Capitolo 15

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-Voi due siete di queste parti?- ci chiede Tania squadrandoci dalla testa ai piedi. Mi sta mettendo un po' in soggezione, ma cerco di non darlo a vedere.
-Io sì, ma lei sono pochi mesi che abita qui- risponde Nico indicandomi con lo sguardo. Sono ancora tra le sue braccia e sto notando molti tatuaggi che prima non avevo visto: un occhio piangente sulla mano e (o almeno così mi sembra) un ritratto di Kurt Cobain sul braccio destro. Non ho mai ascoltato con molta attenzione le sue canzoni, ma devo dire che non è male.
-E voi, come mai da queste parti?- sento dire a Nico, e smetto di contemplargli il braccio. Chissà se se n'è accorto...
-Noi siamo venuti a Roma in vacanza per far visita ai miei parenti, tra qualche settimana torniamo a casa nostra, a Madrid- spiega Tania, e da lì comincio a capire il motivo dell'accento di Michele.
Il silenzio regna tra di noi per qualche secondo e io butto l'occhio sull'orologio di Nico: sono le due meno un quarto.
-Amore, penso che dobbiamo andare, sicuramente mia madre vorrà andare a pranzo- picchetto il braccio il mio ragazzo per attirare la sua attenzione.
Lui annuisce e saluta i due ragazzi appena conosciuti. -Vabbè, scusate raga dobbiamo andare. Ci si becca in giro!- da il cinque a Michele e una stretta di mano a Tania.
Io mi limito a salutarli con la mano, e torno in camerino a cambiarmi. Mi guardo allo specchio un'ultima volta con questo vestito favoloso addosso; vorrei tanto poterlo comprare, ma costa troppo e non mi sembra il caso di sprecare trecentoventicinque euro per un pezzo di seta.
Anche se, questo pezzo di seta è davvero stupendo...
Apro la tenda quanto basta per far vedere solo la faccia e porgo il vestito a Nico. -Tieni, valli a rimettere a posto mentre io mi rivesto-
Lui mi guarda confuso. -Non lo compri?-
Scuoto la testa e lui sembra triste. -Perché no? Ti stava benissimo-
Gli sorrido imbarazzata e gli spiego che costa troppo, e lui senza aggiungere altro esce dal reparto camerini.
Mi rinfilo i pantaloncini blu e la maglietta rosa cipria, poi mi rilego la felpa di Nico in vita. Mi riguardo allo specchio: la felpa e i suoi occhiali sono stupendi.
Esco dal camerino e cerco Nico con lo sguardo: non lo vedo da nessuna parte. Forse è già uscito.
Mi avvio verso la vetrata che funge da porta e lo scorgo all'angolo della boutique con il telefono all'orecchio. Faccio per avvicinarmi a lui, ma quando noto che sta ancora parlando, mi fermo e comincio ad osservarlo. Le sue sopracciglia scure disegnano una piccola ruga tra di loro e stringe le labbra come se si stesse trattenendo dal dire qualcosa.
Prima di aggiungere qualsiasi cosa, si passa una mano tra i capelli scompigliati. Scommetto che è così che si pettina ogni mattina.
-Eh no, bella mia, io non sto a fà nessun gioco. E poi sei stata te a comincià, ricordi? Quindi mo è inutile che me chiami e me urli che lo sto a fà apposta, per fatte soffrì- si sta contenendo per conservare un tono di voce neutro, e mentre parla agita un dito come se la persona in chiamata fosse di fronte a lui.
Si passa nuovamente una mano tra i capelli, ascoltando il discorso della persona all'altro capo del telefono perplesso, e in quel momento si volta lentamente verso la mia direzione. Oh, merda.
Cerco con gli occhi una via d'uscita da questa situazione imbarazzante, e quando mi rendo conto che non esiste vorrei solamente fondermi con questa vetrina e scomparire.
Nico sbarra gli occhi quando incrocia i miei, e non so chi dei due abbia l'aria più imbarazzata. -Devo andare- dice solamente, e attacca in faccia alla persona con cui era in chiamata. Quindi non fa lo stronzo solo con me.
-Cosa hai sentito?- mi chiede Nico dopo qualche istante di silenzio glaciale. I suoi occhi non sono più di quel marrone intenso che ho visto stamattina in macchina, ma hanno preso una sfumatura più fredda, e in questo momento vorrei solo rendergli gli occhiali per coprirglieli.
