Capitolo 3

1K 25 0
                                    

«Portalo lo spray anti- zanzare, tesoro. Non si può mai sapere.» Urlò mia madre.
Ero sotto la doccia, canticchiavo poco intonata e cercavo di rilassarmi, ma lei continuava a dirmi cosa portarmi in campeggio, facendo scoppiare persino il borsone.
Quando uscii dal bagno in tovaglia e gocciolante, lei era già scomparsa, così mi vestii.

Oggi sarei andata per la prima volta in gita con la classe.
Se si potevano chiamare gita e classe. Avevo come l'impressione che sarebbe stato complicato, anche solo sopravvivere una notte con quelli lì.
Non parlavo con Lucas da un po', al massimo ci salutavamo. Sam diceva che mi fissava continuamente ed interrottamente durante la lezione qualche giorno prima, mentre Hanna continuava a ribadirmi di lasciar perdere.
Da una parte, sinceramente, non m'importava e quando Hanna m'incitava a smetterla di guardarlo, il mio cervello le dava ragione; dall'altra, invece, Sam aveva ragione. A me importava di lui, anche se in realtà ero stata un po' dura e drastica nei suoi confronti.
Come ben si è capito, non sono mai stata una ragazza capace di farsi sottomettere.

Quando scesi a fare colazione erano tutti seduti a tavola.
Mio padre leggeva il giornale, come al solito, Nate sorseggiava il suo cappuccino e Grace creava una pappamolle di biscotti in mezzo al latte. Disgustoso, oserei dire.
Mi sedetti al mio posto e afferrai il cornetto al cioccolato.
«Nate tua sorella viene con te a scuola.» Fece mio padre alzando lo sguardo.
Annuii a quest'ultimo e spostai poi lo sguardo su mio fratello. Era impassibile.
«NATE!» Lo richiamò bruscamente mio padre. «Ieri notte hai fatto tardi, faresti meglio a smetterla di rientrare la mattina. Dalla prossima settimana c'è il coprifuoco anche per te.» Commentò severo.
«Papà, vedi di non rompere le palle.» Sbottò socchiudendo le palpebre.
Mio padre s'incupì, assottigliò lo sguardo e prese un respiro profondissimo. Tipico segnale d'avvertimento: Rimangia ciò che hai detto o sei morto.
Tanto era sempre così, con Nate nessuno mai se la prendeva. Era il fratello maggiore e l'unico che potesse trattare tutti come volesse. Era ingiusto, incoerente e soprattutto insopportabile.
«Faresti meglio ad andare a scuola, prima che ci ripensi e ti faccia trascorrere il fine settimana sui libri.» Mio padre spostò gli occhiali da vista e si rivolse a mio fratello con tono severo, ma Nate fece finta di non ascoltare. Si alzò molto tranquillamente ed indossò il suo giubbotto. Prese, poi, il borsone ed uscì facendomi cenno di seguirlo.
Mi alzai velocemente, salutai i miei e lo seguii.

Salii in auto e rimasi silenziosa osservando due ragazzi che con passo svelto ma tranquillo si avviavano verso una lussuosissima porsche nera.
Era Brandon. Era davvero lui. Indossava degli occhiali da sole e i suoi capelli alla luce del sole furono attratti con dei riflessi chiari, era spettinato, parecchio, come sempre ovviamente. Tutto ciò però non toglieva il fatto che era sexy, molto.
L'altro, al suo fianco, doveva essere il fratello. Erano di una somiglianza rara, ciò che li distingueva era l'atteggiamento. Brandon sapeva atteggiarsi come se fosse in mezzo ad una grande folla, su di un tappeto rosso, in giacca e cravatta e sotto i riflettori; il fratello, invece, sembrava più sulle sue, abbigliamento sportivo, ma bellezza seducibile.
Era strano pensare che il mio vicino di casa, fosse il migliore amico di Hanna.

Partimmo e li seguimmo, proprio dietro.
«Non sapevo che Brandon fosse il nostro vicino.» Dissi attirando l'attenzione di mio fratello.
Lui mi diede una breve occhiata e continuò a fissare la strada. «Cosa c'è di strano?» Chiese subito dopo.
Alzai le spalle. «Nulla. Era solo una puntualizzazione.» Borbottai.
«Non provarci, non sei il tipo di ragazza che gli interessa.» Commentò con una smorfia antipatica. «Almeno non te lo permetto.»
«Da quando tu mi dici cosa devo e non devo fare?» Sgranai gli occhi. «E poi che m'importa. Non lo conosco, non voglio conoscerlo e non m'interessa. È l'ultima persona con cui vorrei parlare adesso, guarda.» Sbottai sincera.
«Perfetto!» Esclamò svoltando l'angolo.

Arrivammo quando il pullman era già strapieno di gente. Mi preoccupai solo del fatto che ero talmente sola da sentirmi spaesata. Non vedevo né Sam, né Hanna e ciò mi preoccupava. Quando, però, la preside mi spinse e mi costrinse a salire mi ritrovai in mezzo a gente vista solo di sfuggita fra i corridoi, ma nessuna traccia di quelle due.
Così presi posto nei cinque sedili dietro che erano liberi.
Mi nascosi nell'angolino col vano tentativo di rintracciare almeno Sam.
Le mandai un centinaio di messaggi, ma nessuna risposta. Tutto ciò mi rendeva nervosa e non tolleravo la situazione, ma quando vidi salire di fronte a me un gruppo di ragazzi, al cui capo c'era Brandon, il cuore balzò dal petto. Il sangue pulsò talmente veloce e forte che le mie vene sarebbero esplose velocemente. Fece dei sorrisi ammiccanti alle sue fans nei lati e quando si accorse di me corrugò la fronte confuso. Aumentò il passo e arrivato di fronte a me scoppiò a ridere divertito.
«Alzati. Ti puoi alzare bambola.» Disse con nonchalance.
«Sentiamo... per quale losco motivo dovrei?» Chiesi cercando di calmare il mio comportamento peperino. «Non mi sembra che ci sia scritto proprietà Brandon Felton.» Commentai guardandomi intorno.
Continuò a fissarmi curioso e mostrò un sorriso sghembo. «Te lo dirò un'ultima volta...alzati.» Calcò il tono sull'ultima parola, ma tutto ciò non m'intimorì anzi la presi come una sfida.
«Siediti pure, io non mi sposto neanche di un centimetro.» Borbottai tranquilla.

Ostacoli del cuore Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora