volta, ma non mi sono mai lasciata coinvolgere così tanto. Non posso dire di provare qualcosa per Harry, sarebbe assurdo, ci siamo visti solo due volte accidenti! Però, quel ragazzo ha qualcosa . . . Non so cosa esattamente, ma attira la mia attenzione, mi incuriosisce. La sua storia . . . Il modo dolce e genuino che ha per parlare con gli altri, il modo semplice e sorridende con cui mi ha raccontato la sua vita . . .
Il suo passato con gli One Direction, che in qualche modo sta facendo sorgere in me innumerevoli domande. Perché Harry non manda un semplice messaggio per sentire come stanno? Perché tenersi lontani da una persona se quella ti manca cosi tanto? Io non capisco . . . Non dico che debbano per forsa riunirsi, ma almeno sistemare le cose tra loro, parlare . . . Vorrei poterglielo chiedere, so che risponderebbe volentieri ad ogni mia domanda, ma lui non è qui.
Non è qui.
E io devo smetterla di pensare a lui.
Dovrei concentrarmi sul disegno dal vero che il professore ci hanno appena assegnato. Il disegno di una natura morta, nulla di emozionante, forse è per questo che ho la testa da tutt'altra parte . . .
No. Ma chi voglio prendere in giro?
Sono giorni che non la smetto di pensare a lui.
"Hey, scusa, potresti prestarmi uno dei tuoi pennelli? Il mio è troppo sottile." domanda una ragazza minuta seduta accanto a me. Ha corti capelli neri a caschetto, con delle ciocche verdi e occhiali rotondi che cerchiano un paio di occhi scuri. Non credo di averla mai vista prima d'ora.
"Si, certo." le sorrido. "Tieni." dico porgendole uno dei miei.
"Grazie mille." sorride.
Poco dopo si sporge verso di me per restituirmelo.
"Wow! Ti sta venendo benissimo! Io ho appena iniziato." dice sorridendo.
"Ti ringrazio. Vedrai che ce la farai, c'è ancora tempo." dico per incoraggiarla.
"Io sono Marika, piacere di conoscerti." dice porgendomi la mano.
"Emma. Piacere mio." sorrido ricambiando la stretta.
"Sei al secondo anno?" domanda a bassa voce per non farsi sentire dall'insegnate, che in questo momento sta facendo il giro per dare un occhiata ai dipinti degli altri.
"In realtà al primo, e tu?" rispondo.
"Oh, io pure! Accidenti da come disegni credevo fossi qui da più tempo." Sorride imbarazzata. "Il tuo accento non è di milano, non sei di qui, vero?" aggiunge.
"No, vengo dal centro Italia." rispondo. Continuiamo a parlare del più e del meno ancora per un po' finché il professore non arriva da noi per guardare come prosegue il lavoro.
"Ottimo lavoro Emma, hai una mano molto delicata e precisa. Continua così e otterrai risultati eccezionali in futuro." dice il professore. Lo ringrazio imbarazzata da quell'attenzione inattesa e dopo avermi sorriso si allontana, passando al ragazzo seduto poco lontano da me.
Fortunatamente il disegno assegnato non era affatto difficile, riesco a finirlo molto prima della fine della lezione e il professore mi permette di uscire. La giornata è stata estenuante, ancora un volta non ho fatto altro che pensare ad Harry. Se non fosse stato per quella ragazza, Marika, avrei passato anche quest'ultima ora a pensare a lui. Forse è di questo che ho bisogno per non pensare a lui. Ho bisogno di distrarmi.

Megan, che ne dici se questa sera andiamo da qualche parte?

Invio il messaggio mentre salgo le scale dell'appartamento e per poco non vado a sbattere addosso ad un anziana signora che vive al piano disopra. Le chiedo scusa e continuo a salire, mentre sento il suono del telefono che mi annuncia la risposta di Megan.

Credo proprio che sta sera avrai ben altro a cui pensare. Divertitiiiiiii.

Apro la porta, confusa dalla sua risposta e pronta a rispondergli, ma appena varco la soglia il cuore mi sale in gola per lo spavento. E manca poco che non lanci un grido per la sorpresa.
Due occhi verdi mi guardano luminosi, Harry è nel mio salotto, seduto sul mio divano e mi guarda raggiante, come se non stesse affatto per prendermi un colpo al cuore.
"Che diavolo ci fai tu qui?" dico con voce stridula.
"Anche io sono felice di rivederti." ridacchia divertito dall mia reazione.
"Come sei entrato?" domando guardandomi intorno spaesata.
"Ho chiamato Megan." dice con una scollata di spalle, come se niente fosse. "Ha detto che avrei potuto aspettarti qui." spiega incerto, ma il suo sorriso è ben saldo.
"E perché sei qui?" chiedo sinceramente curiosa di sapere la risposta. Se c'era una cosa che non mi sarei mai aspettata di vedere rientrando a casa, era proprio Harry.
"Per portarti a cena fuori." dice raggiante, lasciandomi senza parole e ancora sconvolta.

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