Bisognerebbe ricominciare dall'inizio ogni giorno.
Dirsi addio e perdersi di vista.
E poi subito cercarsi e ritrovarsi.
Bisognerebbe vivere soltanto di inizi.
Come due sconosciuti, che si hanno senza aversi mai del tutto.* * *
Cap. I
I pianeti desertici non erano tutti uguali.
Rey aveva scoperto che Tatooine era profondamente diverso da Jakku, ad iniziare dai due soli che incendiavano il cielo. Le giornate erano infinitamente lunghe ed infuocate, in netto contrasto con le notti corte e gelide. I due astri, lo rendevano talmente luminoso, nello spazio, da farlo sembrare quasi una stella.
Quella sera Rey era particolarmente triste e malinconica. Quando credeva di aver raggiunto un equilibrio, seppure fragile, i ricordi tornavano impietosi, facendola piombare di nuovo nella disperazione.
La seconda meta del suo viaggio solitario era stata una scelta obbligata. Doveva vedere con i suoi occhi dove tutto era cominciato: il pianeta natio di Anakin Skywalker, il prescelto della profezia, e dove il suo maestro Luke era cresciuto, allevato dai Lars.
Inizialmente doveva essere solo una tappa, una delle tante che si era prefissata di raggiungere, nel suo peregrinare nello spazio, le era sembrato un luogo adatto e simbolico per custodire la spada laser di Luke, una sorta di chiusura del cerchio.
Alla fine, però, aveva deciso di fermarsi, almeno per un po'.
Tatooine era un buon punto di partenza per ricominciare.
Non era stato facile adattarsi. Il clima era proibitivo durante il giorno, e la notte le temperature precipitavano notevolmente. Per questo la poca popolazione del luogo viveva per lo più in locali sotterranei che erano isolati e protetti dagli enormi sbalzi termici della superficie.
Quando era atterrata col Falcon, circa un anno prima, con l'unica compagnia di BB-8, aveva trovato la fattoria dei Lars in condizioni disastrose. Sapeva che Luke l'aveva ceduta ai Darklighter, dopo la battaglia di Yavin ma, stranamente, versava in uno stato di totale abbandono.
L'ampia corte scavata nel sottosuolo era quasi del tutto riempita di sabbia, ma questo non l'aveva affatto spaventata: lei era abituata alla vita nel deserto e le piacevano le sfide. E, soprattutto, adorava aggiustare cose rotte, era un modo per tenere la mente impegnata e non farsi sopraffare dal dolore, che tornava sempre imperterrito a pungerle lì, all'altezza del cuore.
Pazientemente aveva ripulito tutti i locali sotterranei ed aveva rimesso in funzione ivaporatori che estraevano l'umidità dal sottosuolo. La vendita dell'acqua le permetteva una sopravvivenza dignitosa e, per il momento, questo le bastava. I Jawa erano ottimi mercanti con cui fare affari e scambiare attrezzature.
La fattoria dei Lars era una reggia in confronto alla carcassa dell'AT - AT su Jakku. Aveva una cucina attrezzata, un soggiorno ampio e vari locali che affacciavano nella corte interna in cui era riuscita perfino a far crescere dei fiori imbuto e deideb-deb. Aveva una piccola serra dove coltivava ortaggi, cibo fresco e autentico, che non aveva nulla a che vedere con le porzioni di sopravvivenza che era abituata a consumare su Jakku o quando viveva con la Resistenza.
Aveva un vero letto sul quale si abbandonava stremata al sonno, dopo una giornata di duro lavoro, ma le sue notti erano costantemente disturbate da sogni agitati.
Si era costruita una nuova spada laser usando, in parte, i pezzi della sua amata asta. Aveva sentito il bisogno di forgiare un'arma tutta sua, che raccontasse la sua storia, che parlasse di lei, e la caratterizzasse totalmente. Per questo la prima meta del suo viaggio era stata Jedha, dove aveva trovato il suo prezioso cristallo aureo.
Non sapeva se l'avrebbe mai usata per combattere; mai come in quel momento il futuro le appariva più nebuloso e incerto, ma era stato un primo passo necessario per plasmare la sua identità.
Le spade di Luke e Leia, che aveva portato con sé da Exegol, le aveva custodite gelosamente in un luogo sicuro. Avrebbe voluto dare a Ben quella di sua madre. Era sua, gli spettava di diritto, e sapeva che Leia lo avrebbe voluto, ma non era riuscita a portare a termine il suo intento.
