Capitolo 25

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Erano passati solo pochi giorni. Roma nell'atmosfera natalizia era davvero fantastica. Le luci, gli addobbi rendevano le strade piene di vita.
La gita stava per giungere al termine ed io stavo trascorrendo i giorni più rilassanti e felici dei miei diciassette anni. Brady si comportava come se ci fossi solo io intorno a lui.
Lo vedevo diverso e tutto ciò mi rendeva la persona più serena al mondo.
Non ci scollavamo un attimo. Eravamo esattamente come due calamite così potenti da far invidia al mondo intero.
Non avrei di certo scordato quella vacanza, sarebbe rimasta impressa nel mio cuore, così come quella foto che Kris ci aveva scattato una sera alla Fontana di Trevi.
Se mi avessero detto prima che dietro quegli occhioni blu si nascondeva un animo così fragile e sincero, avrei combattuto con le unghie e con i denti per far sì che fosse mio.
«Ho ingaggiato un'italiana ieri notte. Vi giuro che ha due chiappe pazzesche!» Dan ridacchiava osservandoci. Eravamo nella nostra stanza, era tarda sera e per quel giorno gli insegnanti avevano deciso di segregarci dentro. A noi, in realtà, non dispiaceva fare due chiacchiere.
Marcus era sdraiato sul letto di Kris e al suo fianco c'era anche Sam. Io ero accoccolata al petto di Brady e il suo cuore non batteva mai in modo regolare. Le sue mani mi accarezzavano, le sue labbra sfioravano il mio capo ogni minuto e mi sentivo quasi in paradiso.

«Credi possa interessarci qualcosa?» Le mani di Brady indugiarono nel mio sedere, mentre i suoi occhi scrutavano curiosi Dan.
«Certo tu massaggi il culo alla Stewart...» rise divertito quest'ultimo, mentre cacciai via il palmo di Brady, che accennò un'espressione vendicativa. «Io massaggio il culo alle altre invece.» concluse.
«Ma invece di osservare le mie mani perché non guardi altrove?» Brady sembrò innervosirsi ed io non riuscii a rimanere seria. Per qualche strano motivo mi sembrava più protettivo del solito e questo mi faceva sentire a casa.
«Dobbiamo parlare per forza del culo di mia cognata?» Tom si fece spazio nel discorso stupendo tutti. Non mi aspettavo di esser denominata in quel modo così prematuramente, ma non mi dispiaceva.
Sorrisi compiaciuta a Tom e gli mimai un grazie con il labiale.
«Se volete parliamo del mio.» Esclamò Kris divertita. I due fratelli la fulminarono con lo sguardo e questo fu ancora più spassoso.
«Io non te lo ripeto più, smettila con queste battute squallide perché mi fai girare il cazzo.» Brady si mise seduto e gli puntò un dito contro con tono minaccioso. Cercai di calmarlo sussurrandogli all'orecchio "se ti calmi, dopo ti faccio un regalo". A quel punto si distese nuovamente, mi osservò e accennò un sorriso sghembo. Mi stampò un bacio veloce sulle labbra ed io nascosi la testa nell'incavo del suo collo inalando il suo meraviglioso profumo.

«Ragazzi non mi sento bene...» Sam sembrò pallida in viso. In un attimo vidi i suoi occhi roteare ed infine chiudersi. Marcus la soccorse velocemente, mentre io e Brady ci precipitammo  dietro gli altri al suo fianco.
«Chiamo qualcuno!» Urlò Brady correndo fuori.
Le diedi due colpetti sulle guance e poggiai un dito sul suo polso. Il suo cuore ancora batteva regolare, ma qualcosa non quadrava.
La preside e due insegnanti soccorsero veloci, facendoci allontanare.
«È incinta Samantha, giusto?» Chiese la preside.
Marcus annuì tenendole la mano. Brady invece acchiappò la mia. Era sudaticcia e sicuramente stavo morendo di paura.
«Dobbiamo immediatamente portarla in ospedale.» disse l'insegnante.

Un'ambulanza arrivò poco dopo, la distesero su di una barella e la portarono via.
Fu il momento più terrificante di tutta la mia vita.
Avevo paura e non riuscivo a pensare tranquillamente.
Kris continuava a balbettare che tutto sarebbe andato per il verso giusto e che non era niente. Hanna non riusciva a stare ferma un attimo e Marcus era immobile di fronte alla finestra.
«Amico.» la mano di Brady si posò sulla spalla di Marcus, «Stai tranquillo, sarà stato un calo di zuccheri.» cercò di rassicurarlo.
Aspettammo per il resto della notte rinchiusi in quella camera. Nessuno fiatava o per lo meno nessuno riusciva chiaramente a pensare che fosse tutto apposto.
Fin quando la preside chiamò al telefono di Brady, che rispose di scatto.
«Sì.. ah.. okay, ok-ay... s-ì.» balbettò lui. Si sfregò una mano sul jeans e socchiuse le palpebre, mentre riagganciava.
Ci osservò serio e poi spostò lo sguardo sull'amico che teneva gli occhi bassi.
«Non dirlo. Non voglio sentirlo dire.» singhiozzò Marcus.
Non volevo crederci. Non era vero. Non poteva esserlo sul serio.
Brady abbracciò l'amico lasciando cadere il telefono sul pavimento e la situazione divenne più tesa che mai.
Sam aveva perso il bambino ed io mi sentivo talmente frustrata da non riuscire a parlare.

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