XIX - Lick My Ass

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... se ne andò a chiudere la porta evitando d'essere beccati in fragranza, facendomi presagire che da lì a poco, avremmo goduto come mai.

Ritornò e si riinginicchiò. Avevo aperto la zip dei jeans e intanto Stephen me li sfilò di dosso scoprendo le mie grosse chiappe che iniziò a mordicchiare con dei leggeri baci.

Passarono un paio di minuti e De Levis si tolse la camicia e i pantaloni, rimanendo completamente nudo. E così feci anch'io.

Contemporaneamente ci lanciavamo degli sguardi. C'era intesa tra me e Stephan.

Ovviamente lasciai perdere i miei pensieri del tipo: Ma non era etero? L'aveva già fatto prima? Gli piaccio veramente?

Dopo esserci spogliati si riavvicinò al mio culo e afferrò le chiappe una con una mano, l'altra con l'altra mano facendosi spazio.

Mi solleticò l'ano con la punta della lingua e ogni tanto gli dava degli sputi per allargarmelo.

Sentivo il piacere della sua bocca attraversare tutto il mio corpo e trattenersi dall'esalare quelli che sembravano quasi urla (ovviamente di piacere) era impossibile.

Ogni tanto usciva dalla zona anale per sbaciucchiarmi le grosse natiche, facendomi sentire amato.

Le chiacchiere stavano a zero, nel vero e senso della parola. Volevamo goderci quei momenti.

S'erano fatti dieci minuti e Stephen ancora continuava a limonare col mio ano. Inutile spiegare la piacenza di quella sensazione.

Mi schiaffeggiò il sedere facendomi segno di mettermi sulla cattedra, sempre con quel mezzo sorrisetto che a momenti non mi fece innamorare di lui.

Non me lo feci ripetere e eseguìi. Mi "arrampicai" fino ad arrivare alla cattedra con il mio culo verso di lui.

De Levis riprese immediatamente a sbaciucchiarmelo con la sua soffice.

Dopo avermi preparato dolcemente alla penetrazione si alzò e fece per mettere il suo gran cazzo dentro di me.

"Toc-Toc" Merda, proprio adesso...
Aspettavamo finché non avesse perse le speranze e finìi di bussare, ma così non fu.

Ancora nudi, io presi la mia roba e mi nascosi sotto la cattedra; Stephan mise fulmineamente i vestiti in modo un po' trasandato.

Poi si apprese ad aprire la porta, e chi era? Era la bidella che a fine scuola doveva pulire la classe.

"Professore, come mai ha chiuso la porta?" Chiese la bidella a De Levis; Egli gli rispose con tono seccato:

"Avevo deciso di rimanere qua ancora un oretta dopo scuola per correggere gli ultimi compiti, ma ora me ne vado, stia tranquilla"

La bidella annuì e Stephen raccolse la sua borsa e se ne uscì dalla scuola. Prima di prendere la borsa mi sussurrò amorevolmente guardandomi con gli occhi a cuore: "Dan, stai qua finché non finisce di pulire e poi esci, capito?"

Non potetti fare a meno, la bidella era ancora lì. Non aveva sentito nulla, perfortuna.

Mi sentivo tipo "spia" e non nascondo che l'ansia era a mille. Il cuore mi batteva forte. Intanto la bidella iniziò a pulire; passarono circa una decina di minuti.

I dieci minuti più lunghi della mia vita.

Sì apprese a pulire la lavagna e riuscivo a vederla. Stavo sperando il meglio ma mi aspettavo il peggio.
Finalmente se ne uscì dall'aula, lasciando la porta socchiusa. Provavo una forte adrenalina.

Mi rimisi gli ultimi vestiti e uscìi dalla scuola. Ovviamente il bus l'avevo perso, ero un'ora e mezza in ritardo e vedevo migliaia di chiamate perse da parte di mia madre che, non vedendomi tornare a casa, immaginava la catastrofe.

La richiamai e le dissi che avevo avuto ripetizione di Chimica siccome non ero messo bene.

Mia madre ci cascò e si offrì per portarmi a casa; Rifiutai per evitare ulteriori domande che mi avrebbero messo in crisi.

Mi dovevo trovare un modo per tornare a casa.

Un taxi? Non avevo abbastanza soldi; Potevo chiamare David che passava di lì perché poco dopo avremmo avuto allenamento...

Io, Dan - Not The Typical StoryDove le storie prendono vita. Scoprilo ora