𝕾𝖕𝖊𝖈𝖎𝖆𝖑

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𝕿𝖎𝖙𝖔𝖑𝖔: 𝕻𝖍𝖎𝖑𝖔𝖘

𝕷𝖚𝖔𝖌𝖔: 𝕿𝖘𝖚𝖒𝖊𝖙𝖆𝖎𝖘𝖍𝖎

𝕻𝖆𝖗𝖙𝖊: 𝕻𝖗𝖎𝖒𝖆

𝕰𝖕𝖔𝖈𝖆: 2000 𝖆𝖓𝖓𝖎 𝖕𝖗𝖎𝖒𝖆

"ha mai provato a chiedere a sua figlia o suo figlio cosa vogliano per davvero?"

-Già, quanto avrei voluto essere ascoltata... esternare i miei pensieri, essere capita, accettata così magari da poter fare finalmente quello che sentivo, così da riuscire a prendere una decisione nella mia vita che non mi si stata imposta. Ma purtroppo non sempre ci sono lieto fini, nessuno verrà a salvarti dalla prigione che risiede in te stessa. Perché? Beh perché semplicemente... la vita non è una favola.-

Questa fu la realtà che dovetti sforzare di accettare fin dal mio primo giorno in questo mondo. A dire il vero non avevo nulla da dover accettare... semplicemente era la mia natura nello spingermi inconsciamente nel portare a termine quelle atrocità senza pensarci, lo facevo automaticamente senza rendermi conto di nulla. Non mi ci soffermavo, limitandomi a portare a termine il compito affidatomi da mio padre, molte volte non guardavo nemmeno in volto delle persone che avrei mietuto, non provavo gusto nel vederli contorcersi dal dolore, non mi divertivo vederli fuggire da se stessi provando a realizzare un altra realtà più dolce e felice di quella che gli era stata destinata. Io non ero come le mie sorelle, questo lo avevo capito fin dalla prima volta che le vidi strappare crudelmente una vita come se fosse un giocattolino incastrato nel foro. Ridevano sguaiatamente, si burlavano ad alta voce dei suoi peccati e lo spingevano sull'orlo della pazzia ascoltando ammaliate le sue terrificanti grida quasi come se fosse una meravigliosa melodia. Li fissavano fino all'ultimo, fino a quando non gli risucchiavano la sola scintilla di vita dagli occhi che avevano custodito gelosamente fino a quel momento mentre si lasciavano andare lentamente oltrepassando il confine. Si leccavano le dita entusiaste dell'operato accogliendo le offerte che gli erano state portate in dono come spazzatura. Strappavano ogni singolo petalo dagli ornamenti, bruciavano le lettere che chiedevano un miracolo purché la loro vita cambiasse. Tutte quelle speranze morivano non appena toccavano questa maledetta landa desolata. Non riuscivo a concepire il motivo per cui gli umani fossero così stolti, come mai si facessero soggiogare così facilmente da qualcuno che non avevano mai visto prima d'allora, affidando a noi tutte le loro gioie. Era stupido, infantile, irragionevole, ineccepibile eppure... gli umani continuavano a sperare nonostante si vociferasse già da tempo ciò che accadeva a chi osava inoltrarsi nel nostro territorio. Possibile fossero così ignoranti da non riuscire a capirlo?

Da loro non riuscivo a ricavare alcun tipo di sensazione, né rabbia, né ardore e neppure gioia durante la fase finale dell'incontro. L'unica cosa che provavo era confusione ed uno strano e fitto senso di nostalgia. 

-Che tipi di fiori sono questi?-

-Semplici narcisi. Ce ne mandano a bizzeffe.-

-Narcisi?-

-Dovresti conoscerli bene visto che la maggior parte vengono inviati a te! Sono il simbolo dell'amor proprio talvolta sfigurato in egoismo. Gli umani sono così sciocchi e sfacciati! Tali offese andrebbero punite con lo sterminio della razza umana!-

Osservai crucciata la curiosa corolla seghettata di un intenso giallo dalla quale spiccavano biondi e lucenti petali dal pregnante odore fitto e stordente. Era da tempo che mi arrivavano fiori di questo genere ma mai mi ero curata del loro aspetto o del loro nome eppure, guardando attentamente quella corona di fiori lo stomaco non faceva che stringersi sempre di più. Conoscevo bene il mio ruolo, sapevo alla perfezione che una Somma Driade dell'amore non dovrebbe mai cedere in trappole del genere, a noi è concessa solo rabbia e disgusto per la razza umana però... a quanto pareva con me la natura non era stata ben fornita. Ero totalmente indifferente a tutto e tutti il che faceva sempre storcere il naso indispettito delle mie sorelle che mi fissavano con disdegno, così come gli occhi delle mie vittime. In loro non vidi mai sofferenza, non come quella che si leggeva nelle ultime lacrime che accompagnavano le prede viscide delle mie sorelle. Loro no... il loro sguardo era duro, severo, quasi come se mi stessero dando la colpa indirettamente di tutto, usandomi come schermo d'odio che si riversasse su tutte loro. Ma ciò non accadeva mai. Tendevo ad assorbire quei fitti sensi di angoscia e rabbia senza condividerli con nessuno, sapendo che sarebbero andati sprecati e perduti per sempre. Non sapevo perché lo facevo, ma in un certo senso non mi facevano sentire così dannatamente sola ed erano capaci di farmi provare qualcos'altro oltre al fitto e sfiancante senso di apatia che mi soffocava gli occhi e la gola dandomi sempre quell'aspetto sconclusionato ed indifferente che tanto faceva di me sembrare la più temibile delle figlie di Fereth. E la cosa iniziava a pesarmi. Non riuscivo a sopportare l'idea di essere vista come "l'irraggiungibile". Ero stufa di vedere quelle vite sfiorire ma continuare a mantenere quella sorta di smorfia sorridente anche secondi prima dell'imminente morte. Volevo sapere perché gli umani fossero così cocciuti, caparbi e come facevano a cambiare così rapidamente le espressioni del viso assumendo delle volte pose strane. Mi attiravano, volevo capire anche io cosa fosse quella strana luce che avevano negli occhi.

𝕺𝖚𝖗 𝕰𝖙𝖊𝖗𝖓𝖎𝖙𝖞 ||𝙱𝚊𝚔𝚞𝚍𝚎𝚔𝚞 𝙸𝚃𝙰||Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora