3. "Investito un procione"

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«Chi è il canguro migliore del mondo?» Dico, con voce fin troppo acuta, guardando con occhi luccicanti Arya. Lei piega un po' il capo.

«Sí, amore!» Continuo con la stessa voce, dandole un po' del suo cibo preferito. «Sei proprio tu.»

Arya mi guarda con più intensità, come se stesse sorridendo o esultando mentalmente. Tantissime persone amano più i koala dei canguri, perché li prendi in braccio e lí restano per ore. E io facevo parte di questo team, finché non ho conosciuto lei. Se un giorno mi troverò qualcuno, mi dovrò assicurare che Arya lo approvi. Prendi me, prendi anche lei. Siamo un pacchetto completo, noi due.

Le faccio una piccola carezza sulla testa. «Quanto vorrei essere un canguro maschio e passare tutta la vita con te, amore mio.» Mormoro con malinconia. Forse sto esagerando. Ma divertirmi con Arya mi solleva sempre su di morale.

«Delilah!» Ed ecco che il mio momento di relax è finito. Si ritorna a lavoro, ragazzi. «Il cucciolo è qui!»

Garrett corre nella mia direzione. Apre il cancello dove si trovano i canguri ed entra. «Vieni?» Lascio un altro po' di cibo ad Arya e annuisco in direzione del mio collega -o forse dovrei dire spasimante?-.

Lo seguo in silenzio per tutto il rifugio. Mi domando come sta il cucciolo e in che condizioni è. Sicuramente sarà spaventatissimo.

«Nick l'ha preso dalla mamma e l'ha portato nella clinica. Per la madre non ci sono speranze, ma il cucciolo è in buone condizioni. È solo molto spaventato e infreddolito.» Mi spiega Garett mentre andiamo. Annuisco di tanto in tanto e sospiro alla fine, ma continuò ad essere angosciata dentro di me. Se non dovesse farcela? Non sono pronta per vedere spegnersi la luce negli occhi di un cucciolo. È come dire un bambino di poche settimane.

«Bene.» Sussurro piano appena entriamo. Nick ha una coperta tra le braccia e ci metto un po' a capire che dentro la coperta c'è un piccolo di canguro. Sono passate circa tre ore da quando Ethan se ne è andato e mi ha chiamato, ma non gli ho risposto. Mi chiedo se è vivo.

Nick mi sorride e mi fa cenno di avvicinarmi. I canguri rimangono fino a un anno dentro al marsupio della madre e per qualche altro anno ancora rimangono vicino la madre.

Quando guardo il piccolo, mi vengono le lacrime agli occhi. Ha due occhioni castani spalancati, il pelo lucido e trema come una foglia. Nonostante la coperta deve star morendo di freddo.

«Sta bene.» Mi rassicura Garrett, toccandomi per un momento la spalla, in modo da avere la mia attenzione. «Può già andare in comunità con gli altri.»

Apro la bocca per ribattere che è decisamente troppo presto, ma Nick annuisce. Faccio un sospiro per calmarmi. Non è di certo la prima emergenza, e di certo non sarà l'ultima, però la mia reazione è sempre la stessa: mi trasformo come quelle mamme protettive che non fanno uscire i propri figli di inverno se non hanno tutta la pelle coperta.
«Va bene.» Riesco a sussurrare, nonostante abbia la gola secca. «La porto da Arya: è la più socievole.»

Nick annuisce e mi passa la creaturina. È così piccola e delicata che ho paura di schiacciarla tra le mie braccia, ma la stringo lo stesso al petto per non farle prendere freddo. Devo anche capire se è maschio o femmina. E dargli -o darle- un nome.

Senza dire niente io e il cucciolo andiamo verso la parte dedicata ai canguri. Alla fine i canguri non stanno male: sono in dieci, quindi non tantissimi, e hanno un sacco di spazio. Quando si entra nella loro zona, che è recintata, dall'entrata non vedi la fine della recinzione. Chi sta meglio di loro?

Almeno loro non hanno un fratello strano, come me, e corteggiatori improponibili. Il cucciolo inizia a fare dei versi, come se stesse piangendo. Lo copro di più con la coperta, ma non smette. Mi guarda con i suoi occhioni castani e mi viene quasi da piangere. C'è solo una cosa da fare: chiamare Garrett.

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