16. "Non sono Harry Potter"

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Il giorno dopo al nostro rifugio c'è il caos più totale. I turisti fanno chiasso, gli animali sono agitati e finalmente Lucky inizia a venir considerato anche dagli altri canguri oltre ad Arya. Greyson ed io non abbiamo più provato a baciarci, e a dir la verità per un po' di ore ieri non sono neanche riuscita a guardarlo negli occhi. Quando Haley e Gavin sono tornati, più o meno quindici minuti dopo che Robert mi ha vomitato addosso, sono stata tutto il tempo con lei a badare ai suoi figli. Greyson e Gavin si sono messi a vedere una partita e io ed il figlio del grigio ci siamo ignorati alla grande. A stento l'ho salutato quando me ne sono andata, ma anche se ero tentata di non farlo per l'imbarazzo, sono una persona educata e so che salutare è importante. Soprattutto se sei a casa di quella persona.

Stamattina lui mi ha fatto un cenno con la testa quando gli sono passata davanti, io ho fatto un sorriso, e basta. Ethan non credeva ai suoi occhi, quasi mi è svenuto vicino. Infatti, sta ancora insistendo sull'argomento. «Sei sicura che volevi sorridere a Greyson? Magari hai una di quelle malattie che ti fa fare gesti che non vuoi compiere veramente.»

Lancio al mio gemello un'occhiataccia. Sembra quasi che io non possa sorridere ad un ragazzo, o in particolare Greyson. È vero, forse all'inizio lo detestavo, ma mi sono ricreduta. Non dico di amarlo o sopportarlo a pieno, ma mi è molto più simpatico di prima. «Volevo sorridere e l'ho fatto, Ethan.»

Continuo a camminare, diretta al recinto dei canguri, quando mio fratello mi prende per il gomito. Mi fermo e giro a guardarlo, sembra preoccupato. «Non vi state innamorando, vero? Perché già so come andrà a finire, voi due passerete tanto tempo insieme e io resterò o da solo o fare il terzo in comodo e sarò costretto a frequentare quella pazza della signora Westerners e aiutarla con le commissioni come ci chiede sempre la mamma. Io non voglio finire rincorso da lei con una canna da pesca come ha fatto con te, Deli.» Faccio una smorfia al solo sentire il nome di quella donna. Ce l'ho ancora con lei per aver investito e ucciso la madre di Lucky. Se non avesse fatto l'orgogliosa e avesse accettato che oramai non può più guidare, a quest'ora una vita sarebbe ancora tale.

«Sei pazzo, Ethan.» Mi riferisco a me e Greyson innamorati. Un conto è l'attrazione fisica che provo verso di lui e la voglia di baciarlo, un'altra è pensare di starmi innamorando di lui. L'idea è così assurda che mi scappa una risata. Insomma, come potrebbe mai accadere? Fino a qualche giorno fa lui mi insultava e io lo detestavo, solo perché adesso stiamo vivendo un momento pacifico non significa proprio niente.

«Ragazzi!» La nostra conversazione viene interrotta bruscamente da Nick che corre verso di noi. Alcuni turisti si girano straniti a guardarlo, ma non badano più di tanto a cosa sta succedendo. La mia risata cessa e mi metto subito sull'attenti. È successo qualcosa di grave? Mi calmo appena Nick è più vicino e vedo che sta sorridendo. Appena si ferma davanti a noi osservo che ha il fiatone. «Sta partorendo. Batuffola sta partorendo.»
Un sorriso spontaneo mi incornicia il volto. Adoro avere dei cuccioli al nostro zoo. E poi Batuffola è uno degli animali a cui sono legata di più, qui. Mi giro emozionata verso Ethan, che mi sta già guardando. Mi fa segno di andare con Nick, al che corrugo la fronte.
Non ci siamo mai persi un parto, noi due.

Ethan si schiarisce la voce. «Per una volta farò il responsabile. Io devo restare qui nel caso abbiamo bisogno di me i dipendenti, tu vai a vedere Batuffola partorire.» Apro la bocca per ribattere, ma mio fratello mi interrompe mettendo un dito sulle mie labbra. «Niente ma, Delilah.» Sorride e mi lascia un bacio sulla fronte, addolcendo improvvisamente la voce. «Prendi il cucciolo in braccio per la prima volta anche da parte mia, okay?»
Anche se sono dispiaciuta che Ethan non venga, annuisco e sorrido lo stesso. Ho aspettato questo giorno da quando Garrett mi ha detto che Batuffola era incinta, in uno dei suoi momenti lucidi dove non stava cercando di fare colpo su di me.

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