Capitolo 21

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Era stato con un'altra. Aveva consumato le sue energie per stare con un'altra.
Non si era neanche posto il problema di come avrei potuto reagire se l'avessi mai scoperto.
Si era comportato come faceva sempre, non aveva un briciolo di dignità e maturità.
Era il bambino di sempre, testardo, orgoglioso e coglione fino al midollo.
Ero così delusa da non riuscire neanche a parlare. Mi aveva completamente stordita.

Mi ero presentata a casa Felton nella speranza di trovare Kris, che, casualmente, aveva il cellulare staccato. Avevo bisogno di parlarle, di esprimere la mia rabbia con qualcuno e quando mi accorsi di quella ragazza distesa nuda sul suo divano, non seppi reagire.

Scesi al piano di sotto e mi preparai un toast, nella speranza di calmare il nervosismo che mi stava prosciugando lo stomaco. Stavo cercando un motivo per pensarci ancora, per rimuginare e per credere, ancora, che qualcosa potesse andare a buon fine tra di noi.
Mi sedetti sul divano, incrociando le gambe e mi ingozzai fino allo svenimento.
Quando il campanello suonò, improvvisamente, mi misi in piedi. Ingoiai ciò che avevo ancora in bocca e aprii la porta disinvolta.
Ciò che mi trovai davanti fu però inaspettato e prontamente chiusi la porta.
Brady la bloccò con una mano e il suo muscolo s'irrigidì subito.

«Aspetta. Fammi spiegare.» Ringhiò.
Caricai tutto il mio peso contro la porta, ma lui fece pressione costringendomi a spostarmi.
«Vattene!» Sbottai.
Lui entrò e socchiuse la porta. «No, lasciami spiegare.»
«Non me ne fotte nulla! Esci e non voglio più vederti.» Aggiunsi fissando il pavimento.
Prese un respiro profondo, passò entrambe le mani sul volto e poi le poggiò sui fianchi, «Non sono pronto. Non sono pronto a diventare ciò che vuoi, okay?» Pronunciò quelle parole come se fossero una liberazione di qualcosa che si trascinava dentro di sé da tempo. Io, però, non gli avevo mai chiesto nulla.
«Non ti voglio più! Mi fai schifo, ti basta?» Urlai disgustata. Trattenni le lacrime e tirai su con il naso.
«Ti faccio schifo? E allora perché piangi?» Avanzò verso di me ed io indietreggiai.
«Brandon vattene o giuro che ti schiaffeggio.» Finalmente alzai lo sguardo ed incrociai il suo. Ero piena di rabbia e disprezzo. Mi rodeva dentro il fatto che lui potesse comportarsi come volesse.
«Non sei la mia ragazza, perché devo rendere a te tutto ciò che faccio?» Alzò le mani in segno di resa e respirò profondamente.
Lo fissai basita, mentre acchiappai una lacrima con un dito. «Sarai sempre la merda più odiosa di tutto l'intero universo.» Sputai veleno arrabbiata e delusa.
«E tu sei la rompicoglioni più sgradevole di tutto l'universo.»
«E allora vattene, vattene!» Esclamai indicandogli l'uscita con un dito.
Morse il labbro, alzò gli occhi sul soffitto e non seppe come reagire.
«Vuoi che me ne vada?» Domandò furente infine tornando a guardarmi.
Scrutai i suoi occhi, erano più azzurri del solito e mi costrinse a rimanere in silenzio distratta. «Sì, te ne devi andare immediatamente.»
«Perfetto.» Deglutì rumorosamente. Indietreggiò e si voltò per uscire.
Poi mi diede un ultimo sguardo.
«Cosa non hai capito della parola vattene?» Sbraitai come una forsennata.
Socchiuse le palpebre e sospirò. «Vai a fanculo, Emily.» Detto ciò uscì.
Però non fui contenta e lo rincorsi. Nessuno mi trattava in quella maniera, tanto meno lui.
«Vaffanculo a chi?» Urlai scendendo le scale velocemente.
Si immobilizzò in mezzo alla strada e strinse i pugni. «Tu, vai a fanculo.» Assottigliò lo sguardo.
«Ti permetti di fare ciò che vuoi, di trattarmi come vuoi, di comportarti come se avessi ancora cinque anni ed è me che mandi a fanculo?» M'irritai ancor più di prima. «Tu sai dove dovresti andare invece? All'inferno, insieme ai tuoi simili.» Fui aggressiva e maligna. A nessuno mai avevo detto tali cose e non avevo mai sputato tanto veleno in vita mia.
«Oh brava, finalmente l'hai capito!» S'incamminò nuovamente verso casa ed entrò.

Non ero mai stata così stronza e cattiva nei confronti di qualcuno, ma non mi pentivo proprio di nulla. Mi sentivo quasi soddisfatta, sapevo che in un certo modo ero riuscita a farlo sentire in colpa. Forse non eravamo poi così diversi.
Avevo scaricato tutta la rabbia che tenevo in corpo e finalmente mi sentivo più leggera.
C'era un solo problema: chi ce la faceva a stargli lontano?

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