10. "Non mi fido di quegli scimmioni ubriachi"

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Sospiro e giro lentamente la pagina, immergendomi di nuovo nelle parole di Shakespeare. Anche se la sua opera più famosa è Romeo e Giulietta, io preferisco di gran lunga Giulio Cesare. Saranno anni che lo leggo, ed ogni volta mi fa venire i brividi.

Ethan è uscito qualche ora fa con Greyson, mentre i miei sono usciti con i genitori di quest'ultimo. Io sono voluta rimanere a casa. Sono passati quattro giorni da quando è venuta la scolaresca, ma il nostro rifugio è sempre più pieno. Oramai torno a casa tardissimo, giusto il tempo per cenare; così stasera ne ho approfittato per rilassarmi un po'.
Ma la pace, si sa, dura poco. Il telefono di casa squilla e mi affretto a rispondere: in genere i genitori dei miei chiamano sul telefono fisso e ho sempre paura che sia successo qualcosa.

«Delilah?» Prima che possa anche solo dire pronto, una voce femminile parla. All'inizio non la riconosco, nonostante sia familiare. «Sono Haley, la sorella di Greyson. Greyson Harris.»

«Peter, sì.» Alzo gli occhi al cielo e sorrido. Haley mi è simpatica, così come Gavin. «Posso fare qualcosa per te?»

Metto un segnalibro tra le pagine che stavo leggendo e dico mentalmente addio per questa sera a Shakespeare. Qualunque sia il motivo per cui Haley mi ha chiamato, ho la sensazione che la mia quiete sia andata via per sempre. «In realtà sì. Mi scoccia davvero chiederlo Delilah, ma qui gli adulti non sembrano darmi retta. Mi ha chiamato cinque minuti fa Greyson, completamente ubriaco, e con lui c'è tuo fratello. Sono andati ad Adelaide in un bar.»

La mia voglia di ammazzarli entrambi è alle stelle. Ho già capito Haley cosa vuole che io faccia, non serve che lo specifica. Se sono ubriachi tutti e due nessuno di loro può guidare, o prendere il traghetto, per tornare a Kangaroo Island. «Fatti mandare la posizione ed inviamela sul mio numero, magari fattelo dare da mia madre. Io vado a prenderli, ci metterò un'ora e mezza però.»

«Tranquilla.» Haley sospira. In sottofondo si sentono gli schiamazzi delle persone che parlano al ristorante, tra cui le risate dei miei genitori. Ovviamente loro non se ne fregano niente che Ethan è ubriaco chissà dove, e lasciano che me ne occupi io. «Adesso indago su dove sono.»
Io e Haley ci salutiamo, poi chiudo la chiamata. Sono praticamente in pigiama, ma non potrebbe fregarmene di meno.

Mi infilo velocemente le scarpe ai piedi e prendo le chiavi della macchina. Ho una felpa di Ethan addosso, i capelli legati in una crocchia alta e dei jeans scoloriti. Probabilmente ho le sembianze di una senzatetto, ma come si dice, mali estremi estremi rimedi. Ed il rimedio è strozzare mio fratello appena lo vedo.

Mi metto alla guida con nonchalance, mettendo il mio cd di Taylor Swift preferito in sottofondo. Per arrivare fino al "porto", se così si può chiamare, di Kangaroo Island ci vogliono quindici minuti da casa mia. Vado piano perché ho paura di incontrare qualche animale che attraversa: sbucano davanti alle macchine all'improvviso, ad una velocità così elevata che non puoi frenare in tempo. I koala difficilmente attraversano, e se lo fanno solo lenti e li vedi, ma i canguri, i Dingo e tutti gli altri li metti sotto senza tanti se e tanti ma.

Ci metto sedici minuti per arrivare al porto e mi congratulo mentalmente con me stessa quando vedo che il traghetto è ancora lì. Forse c'è una speranza che io non debba aspettare il traghetto dell'ora di dopo.

Mi schiarisco la voce e, parcheggiando, mi avvio velocemente nella biglietteria. Odio andarmene da Kangaroo Island, perché è come se mi allontanassi da tutto quello che mi appartiene. Mi piace viaggiare, ma mi piace di più casa. «Un biglietto di andata e tre di ritorno, per favore.» Dico al ragazzo dietro la biglietteria, che mi guarda corrugando la fronte. Riempio le guance di aria e poi la lascio andare. «Vede, mio fratello e un suo amico sono chissà dove bloccati ad Adelaide e devo andarli a recuperare.» Il ragazzo continua a guardarmi stranito: probabilmente non ha un fratello.

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