-Mi vuoi rispondere? Ti ho chiesto cosa cazzo hai sentito!- mi sta urlando contro, e non riesco più a collegare il volto di questo tizio che mi sta aggredendo con quello che fino a pochi minuti fa mi posava un bacio sulla fronte mentre mi stringeva tra le braccia.
-N-nulla- balbetto impaurita. Non ho mai avuto tanto il desiderio e contemporaneamente la paura di sentirmi così piccola.
-Bugiarda! Dimmi cosa cazzo hai appena sentito o giuro che vado dai tuoi genitori e rivelo loro tutta la verità sull'università- Mi ha messa al muro, con la testa tra le sue braccia. I suoi occhi non mi hanno mai incutito più timore.
Con quest'ultima frase mi tornano in mente: i miei genitori! Dove sono finiti? E se ci trovassero così?
-Vuoi rispondermi, cazzo?!-
-Te l'ho detto, non ho sentito nulla! Solo qualche frase sconnessa su te che non stai giocando e che è l'altra persona che ha iniziato, ma non ho capito né chi né che cosa- parlo velocemente, quasi non mi capisco io. Ma sembra che lui abbia inteso, perché il suo viso sembra rilassarsi e i suoi occhi addolcirsi.
-Ah, okay, io...- Sembra non riuscire a trovare le parole, e ancora non ha tolto le braccia dai lati della mia testa. -Mi dispiace, okay? Non so cosa mi sia preso... Io...-
I nostri visi sono a pochi centimetri di distanza, tanto che se solo muovessi un muscolo gli sfiorerei il naso con il mio.
Nico continua a fissarmi le labbra, e io come per riflesso incondizionato, le schiudo. Sento la tensione nell'aria farsi sempre più pesante, i nostri corpi farsi sempre più vicini.
-Ehi, togli quelle mani sudice dal vetro! Sì, dico proprio a te, bei-capelli! Me lo stai riempiendo di manate!- interrompe il nostro momento di tensione (se così lo possiamo chiamare) una signora dall'altra parte della vetrina, che penso sia la donna delle pulizie.
Nico toglie le mani dalla vetrina e le alza come in segno di resa, divertito dal soprannome assegnatogli dalla donna, e quest'ultima gli lancia un'occhiataccia.
-Benissimo, e anche qui ci siamo fatti riconoscere!- fa Nico ridendo, come se ci fosse qualcosa di divertente in ciò che è appena successo.
Mi spiegate come cazzo è possibile che Nico sia passato dal furioso dallo sguardo assassino, al dispiaciuto, al divertito in meno di due secondi?
Mi sta facendo impazzire questo suo bipolarismo.
Prendo il telefono dalla tasca posteriore dei pantaloncini per non rischiare di rispondergli male e scorro le notifiche. Ho un nuovo messaggio da mio padre.
Tesoro mio, dato che la mamma aveva molta fame e vi abbiamo visti che chiacchieravate con dei vostri amici, abbiamo pensato di andare a mangiare qualcosa, e ora siamo in una piadineria. Vi chiamiamo appena abbiamo finito, okay? Intanto andate a mangiare qualcosa anche voi! dice il messaggio, e io rispondo con un pollice all'insù.
-I miei genitori sono andati a pranzo, hanno detto che ci chiameranno quando avranno finito per continuare il giro turistico- dico semplicemente, non aspettandomi nessuna risposta, e comincio a camminare senza una meta precisa. Nico mi segue a ruota.

Dopo una decina di passi mi prende per mano. Eh no, ora basta.
-Che cazzo fai?!- sbotto togliendo la mano, e Nico sembra sorpreso quanto me dalla mia reazione.
-Ti stavo tenendo per mano, amore- Mette l'enfasi sull'ultima parola come se non avessi capito che stavamo fingendo di stare insieme.
-No, intendo... perché sei così bipolare?-
Lui fa un sorriso divertito. -Bipolare?-
-Sì, bipolare. Prima sei dolcissimo, un attimo dopo fai lo stronzo, e si ricomincia da capo!- sto urlando senza rendermene conto, ma a Nico sembra divertire questa cosa. -Ora mi spieghi che c'è da ridere?-
Sono stufa dei suoi giochetti.
-Tu. Tu mi fai ridere-
-Io ti faccio ridere?-
Sto seriamente perdendo la pazienza.
-Non sai quanto- Mi mette un braccio intorno alle spalle e continuiamo a camminare a vuoto.
Ho cominciato a ridere anch'io senza accorgermene. La presenza di Nico nella mia vita mi sta seriamente mandando fuori di testa.

Bipolare - UltimoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora