Capitolo VI

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Le persone unite dal destino si ritrovano sempre

(Geralt di Rivia, serie The Witcher)

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Cap. VI

Ben aprì gli occhi lentamente, batté le palpebre un paio di volte per schiarirsi la vista e mettere a fuoco l'immagine offuscata che aveva davanti a sé. Dalle fessure delle tende a pannello, che oscuravano la grande finestra, filtravano timidi i primi raggi solari.

Su Corellia stava appena albeggiando.

Era sdraiato a pancia in giù, con la metà del viso affondata in un cuscino fin troppo morbido per le sue abitudini spartane, il braccio destro abbandonato lungo il fianco e quello sinistro piegato sopra la testa. Era completamente nudo e sentiva il bisogno impellente di svuotare la vescica. Si abbandonò ad un lungo e sgarbato sbadiglio e si grattò la testa con le dita della mano libera, posata sul cuscino.

Si sentiva straordinariamente bene, come non gli succedeva da tempo, da addirittura prima che passasse al lato oscuro. Aveva dormito profondamente ed era stato un sonno tranquillo, rigenerante e senza sogni o incubi di sorta. Era rilassato e sereno. Stranamente non provava nemmeno più dolore ai muscoli dell'addome, massacrati dalla furia di Valeek, e al viso tumefatto.

Ma c'era anche un'altra cosa, in quel risveglio così insolito, che gli fece sgranare gli occhi e deglutire a secco, sentiva qualcosa di caldo sulla schiena, qualcosa di molto simile ad un braccio ed una mano che lo avvinghiavano con forza, quasi ad impedirgli di scappare.

Cercò di fare mente locale su quello che era accaduto durante le notte appena trascorsa e sorrise tra sé, i ricordi gli giunsero fin troppo limpidi e particolareggiati, tanto da fargli provare un brivido cocente che si tramutò presto in una certa rigidità, a lui ben nota, alle parti basse.

Provò a girarsi per mettersi sul dorso e subito si sentì stringere, quasi fosse una reazione istintiva ed automatica ad ogni suo più piccolo tentativo di movimento. Girò su se stesso lentamente mentre delle piccole dita unghiate lo graffiavano lungo tutto il fianco, nella vana speranza di artigliarlo.

Quando finalmente riuscì ad invertire la sua posizione si ritrovò con la stessa mano calda sulla pancia. La prese dolcemente nella sua e la scostò, avvicinandola piano al corpo prono addormentato, al quale apparteneva.

Rey protestò nel sonno, mugugnando qualcosa in una strana lingua, a lui incomprensibile e poi, rigirandosi, si accoccolò in posizione fetale rivolta verso di lui.

Si fermò a guardarla per un po', con tenerezza, ammirando inebetito le sue ciglia lunghe e vellutate, il naso sottile spruzzato di lentiggini, la bocca socchiusa da cui colava un rivolo di saliva. Non aveva mai avuto la possibilità di starle accanto in momenti normali, intimi e studiare le infinite espressioni del suo viso. Era bello sentire il suo respiro leggero, e saperla serena, tranquilla ed appagata.

Gli sfuggì l'ennesimo sorrisino sghembo. Quella piccola insolente e pestifera di una jedi, lo aveva incastrato di nuovo e, questa volta, aveva il serio timore che sarebbe stato per molto molto tempo.

Era stato uno stupido a pensare che sarebbe riuscito a tenerla lontana da lui: due persone unite dal destino si ritrovano, sempre.

E il destino gli aveva impartito una dura lezione che aveva dovuto imparare a sue spese.

Sapeva bene che, nel momento in cui si sarebbe lasciato andare al desiderio disperato che aveva di lei, non avrebbe più avuto il coraggio di separarsene. Per la prima volta, in vita sua, aveva provato l'intensa emozione di fare l'amore con l'unica donna che avesse mai contato veramente nella sua vita solitaria e tormentata. Non era stata solo una violenta e appagante scarica di ormoni, aveva vissuto una seconda prima volta, la fusione completa di corpo e anima, emotivamente coinvolgente, meravigliosa.

Qualcosa finisce. Qualcosa iniziaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora