POV. BRANDON.Mi ero appena vestito, stavo per mettere il piede fuori dalla mia stanza, quando mi accorsi di Kris che aveva fatto lo stesso.
Non mi guardò. Fissò il pavimento e svelta scese le scale.
La seguii più lento e scazzato. Quando fui in cucina, insieme a lei, la osservai attento, ma senza farmi accorgere. Ogni volta che lei si voltava per sistemare il suo lato del tavolo, io, mi guardavo in giro.
Non aveva neanche il coraggio di fissarmi. Era talmente arrabbiata che se l'avessi anche soltanto sfiorata sbadatamente sarebbe saltata in aria e sarebbe scoppiata in una crisi isterica delle sue.
Quando, anche Tom, si unì al silenzio mattiniero, approfittai per spiaccicare una parola.
«Vieni con me a scuola?»
Lui mi guardò di sbieco, portò in bocca un pancakes e continuò a fissarmi, «Sì.» rispose confuso, probabilmente dalla domanda stupida. «Devi fare qualcosa?»
«No, no.» Scossi il capo sincero osservando Kris. Non le avrei chiesto scusa neanche se fosse sceso sulla terra Dio Cristo Onnipotente. Ero talmente testardo ed orgoglioso da continuare a far di testa mia.
«Ragazzi... smettetela, forza fate pace.» Tom portò le mani sui fianchi con fare curioso e ci fissò.
«Fatti i cazzi tuoi.» Rispondemmo in coro.
Per un attimo incrociai il suo sguardo, ma subito dopo tornò alle sue faccende.Arrivai a scuola più nervoso del solito e con nessuna intenzione di affrontare la prima ora.
Mi circondai, come ogni mattina, dei miei amici, mentre mi accorsi che nel gruppetto delle ragazze, poco più distante dal nostro, c'era anche Sam.
Diedi un'occhiata a Marcus che teneva lo sguardo basso, sembrò triste e troppo silenzioso, così, senza pensarci due volte, lo presi in disparte.«Amico... vai a parlare con lei.» dissi dandogli una pacca leggera sulla spalla.
Lui le diede un'altra occhiata, «Non vuole parlarmi e non so neanche cos'ha deciso...»
«Non può prendere questa decisione da sola, è tuo figlio.» quando pronunciai quelle parole mi sentii una fitta allo stomaco. Il mio amico sarebbe diventato padre? Come poteva esser possibile? Per un attimo ripensai a tutto ciò che avevamo trascorso insieme e sembrò andare tutto in frantumi. Poi riflettei su quanto dovesse esser bello e complicato prendersi una responsabilità del genere.
«Secondo lei io non lo voglio, quindi di conseguenza abortirà.» sospirò.
«Tu lo vuoi?»
Prese un respiro profondo e notai le lacrime sui suoi occhi, «Hai mai avuto la sensazione di esser intrappolato in qualcosa più grande di te?»
Annuii senza pensarci, ma quando davanti ai miei occhi passò Emily pensai a quanto fosse complicato starle accanto o starle lontano.
«Bene, io mi sento in trappola e mi sto cagando sotto. Capisci? Non so cosa voglia dire avere un bambino, una famiglia... è una cosa che mi fa salire una paura pazzesca.» Sbottò confidandomi ciò che provava. «Mi sento come se la mia vita fosse finita qui, ma non me la sento di lasciar perdere lei, di lasciar perdere un bambino o una bambina. Mi devo assumere le mie responsabilità.»
«Qualunque sia l'esito io ci sarò sempre per te, bro.» Lo avvicinai con la forza accanto a me e lo abbracciai. Non ero solito farlo, ma sentivo il bisogno di stringere il mio migliore amico fra le mie braccia. «Ascolta, oggi non entriamo... facciamo una cazzata.» Proposi infine.
«Non mi tiro mai indietro, poi potrebbe anche essere l'ultima.» Accettò veloce.C'intrufolammo nell'ufficio della preside e senza esitare trascorremmo tutte le ore lì dentro. Stranamente, lei mancò tutta la giornata e noi ne approfittammo per sporcare al meglio tutta la stanza.
Comodo mi sedetti nella sua scrivania poggiandoci i piedi e sgranocchiando patatine, salatini e porcherie varie e gettando tutto per terra.
Era da tanto che io e Marcus non ci comportavamo in maniera così infantile e mi era mancato.Quando suonò la campanella dell'ultima ora e tutti si rifugiarono in sala mensa anche noi sgattaiolammo lì dentro, sedendo al nostro solito tavolo.
«Dov'eravate?» Chiese Riccardo. Mi ricordai subito di mia sorella e sorrisi beffardamente.
«In giro.» risposi rubando il piatto pieno di patatine a mio fratello.
Quest'ultimo mi fissò sconcertato, «Razza di imbecille ridammelo.» Sbottò sbracciandosi per riaverlo.
«Lo vedi quello?» Indicai biascicando il bancone. «Alzati e prendine altre così le mangio.» scoppiai a ridere.
«Non sei divertente.» Commentò.
«A proposito... ma con la nostra cara Jenny come va? Sei riuscito a fare centro o ancora è troppo prematuro?» Chiesi curioso ed ironico.
Il suo volto rimase impassibile. Mi conosceva troppo bene e preferiva, quasi sempre, non prendersela. Il mio fratellone.
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Ostacoli del cuore
Literatura FemininaCiao ragazzi, questa storia NON è mia. È la storia che una ragazza ha pubblicato su EFP e ho deciso, per motivi di comodità, di trascriverla qui. Ripeto: non è una storia mia. [Dal capitolo 11..] «Stai ammettendo che qualcosa ti spinge a non distan...