Capitolo 8

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-Dove vai tutta in tiro?- mi chiede Valeria quando esco dalla mia camera dopo qualche ora.
-Non sono in tiro: mi sono solo infilata una gonna e ho messo la tinta labbra- faccio spallucce.
-Per te è comunque essere più elegante del normale- mi guarda con aria sospettosa. -Dove devi andare?-
-Esco-
-Con chi?-. La curiosità della mia coinquilina comincia a innervosirmi.
-Con nessuno di importante- alzo gli occhi al cielo per non incrociare il suo sguardo.
-Ahh, ho capito! Devi uscire con Nico!- esclama estasiata, -Lo sapevo che tra voi due c'era qualcosa, si vede da un miglio di distanza!-
Poi, senza darmi il tempo di rispondere, mi guarda confusa. -Ma non avevate appena litigato?- mi chiede.
-Sì, è uno stronzo egocentrico e tra noi non c'è e non ci sarà mai assolutamente nulla- faccio un lungo sospiro per calmarmi -Mi ha chiesto di incontrarci stasera non so per quale motivo, e io voglio vedere fino a che punto può arrivare la sua stronzaggine- aggiungo infine, liquidandola lì.
Quando esco sbatto la porta a mo' di "vaffanculo" e mi dirigo verso il luogo dell'incontro.
Sto davvero andando a vedere cosa ha in serbo per me quel deficiente? Sono sicura che mi farà solo irritare ulteriormente con qualche sua battuta che trova divertente solo lui. Ma allora perché ci sto andando? Forse sono ancora in tempo per tornare indietro. E appena finisco l'ultimo pensiero, mi rendo conto di essere giunta a destinazione.
Mi appoggio alla ringhiera che separa l'asfalto dal fiume, proprio nello stesso punto di stamattina.
-Nun ce contavo molto- fa una voce dietro di me. Nico.
-Mi stupisco anche io di essere venuta- ammetto, ed è la verità.
-Comunque, buonasera signorina- si avvicina e mi prende una mano per baciarla. Sarà sicuramente uno dei suoi trucchetti per innervosirmi.
-Buonasera anche a te- rispondo mimando un inchino. -Perché mi hai invitata a venire qui?-
-Sinceramente, non lo so di preciso. È che il tuo carattere m'ha colpito- si stringe nelle spalle. Dopo quell'ultima frase sto immaginando me mentre lo picchio con un cartello con scritto carattere e mi scappa un risolino.
-Perché ridi?-
-Sinceramente, non lo so di preciso- lo imito, e lui sorride. Quel maledetto sorriso: così bello e così malizioso allo stesso tempo. Come lui.
-Che guardi?-
-Niente- distolgo lo sguardo e divento rossa. In un concorso al pomodoro più rosso, vincerei io.
-Adoro quando arrossisci- mi fa sfoggiando di nuovo quel sorriso e, dopo avermi vista confusa, aggiunge: -Sembri un piccolo Pikachu che sta pe' da' la scossa-
Lo guardo divertita. Non ero una fan accanita dei Pokémon da piccola, ma li seguivo abbastanza da avere presente la scena da lui descritta.
-Posso farti 'na domanda?-
Gli faccio segno con gli occhi di proseguire.
-Come mai nun hai detto ai tuoi genitori che in realtà nun stamo 'nsieme?- mi guarda con occhi curiosi, quindi capisco che devo raccontargli la verità. Gli spiego tutta la faccenda dell'università, del carattere dei miei genitori e di tutto il resto.
Lui non fa altro che annuire, e se non avessi visto il modo in cui mi guardava quando mi ha fatto la domanda, avrei pensato che non gli interessasse veramente.
-Hai fame?- mi chiede, e io annuisco. -Te porto nel locale di un vecchio amico mio. È 'n po' distante, ma fanno 'na bistecca ar sangue che è la fine der mondo- gesticola con le mani, proprio come faccio io. Dopo aver scoperto questo piccolo dettaglio, mi sta già un po' più simpatico.
-Allora, se è così distante, menomale che mi sono messa le converse!- dico indicandomi i piedi. Lui scoppia in una risata fragorosa.
-Pensavi davvero che saremmo andati a piedi? Ma manco pe' sogno, te ce porto co' la macchina- dice, indicando una Fiesta nera parcheggiata poco più in là.
Guardo accendersi le luci della macchina quando preme il pulsante sulla chiave a bocca aperta: è proprio una bel veicoletto.
-È solo una macchina- risponde Nico al mio pensiero probabilmente notando la mia espressione ebete.
Non emetto parola e salgo nella Fiesta, imbarazzata per la mia eccessiva reazione. Cavolo, probabilmente ora penserà che sono una di quelle ragazze che si emozionano per tutto. Ma un secondo... A me cosa importa dell'opinione di quello stronzo?
La leggiadra entrata in macchina di Nico mi risveglia dai miei pensieri. -Ti sta molto bene quella gonna- dice lui fissandomi, e dal suo improvviso irrigidimento delle mani sul volante capisco che non volendo ha appena espresso un pensiero ad alta voce.
-Ehm, grazie- arrossisco un altro po'.
-Riecco di nuovo il Pikachu!- esclama puntandomi un dito contro, forse per alleviare l'imbarazzo di quella confessione. Alzo gli occhi al cielo e sbuffo gonfiando le guance, strappandogli una risata.
Il tragitto fino al locale del suo amico prosegue senza problemi o bisticci vari, e mi sembra già un passo avanti. Insomma, se devo fingere che lui sia il mio ragazzo fino alla partenza dei miei genitori, tanto vale che impariamo ad andare d'accordo.
Una volta scesi dalla macchina, Nico fa un gesto che non mi sarei mai aspettata: mi prende a braccetto e, quando nota che lo guardo storto, mi spiega che quello è un posto abbastanza noto, ed è probabile che i miei genitori abbiano avuto la nostra stessa idea, quindi è meglio fingere almeno un po' di essere una coppia.
Entriamo nel locale e subito ci accoglie quello che dovrebbe essere il suo amico. -Nic, che piacere rivedette! Non ce venivi a fa' visita da 'n sacco de tempo!- posa una mano sulla spalla del mio accompagnatore e il suo sguardo si ferma sulle nostre braccia intrecciate -Ahh, e te sei fatto pure la ragazza, vedo-. Dà di gomito a Nico, che risponde prima che io possa aprire bocca.
-Eh sì, Fabri', stamo 'nsieme da quasi un mese-
Io lo guardo malissimo e faccio per contraddirlo, ma lui mima con la bocca un "ti spiego dopo", così sto zitta.
-E dimme 'n po', qual è er nome della sfortunata che te sopporta da un mese?- chiede Fabrizio. Ha una voce molto roca, ma la sua simpatia la compensa, quindi quasi non si nota.
-Se chiama Cleo; c'ha qualche anno in meno a me, ma è 'na ragazza d'oro- risponde il mio ragazzo al posto mio, cingendomi in vita con un braccio. Ormai, ha violato il mio spazio vitale talmente tante volte che non me ne accorgo nemmeno.
-Ah sì?- faccio rivolta a lui, tutta compiaciuta della sua descrizione di me.
-Eh certo amò! 'Nnamo va che c'abbiamo 'na fame da lupi, se vedemo Fabri'!- saluta l'amico con una calorosa stretta di mano, e ci dirigiamo al primo tavolo libero che vediamo.
-Simpatico, il tuo amico!- dico scansando la sedia per sedermi.
-Lo so. Certe volte però è 'n po' invadente-
-A proposito, come mai gli hai detto che stiamo insieme anche se non è vero?-
Nico si stringe nelle spalle. -Perché non possiamo fa' sapè 'n giro che nun stamo davvero insieme, in un modo o nell'altro i tuoi lo verrebbero a sapè. Come t'ho detto prima, 'sto posto è abbastanza rinomato ed è molto probabile che un giorno di questi vengano a cenà qui, e se Fabrizio capisse che so' i tuoi genitori direbbe loro che te ce sei già stata insieme a un tuo amico, i tuoi lo correggerebbero spiegandogli che io e te stamo 'nsieme, lui farebbe due più due e sicuramente nel giro de du' giorni tutta la città parlerebbe de noi, e nun me ne tè proprio- gesticola.
Vedendomi confusa, prosegue: -Fabrizio non è molto rinomato pe' la sua capacità de tenè 'n segreto-
Annuisco. Il discorso non fa una piega.
Cinque secondi dopo arriva il nostro cameriere, un ragazzo sulla ventina biondo e con gli occhi azzurri, a portarci i menù. Devo dire che è proprio carino.
Consegna il primo menù a me, mostrandomi un sorriso smagliante, che ricambio. Poi si gira verso Nico, che gli strappa di mano il menù con un gesto brusco facendo quasi cadere il calice di fronte a lui. Lo guardo male, e lui a sua volta guarda male il cameriere.
-Quando siete pronti a ordinare, chiamatemi: mi chiamo Cristiano- aggiunge il ragazzo in divisa rivolgendomi un secondo sorriso, che ricambio nuovamente. Sento gli occhi di Nico addosso. 

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