Capitolo 22

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Bello, questo bagno. Quello nella stanza di Nico deve essere il suo bagno personale.
Sembra di stare in un acquario: il water, il bidet e il lavandino sono tutti della stessa sfumatura di blu, mentre le piastrelle che ricoprono le pareti, il pavimento e la vasca da bagno sono più azzurrine e lucide.
Mi guardo nello specchio sopra al lavandino: sto proprio messa male. Ho delle borse Chanel sotto agli occhi, i capelli arruffati che escono da quello che prima era uno chignon, e la felpa sporca. Probabilmente sono macchie di cocktail.
Non voglio neanche ripensarci.
Mi sciolgo i capelli e li sistemo con le dita. Sono ancora un po' disordinati, ma non stanno poi così male.
Mi fisso ancora un altro po' allo specchio. Per le occhiaie non ci posso fare niente (ho lasciato a casa la mia trousse insieme al telefono), ma è giunto il momento di togliermi questa felpa pesante e sudicia. E poi, secondo me, la maglietta di Nico mi starà benissimo.
Ma perché me ne sto preoccupando? Tanto mica mi importa del giudizio di quel coglione.
Giusto?
Mi sfilo il maglione una volta per tutte, per poi riporlo sul ripiano vicino al lavandino.
Ributto un occhio sul mio riflesso, che adesso è munito solo di pantaloni e un reggiseno nero (che proprio reggiseno non si può chiamare per quanto poco debba reggere).
Mi piacerebbe molto farmi un tatuaggio sulla clavicola. Non so cosa in particolare, magari una stellina.
Ma mi è già complicato nascondere la chiave che ho sul polso ai miei genitori, figurati un tatuaggio sulla clavicola. Soprattutto perché io non uso indossare maglie troppo accollate.
Improvvisamente, la porta si spalanca, rivelando la figura di Nico con gli stessi occhi sbarrati che sono sicura di avere anch'io in questo momento. Intravedo anche un po' di rossore sulle guance, ma forse è solo un'illusione ottica delle luci.
Di riflesso, mi copro il seno e il ventre con la maglietta che ho in mano, e lo fulmino con lo sguardo. Ma davvero sono stata così stupida da non chiudere a chiave la porta?
-Ehm, scusa... io... volevo prendere il dentifricio. Di là mi è finito- spiega impanicato, come se avessi bisogno di sapere tutta la storia della sua vita per comprendere il motivo per cui ha aperto la porta.
Nico impanicato?! Non sono due parole che suonano bene nella stessa frase.
Afferro il tubetto di dentifricio poggiato vicino al rubinetto e glielo lancio contro.
-Impara a bussare prima di entrare- lo minaccio con tono cattivo, ma non quanto vorrei.
-Pensavo te ne fossi andata- fa lui alzando le spalle con disinvoltura.
A quanto pare, l'imbarazzo che prima leggevo nel suo volto è stato frutto della mia immaginazione. Quando mai potrebbe provare vergogna, il ragazzo più stronzo al mondo?
-Esci- rispondo alla sua nonchalance, e non so se sono più freddi i miei occhi o il mio tono. Ma a quanto pare funziona, perché lui obbedisce.
Ovviamente con il suo solito sorriso da sbruffone.
Appena sento richiudere la porta della sua camera, mi infilo la maglietta blu e mi guardo allo specchio: ci potrei entrare quasi due volte, in 'sta maglia. Però, modestamente, mi sta abbastanza bene.
Esco dal bagno, chiudendo la porta dietro di me con cautela. Dopo l'ultima ora trascorsa, non ho il coraggio di guardare in faccia Nico. Che poi è lui quello che si dovrebbe sentire in imbarazzo, non io.
E allora perché mi sto facendo tutti questi problemi mentali?
Mi dirigo nuovamente verso il frigorifero, con la sete che mi si accende in gola, e ribevo a garganella dalla stessa bottiglia di prima.
-No, ma prego, fa' pure come se stessi a casa tua- l'odiosa voce di Nico interrompe la mia idratazione corporea, e mi viene quasi voglia di sputargli addosso tutta l'acqua che ho nelle guance.
Reprimo l'istinto, e mando giù il sorso a fatica.
