20° UN DIO

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Penso che credere in Dio sia un atto di poca fede in noi stessi,solo per aggrapparci a qualche altra speranza oltre a noi e agli altri. Fin da piccoli ci mandano al catechismo e ci insegnano che Dio è al di sopra di noi, quello che ci ha salvato e si è sacrificato solo per dare la vita a noi.

Essendo piccoli non riusciamo a capire bene cosa succede, ma possiamo solo osservare per poi ricollegare quei momenti quando saremo più grandi, e avere la capacità di capire e scegliere davvero quello in cui crediamo.

Sono sempre stata dell'idea che credere, non significhi solo pensare e dare il proprio pensiero e speranza ad una persona al di là di noi, ma dare una possibilità a tutto quello che ci circonda, farci domande e scoprire piano piano tutto quello che abbiamo di fronte.
Il fatto di essere stati cresciuti con dei genitori che già dal primo momento ci hanno indirizzato in questa strada, mi fa un po' pensare.
Per mia fortuna la mia famiglia mi ha fatto sempre scegliere, pur essendo piccola ho sempre avuto una mia idea di "credo",seppur sempre minore rispetto ad un'idea che poteva avere un adulto.

Ho solo 15 anni, devo ancora crescere e ho ancora una lunga strada da percorrere, ma sono dell'idea che ormai il "credere in Dio" sia una cosa andata fuori moda, che la maggior parte dei ragazzi prende in giro.Io professoressa, personalmente non credo in Dio, in futuro magari il mio pensiero cambierà e riuscirò a dare una spiegazione logica a tutto questo, per ora credo solo a quello che mi circonda.

Nella mia generazione, il 90% delle epersone pensa a cose che per me sono insignificanti. Al pensare che il giudizio degli altri sia più importante del nostro, l'apparire belli e senza problemi di fronte alla gente così per essere un esempio di perfezione, e il trascurare noi stessi, solo perché ormai quello che pensa la gente di noi è più importante.
A volte mi soffermo e mi chiedo:ma queste cose sono davvero indispensabili?Secondo me la differenza da ieri e oggi, è che ieri, vivevamo per sopravvivere e tenere in vita quello che siamo, non ci preoccupavamo delle cose inutili perché ci serviva solo lo stretto necessario per vivere bene,mentre invece oggi, il sopravvivere è diventata una cosa scontata, perché siamo abituati a fin troppe cose belle, e l'idea di vivere senza quello che abbiamo oggi e a cui siamo abituati ci spaventa.

L'abitudine è forse una delle cose che influisce molto sul cambiamento che può avvenire su una persona o meno, sulle esperienze o perfino negli episodi.

Se pensiamo alla morte di un nostro parente, ecco che entra in scena la tristezza e la rabbia. Ma rabbia per cosa?

Rabbia perché forse volevamo più tempo da passare con quella persona, o rabbia perché non accettiamo il fatto che le cose succedano e basta? E la tristezza?

Siamo così abituati alla presenza delle persone che diventa un'abitudine, e quindi proviamo dei sentimenti verso quella persona, e il non averla più vicino significa abbandonare le proprie emozioni per un evento che è successo, a cui non possiamo nemmeno dare una spiegazione.

In tutto questo, Dio è stato un punto di riferimento per moltissime persone, è stato una salvezza e anche segno di speranza, come se dall'altra parte ci sia qualcuno pronto a salvarci. Su quest'argomento ci sono milioni di teorie e pensieri, e ormai credere in Dio per gli adulti è come sapere che c'è ancora un briciolo di speranza da qualche parte.
Ma la vera domanda è, e se fosse Dio a non credere in noi?

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