Capitolo 20

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-Ragazzi, lei è Cleo. Cleo, loro sono Nino, Sandro e Davide- Andrea fa scorrere la mano tra me e i ragazzi seduti al tavolo, che mi rivolgono un sorriso cordiale. Le giacche di pelle e le bottiglie di birra che tengono in mano come trofei sono in contrasto con le loro espressioni amichevoli, e mi trattengo dal ridere.
-Te fanno ride' le nostre facce?- fa quello seduto più esternamente, con i denti un po' in fuori.
Quindi non mi sono trattenuta?
-No no, è che ho bevuto un po' troppo- spiego, e vedo Andrea sbarrare gli occhi accanto a me.
-In che senso hai bevuto un po' troppo? Hai preso solo un Malibu, mica ti sei scolata l'intera bottiglia di vodka!-
Scoppio nuovamente a ridere, e questa volta mi devo reggere al tavolo per non cadere.
Okay, l'alcol mi fa proprio un brutto effetto.
-Sì, lo so... È che non bevo molto spesso-
I quattro amici si scambiano uno sguardo divertito, e quello con le sopracciglia più folte (che mi pare si chiami Nino) inspira tra i denti.
-Ahia! Quindi, sei sicura de volerte sedé con noi? N'è che nun te vogliamo qua, anzi, pari 'na ragazza molto simpatica, ma nun so se te possa fà sentire a disagio vederci bere così tanto- fa, mettendola sul ridere, ma si vede che cerca di nascondere un tono serio.
Riecco un'altra risata isterica.
Ignoro la domanda del ragazzo, e mi siedo nel posto vuoto accanto al più magrolino dei tre. Sandro, giusto?
Andrea sospira ridendo, afferra uno sgabello dal tavolo vuoto accanto e lo posiziona a capotavola, per poi sedersi.
-Allora, Cleo... Sei di 'ste parti?- fa Nino, scoprendo una fila di incisivi e canini perfetti.
-Che bei denti che hai- mi lascio sfuggire, ma non mi imbarazzo. Sono troppo ubriaca per arrossire.
-Ehm... Grazie- fa, guardandomi con un occhio socchiuso, come se sulla fronte avessi una scala graduata del mio livello di sobrietà e lui stesse cercando di decifrarla. Sono sicura che se ci fosse veramente, la stanghetta starebbe sotto lo zero.
I quattro amici si scambiano un'altra occhiata divertita. Sono una persona così spiritosa?
Quello seduto accanto a me, Sandro, si poggia allo schienale del divanetto e si porta una mano allo stomaco.
-Ragazzi, che ne dite di un giro al Mc Drive, più tardi? Non ci sto vedendo più dalla fame- si lamenta, e improvvisamente vedo tutto sfocato.
Il Mc.
Giorni fa.
Nico.
-Scusi, può portarmi un altro drink? Uguale a quello di prima, grazie- urlo alla barista dal tavolino, e agito una mano in aria nel tentativo di farmi notare.
Ho bisogno di altro alcol per togliermelo dalla testa. Ci stavo riuscendo così bene!
-Un Malibu anche a me, grazie- mi segue Andrea, e la donna dietro al bancone gli sorride. Spero ci abbia sentiti.
-Io ce sto, e dato che Davide è 'n pozzo senza  fondo, sicuramente vié pure lui- fa Nino, beccandosi un pugno sulla spalla da parte dell'amico alla sua destra. -Te che fai, vieni André?-
Andrea non risponde e posa gli occhi sui miei, e sento l'improvvisa necessità di distogliere lo sguardo. È un modo per chiedermi se ho voglia di andare con loro?
-No grazie, non ho fame- dico la prima cosa che mi viene in mente, scuotendo la testa per sottolinearla.
Che scusa di merda è non ho fame?
-Dai, su! Non hai bisogno di avere fame per fare un salto al Mc... Guarda che ci divertiamo!-. Sono sicura che Sandro stia parlando con un tono di voce normale, ma la testa mi gira così tanto che anche solo il ronzio della mosca che mi sta volando intorno è una tortura per le mie orecchie.
-Ecco a voi i vostri Malibu- ci interrompe la barista, e se solo le gambe rispondessero ai miei comandi le salterei addosso per ringraziarla del suo tempismo eccezionale.
-Grazie, Sara- fa Andrea portandosi il bicchiere alle labbra, e solo adesso mi rendo conto che la barista ha un nome. Wow.
Sara gli sorride e gira sui tacchi, per poi tornare dietro al bancone a lucidare i bicchieri.
Cleo... Mi piace questo nome.
Cazzo. La sua voce mi rimbomba nella testa, amplificata dall'effetto dell'alcol che sta svanendo. Devo assolutamente rimediare.
Afferro il drink con un gesto fulmineo, e lo mando giù tutto d'un sorso, senza nemmeno riprendere fiato. Sento l'esofago andarmi a fuoco.
La vista mi si offusca e la voce di Nico nella mia testa viene rimpiazzata da un coro di minions con le gonnelline hawaiane che canta la cucaracha. Finalmente.
-Sara, portamene altri tre!- La voce mi esce flebile, ma non abbastanza da impedire alla donna dietro al bancone di sentirla, e lei alza un pollice in aria.
Mi rigiro verso la tavolata, che mi guarda con gli occhi sbarrati. Che c'è? Ho qualcosa in faccia?
Mi passo una mano sul viso per controllare, ma non mi pare ci sia niente che non va. I ragazzi non dicono niente, e si bevono un sorso di birra dalle loro bottiglie (Andrea dal suo cocktail).
Continuiamo a scambiarci occhiate strane, finché non arrivano i miei drink. Ringrazio la barista e ne ingurgito uno ancor prima che me lo abbia posato sul tavolino. Il bruciore quasi non lo sento più.
A metà del secondo bicchiere, vengo interrotta dalla voce di Andrea, che non è più talmente forte da spaccarmi i timpani, ma sembra talmente ovattata da sentirla a tratti, come se avessi le cuffie alle orecchie.
Poso il palmo della mano su un orecchio per vedere se per caso mi fosse passato per la testa di ascoltare la musica e me ne fossi dimenticata, ma non c'è nulla. Vabbè.
Finisco il secondo Malibu e mi sto scolando anche l'ultimo, quando sento scuotermi. Alzo lo sguardo e incrocio quello di Andrea, che sembra molto preoccupato. Perché è così teso?
Sto per dirgli di rilassarsi un po', quando la lagnosa musichetta jazz di sottofondo viene sostituita da una delle mie canzoni preferite.
Posso di Carl Brave.
Senza nemmeno rendermene conto, sono già in mezzo al locale a dimenarmi come una pazza e a cantare a squarciagola. Mi chiedo come mai ancora nessuno si stia lamentando del baccano.
Mi guardo intorno, per quanto mi possa ancora permettere la nitidezza della mia vista: Nino, Davide e Sandro stanno ridendo a crepapelle e tengono i cellulari puntati contro di me. O almeno penso siano cellulari; vedo solo rettangoli colorati.
Invece, Andrea tiene la mascella serrata e i pugni stretti sul tavolo, e mi guarda ancora con lo stesso sguardo preoccupato.
-Dai, André! Divertiti un po' anche tu come i tuoi amici! La vita è più bella con un po' di rischio!-
Pronuncio quest'ultima frase, e sento l'aria più pesante. Ma non per modo di dire: sento l'atmosfera schiacciarmi sempre di più, letteralmente.
La vista mi si offusca ancora di più, e le gambe cedono.
Sento Andrea che cerca di dirmi qualcosa. Anzi no, non lo sento. Lo vedo. Le parole mi arrivano qualche istante dopo, come quando lagga un videogioco.
Sono a terra, ma non ho la forza di rialzarmi.
La mia vita sta laggando.
E la colpa è di Nico.

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