-Avevo sete-
-Ho notato, e la cosa non mi sorprende-
L'enfasi che mette sull'ultima frase non mi convince molto. Beh sì, insomma, tutti gli esseri viventi a questo mondo hanno bisogno di dissetarsi, quindi è ovvio che il fatto che io abbia sete non lo sorprenda. Ma sono quasi certa che lui intendesse qualcos'altro, riferito a ciò che è successo stanotte.
Ma lui come fa a saperlo?
-Ci sai fare?- Nico anticipa la mia domanda, prendendomi alla sprovvista.
Cosa sta osando chiedermi?
Mi sta seriamente domandando come sono a letto?
Sto per rispondergli male, quando noto che con la testa sta accennando ai joystick sul tavolino da caffè.
Ah.
-Abbastanza- rispondo con voce flebile, chiedendomi se gli avrei realmente dato del coglione se la richiesta fosse stata un'altra.
Insomma... lo avrei fatto, giusto?
Lui mi guarda con aria divertita, e sono sicura che la causa di quel sorriso egocentrico sia il leggero rossore che sta divampando sulle mie guance in questo momento. Ma non commenta, va verso la libreria nella quale è incastonata la TV, e mi porge le custodie di alcuni videogiochi presi a random.
-Io so giocare solo a Call of Duty, e un po' anche a Fifa- spiego ancora con tono basso, e mi schiarisco la voce per rimediare.
Succede sempre così con lui: o non riesco a parlare o mi fa incazzare. Non c'è una via di mezzo.
Nico contempla i videogiochi che tiene in mano per qualche secondo, per poi riporli nella libreria.
Okay, questo ragazzo mi confonde.
-Ti insegnerò a giocare a Fortnite- spiega senza nemmeno guardarmi, mentre accende la console e si siede sul divano. Oltre al profilo sul quale clicca (con sotto scritto "nicmor96") c'è ne un altro, ma non ho fatto in tempo a leggerne il nome. Sarà un altro suo profilo? Probabile.
-Ma non ho idea di come funzioni-
-Per questo ho detto che ti insegnerò a giocare- e  picchietta una mano sul divano per invitarmi a sedere accanto a lui. -È molto semplice: i comandi sono gli stessi di Call of Duty (con RT spari e con LT prendi la mira, per esempio), ma è molto più figo. Tieni, ti faccio provare- dice, consegnandomi il joystick. Lo prendo in mano e faccio scorrere lo sguardo dai pulsanti allo schermo.
Com'è che ci si muoveva?
-Muovi il cursore sinistro- fa lui, come se mi avesse letto nel pensiero. Succede un po' troppo spesso, o sbaglio?
-Sì sì, ehm... Lo sapevo- mento, e comincio a spostare il mio personaggio senza una meta precisa.
Continuo così per un po', girando a destra o a sinistra di tanto in tanto, giusto per far sembrare di sapere cosa sto facendo.
-Attenta, sta arrivando un nemico- fa improvvisamente Nico, indicando col dito un essere nero venire nella mia direzione.
Ecco che mi prende il panico.
Comincio a sparare all'impazzata, senza un bersaglio preciso, nella speranza di colpire il nemico. Ovviamente, vengo uccisa dopo due secondi.
Sbuffo, e vedo Nico portarsi una mano alla fronte e sforzarsi di non ridere.
-Mi dicono che sei una professionista a Call of Duty!- sghignazza alla fine, e io gli lancio un'occhiataccia.
-Non ho detto che fossi una professionista, solo che ci sapevo giocare- ribatto seria, ma la sua risata non fa altro che aumentare di volume.
-Mh mh, si vede come ci sai giocare- le ultime sillabe sono smorzate da un'altra risata fragorosa che mi contagia, e per coprirla decido di tirargli uno schiaffetto sul braccio. Lui simula una smorfia di dolore, e io gliene tiro un altro.
Improvvisamente si fa serio, avvicinandosi a me. Sempre più vicino.
Sempre più vicino.
I nostri corpi a una distanza talmente minima che sento il suo calore addosso. Mi sento attraversare la spina dorsale da un brivido, che mi auguro sia di freddo. Anche se ci sono quaranta gradi all'ombra.
Nico allunga una mano nella mia direzione, e mi accorgo che sto trattenendo il respiro.

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