Aveva ancora molto da metabolizzare di quello che era successo, e isolarsi da tutto le era sembrata l'unica alternativa per accettare l'inevitabile e per trovare un motivo per andare avanti, senza di lui.
Ormai era una lotta continua con se stessa e non sapeva se sarebbe riuscita a vincerla. O forse, non era sicura di volerla vincere.
Aveva dovuto accettare delle verità atroci, sulle sue origini, sul suo abbandono e sul destino tragico dei suoi genitori, e adesso, almeno da quel punto di vista, aveva raggiunto una serena consapevolezza.
La sua ricerca disperata e forsennata di un'identità, di un'appartenenza, l'aveva portata a fare una scoperta orribile. Eppure era riuscita ad andare oltre. Aveva accettato di essere Rey, solo Rey, fautrice del proprio destino, e ora non rispondeva più con rammarico e tristezza quando le veniva chiesto Rey chi?
In lei scorreva il sangue dei Palpatine ma, come suo padre prima di lei, aveva capito che non contava nulla il cognome che si era costretti a portare per diritto di nascita, ma la persona che si sceglieva di essere seguendo i propri ideali, ribellarsi e combattere per essi, se necessario.
I soli di Tatooine stavano calando velocemente all'orizzonte e l'aria rovente si stava già facendo più fresca. Era quello il momento della giornata che preferiva di più.
C'era calma, pace, una piacevole brezza che dava finalmente sollievo dalla calura.
Salì la scalinata di sabbia battuta che portava all'esterno: era giunto il momento di togliere l'energia agli impianti per prepararsi a passare la notte, ma qualcosa la costrinse a fermarsi e si girò ad ammirare il tramonto binario.
Il giorno in cui era arrivata su Tatooine aveva fissato allo stesso modo i due soli rincorrersi nel cielo: la guerra era appena terminata e avevano vinto, aveva sconfitto il lato oscuro incarnato nell'Imperatore, e la Galassia era libera. Eppure non era riuscita a gioire del tutto. Le mancava terribilmente una parte di sé.
In quel momento, l'assenza di Ben al suo fianco, tornò a farsi sentire, più dolorosa che mai.
Era come una ferita mai sanata che continuava a fare male, a tormentarla, spezzandole il respiro.
A che era servito combattere, soffrire, sperare, vederlo tornare alla luce, dichiarargli il suo amore con un bacio disperato, per poi perderlo ancora una volta?
Le mancava. Non poteva mentire a se stessa. Non voleva. Ed era arrabbiata con lui. Ancora si ostinava a non volersi rassegnare.
Si fece forza e raggiunse il generatore con l'allegra compagnia di BB-8 che rotolava fedele al suo fianco. Lo disattivò e tutto l'impianto si spense. Aveva raccolto abbastanza acqua per irrigare abbondantemente le serre sotterranee e per venderla a Mos Eisley il giorno dopo.
Tornò alla fattoria illuminata solo dalla luce rosata del tramonto, mentre le prime stelle della sera iniziavano a brillare nel cielo che si andava facendo sempre più scuro.
Si preparò del caf e un pasto leggero. Accese il fuoco, nell'ampio braciere, proprio al centro del cortile e decise di cenare lì, avvolta in una pesante coperta di lana, a fissare le fiamme rincorrersi, scoppiettare, spruzzare scintille, come se fosse ipnotizzata.
Quella sera non aveva sonno e sapeva che non avrebbe dormito. Era stanca, le membra le dolevano, ma il solo pensiero di sdraiarsi sul letto, le provocava un pesante senso di angoscia che non riusciva a sopportare.
Aveva paura di sognare di nuovo Ben, di sentirlo così vicino da poterlo toccare, accarezzare, amare, per poi risvegliarsi, agitata e ansimante, scoprendosi sola.
Ricordare le avrebbe fatto ancora più male, ma era il suo unico appiglio per cercare di dare un senso a quello che era accaduto, che aveva vissuto dopo la sconfitta di Sidious.
Cosa le era sfuggito? In cosa aveva sbagliato? Perché era finito tutto in quel modo assurdo e si era ritrovata di nuovo sola? Erano le domande che si poneva incessantemente da un anno e ancora non riusciva a trovare una risposta che le desse pace.
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Qualcosa finisce. Qualcosa inizia
FanfictionRey aveva ancora molto da metabolizzare di quello che era successo, e isolarsi da tutto le era sembrata l'unica alternativa per accettare l'inevitabile e per trovare un motivo per andare avanti, senza di lui. Ormai era una lotta continua con se stes...