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Laila

<<Adesso vattene.>> Dice Josh con tono autoritario al signore.
Non risponde, si limita a prendere la bustina e mettere il cappello per poi andare via.
Appena mi sono assicurata che non tornerà più indietro, inizio a scendere cauta le scale. Poggio la schiena al corrimano e incrocio le braccia al petto, senza smettere di piangere.
Josh sembra avermi sentito perchè si gira, e resta notevolmente sorpreso di trovarmi lì.
<<Laila...>> Dice, ma io lo fermo sono veramente arrabbiata.
<<No. Penso che dovresti dirmi qualcosa>> Dico cercando di mantenere un tono duro nonostante le lacrime.
<<Non devo dirti proprio niente.>>
<<Tu sei, sei...>> Porto una mano in fronte, ma non finisco la frase perchè inizio a singhiozzare.
Josh sembra volersi avvicinare, ma io metto una mano d'avanti come per proteggermi e dico:
<<Non ci provare.>> Lui sembra rabbuiarsi.
<<Ok, Laila. Cosa vuoi che ti dica.>> Adesso urla.
<<Non provare ad alzare la voce con me.>> Anche se ha un'arma da fuoco in mano non ho paura. Mi fido, o almeno mi fidavo.
<<Scusa.>> Si rende conto del suo errore.
<<Adesso raccontami da quando...Oddio sei un tossico...oppure un assassino...>>
Sto uscendo pazza, ne sono sicura.
<<Adesso calmati, ti racconto tutto dall'inizio.>>
Così finalmente inizia, inizia a raccontare la sua storia...

Josh

Inizio a raccontare la mia storia, anche se con difficoltà.

<<La mia vita fino all'età di sei anni è stata perfetta. La mia famiglia era benestante ed era molto unita, i miei genitori si amavano davvero. Diciamo che la mia famiglia era una famiglia da invidiare. Insomma non mi mancava niente: dall'amore ai soldi. Finché mia madre al mio quinto compleanno non si ammalò, la mia vita era cambiata radicalmente. Ormai non c'era più tempo per me. Casa mia era diventata un via vai di medici che provenivano da tutta l'America. Dovevo assistere a continui crolli psicologici sia di mia madre sia di mio padre. Sai per un bambino di cinque anni e mezzo non è il massimo... >> Mi fermo faccio un respiro profondo e continuo.
<<Finché al mio sesto compleanno mia madre morì. Mio padre incominciò a bere, tornava tardi la sera. All'età di sette anni incominciò a picchiarmi e a...>>
Faccio un respiro profondo.
<<A violentarmi, quasi ogni sera. In più iniziò a giocare d'azzardo e tra i soldi delle sue bevute e tutte le partite che giocava perse quasi tutti i soldi. In casa non c'era mai del cibo. Così iniziai a rubare alle case vicine alla mia. Molte di loro mi scoprirono, ma non mi chiedevano mai per quale motivo lo facessi. Mi chiamavano ladro e mi umiliavano. Alla fine del viale c'era una casa, era bellissima. Era l'unica abitazione che non avevo saccheggiato, parola grossa visto che mi accontentavo di un pezzetto di pane. Comunque decisi ugualmente di provare...>> Faccio un sorriso forzato a quel ricordo.
<<Il problema che quella casa aveva l'allarme così appena scavalcai il cancello iniziò a suonare. Mi ricordo anche che avevo cercato di fuggire, ma non ci sono riuscito perchè mi acciuffarono per un braccio. Mi ero preparato per la milionesima umiliazione, ma stranamente mi ero sbagliato. Perché quella signora, della quale non ricordo il nome ma ricordo che sembrava un angelo, non si arrabbiò anzi si inginocchiò e mi chiese gentilmente cosa volessi. Io risposi che avevo fame, così mi portò dentro. Aveva una casa stupenda. Mi fece conoscere anche suo marito e mi diedero da mangiare. Da quel giorno diventarono a tutti gli effetti i miei genitori. Passavo con loro ore e ore. La mia vita era divisa in due: il giorno ero un bambino normale giocavo con delle persone che mi volevano bene e mi rispettavano, mentre la sera a casa mi aspettava l'inferno. Ma mi accontentavo, sempre meglio di niente. Il problema è che durò poco perché al mio decimo compleanno in quella casa scoppiò un incendio dove morirono entrambi i miei genitori adottivi, anche se non lo erano legalmente mi piaceva definirli così...>>
Laila prova a parlare, ma la fermo.
<<Non ho ancora finito...Il problema è che mi incolparono . Ma io non c'entravo niente, dai avevo solamente dieci anni! Accusato di omicidio colposo e piromania. Senza nemmeno accorgermene mi ritrovai sbattuto in un riformatorio. Sai la la vita non è facile, per niente, soprattutto per un bambino di dieci anni. Ma me la cavai, ovviamente da mio padre nemmeno una visita. Per cinque anni rimasi lì, finché al mio quindicesimo compleanno mi venirono a chiamare dicendo che mio padre aveva pagato per liberarmi e aveva già firmato tutte le carte, così mi sbatterono fuori. La prima cosa che avevo fatto era di andare a casa mia, ma la trovai vuota, c'era soltanto uno stupido cartello arrugginito con scritto 'vendesi'. Ovviamente avevo subito capito che in realtà non c'era stato nessun padre che aveva pagato la mia libertà, era una scusa per sbattermi fuori. Probabilmente non era nemmeno qualcosa al cento per cento legale. Vagavo nel mio piccolo paesino dell'Ohio senza una casa in cui andare, quando passavo le persone si giravano e sparlavano credendo che non li sentissi. Un giorno incontrai un ragazzo era un po' più grande di me, aveva diciassette anni quasi subito diventammo amici. Io avevo raccontato tutto della mia vita a lui e viceversa. Un giorno mi disse che aveva incontrato un signore, il quale ci aveva pagato due biglietti per Los Angeles. Praticamente un sogno. Ma non avevo ancora capito che era solo un tranello. Appena atterrati a Los Angeles credevo di essere finalmente libero, ma in realtà non fu così. Lo stesso signore che ci aveva comprato il biglietto diceva anche di averci preso sotto la sua ala protettiva. Ci insegnò a sparare, ci insegnò a distinguere i vari tipi di droga, a uccidere. Insomma semplicemente ad essere criminali. Io mi ero adattato subito perché ero già abituato a quelle atrocità, il mio amico no...>> Sospiro.
<<...Venne ucciso d'avanti ai miei occhi. Ormai ero rimasto da solo, non avevo persone che mi volessero bene, ma soprattutto non avevo la libertà. Fino ai miei diciotto anni quell'anno conobbi Adam, ovviamente diventammo subito amici. Il resto è storia.>> Termino finalmente il mio lungo racconto.

Laila

Come può una persona aver subito tutto questo. Sono completamente scioccata, nonostante ciò decido di prendere parola.
<<Tu hai detto che questo signore ti ha insegnato la criminalità, ma tu hai...insomma...hai mai ucciso qualcuno.>>
Temo la sua risposta anche se so già quale sarà.
<<Si.>> Risponde.
<<Te ne sei pentito? >> Domando guardandolo negli occhi.
<<Tutti i giorni, nessuno escluso.>>
Era questa la risposta che volevo sentire.
Mi avvicino a lui e l'abbraccio scoppiando a piangere. Josh però non ricambia.
<<Devo dirti un'altra cosa...>> Dice con tono dispiaciuto.
<<Cosa?>>
<<Devo sposarmi.>> Dice tutto ad un tratto.
<<Cosa stai dicendo?>> Chiedo scioccata allontanandomi da lui come se mi fossi scottata.
<<È tutto programmati, io non c'entro niente.>> Dice.
<<O mio dio! Tu mi stai tradendo...o stai tradendo lei visto che devi sposare lei.>>
<<Adesso calmati.>> Dice.
<<No, io non mi calmo perchè io la terza in comoda non la faccio!>>
Mi dirigo verso la porta e la sbatto. Me ne vado così con le lacrime agli occhi e il cuore in mille pezzi.

Non sai quanto ti odio Josh Davis.
Non sai quanto ti amo Josh Davis.

Spazio autrice:

Eccomi ritornata con un nuovo aggiornamento. Vi piace. Ecco svelato tutti gli scheletri nel cassetto della vita di Josh.
Domanda importante: Volete il cast dei protagonisti?

A presto,
Maria Pia.

BLACK LOVEDove le storie prendono vita. Scoprilo ora