Capitolo 1

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2 ANNI DOPO.

SEVERUS'S POV
Finalmente sono a casa. Questa settimana mi ha distrutto.
Sono delle teste di legno. Delle insopportabili teste di legno. Ancora mi chiedo perché ho deciso di fare il professore. Di chimica poi!
Ho sempre avuto un attrazione per questa materia. Mischiare le sostanze tra di loro e vederne le reazioni.
Ah… le reazioni. Quelle che mi piacciono di più sono quelle dei miei alunni quando entro in classe. Mi guardano con occhi quasi terrorizzati. All’inizio mi avevano preso sottogamba, pensavano che fossi come il loro vecchio insegnante; intimorito dal loro modo di atteggiarsi, come fossero dei bulli. Ci hanno messo meno di due giorni a capire che non dovevano scherzare con il professor Piton. Ora mi portano il rispetto dovuto. Non vola una mosca mentre parlo… peccato che nessuno parli neanche quando faccio loro delle domande.
Teste di legno!
Ma ora basta. Voglio solo farmi un bagno rilassante e mettermi sul divano con un buon bicchiere di vino  rosso.

Mi sveglio di soprassalto. Guardo l’orologio, sono le 20. Non ho molta fame; con l’arrivo del caldo estivo l’appetito diminuisce. Però un buon gelato lo mangerei volentieri.  In congelatore non c’è niente. Uff… devo uscire per forza.
Mi cambio, odio uscire di casa in tuta. Opto per una leggera camicia in lino bianca e pantaloni neri. Ai piedi delle Havaianas bianche in tela.
Il sole deve ancora tramontare. Torno dentro a prendere un paio di Rayban.
Mi piacciono queste giornate. Mi mettono sempre di buon umore.
Londra quanto sei bella, trafficata ma sempre bella. Ogni volta che ci passeggio mi sembra di vederla per la prima volta.
E attraversarla mentre si mangia un cono con cioccolato e menta ancora meglio.
Mi fermo lungo il Tamigi a vedere il sole tramontare. Che spetta… ma che diavolo?!?!
“Hei, ti sei fatta male?” dico alla ragazza che sbadatamente mi è venuta addosso.
Lei si sta alzando mentre io sono ancora chinato a raccoglierle il libro.
Cime tempestose.
Mi piace molto, l’ho letto parecchie volte. Diciamo che sono tanti i libri che ho letto. Adoro leggere. Ogni volta vengo trasportato in un mondo diverso.

HERMIONE'S POV
Non so cosa mi stia succedendo ultimamente. Dopo due anni gli incubi che mi tormentavano sono tornati. Ogni notte vedo i suoi occhi neri, gelidi che mi guardano e le sue labbra che si socchiudono per poi dirmi:
“Perché mi hai lasciato solo? Non dovevi farlo! Potevi salvarmi”.
Mi sveglio. Sudata, con le mani che tremano e il cuore che sembra voler uscire dal petto da quanto batte veloce.
Sono due settimane che non dormo come si deve.
Pensavo che trasferirmi a Londra, nel mondo babbano, allontanandomi il più possibile da ogni traccia di magia mi avrebbe aiutata.
È ormai un anno che non metto piede a Hogwarts, Hogsmade o Diagon Alley.  Ogni tanto vado a Grimmauld Place a trovare Harry e Ginny. Ron non lo vedo dalla fine della guerra. È partito per la Romania con suo fratello Charlie a studiare i draghi. Aveva sempre avuto una predilezione per questi. Harry invece è diventato Auror, mentre Ginny è la cercatrice delle Holyhead Harpies.
Io, invece, ho ottenuto il massimo dei voti nei M.A.G.O ma, nonostante il disaccordo di tutti, ho deciso di allontanarmi da quella vita. Volevo tornare a respirare un po’ di “normalità”. Non riuscivo a convivere con tutti gli orrori che avevo vissuto nell’ultimo periodo. Ci è voluto un po’ a spiegare il perché della mia scelta ma alla fine hanno capito e mi hanno promesso che ci sarebbero sempre stati per qualsiasi cosa.
Quindi eccomi qui, a Londra. Lavoro in una libreria, la proprietaria è una dolce signora di circa 70 anni, di nome Rosa, che come dice sempre lei ‘morirà qui dentro, in mezzo ai suoi amati libri’. Ecco il motivo per cui andiamo tanto d’accordo. Abbiamo la stessa passione per questi oggetti “magici” che sono capaci di trascinarti nei più svariati mondi. Ed è questa l’unica magia di cui mi voglio circondare.
Anche per questa sera abbiamo finito. Chiudiamo la porta e dopo esserci salutate andiamo per strade diverse.
Non so cosa avrei fatto senza di lei. Quando sono arrivata ero sola e spaventata. Senza un lavoro. Non sapevo dove andare a vivere. Ho passato un paio di mesi in una stanza di hotel;  nulla di speciale, non mi potevo permettere chissà cosa. Ogni giorno percorrevo le strade di Londra sperando di trovare un qualsiasi lavoro, cameriera, commessa, babysitter. Nulla. Finché, un giorno, eccola lì. Rosa, avvolta in uno scialle che appendeva un foglio alla vetrata del negozio ‘Cercasi aiutate’. Mi sono precipitata verso la libreria e non appena sono entrata mi sono sentita a casa. Dopo aver parlato per diversi minuti, Rosa mi ha preso la mano tra le sue.
“Hermione ti aspetto domani mattina alle 8. Non vedo l’ora di lavorare con te”
“A chi lo dici”.
Un anno che faccio un lavoro che amo, che vivo in una casa tutta mia. Piccola ma molto accogliente. Ovviamente a farmi compagnia c’è Grattastinchi.
Non voglio tornare subito a casa però. È una bella giornata e nonostante siano le 19.30 il sole è ancora alto.
Passeggio fino ad Hyde Park e sedendomi sulla mia solita panchina, un po’ isolata dalla zona più frequentata, mi perdo nelle pagine di ‘Cime tempestose’.
Solo quando il sole inizia a tramontare decido che è ora di rincasare.
Sto camminando lungo il Tamigi, sempre distratta dal mio libro quando vado a sbattere contro qualcosa, o meglio, qualcuno.
Sono a terra dolorante ma mi rialzo.
L’uomo con cui mi sono scontrata è chinato a raccogliere il mio libro. Vedo che sorride leggendo il titolo.
È davvero affascinante.
“Eccolo qua, ottimi gusti”.
Mi guarda con un sorriso porgendomi il libro.
“Va tutto bene? Ti sei fatta male? Hai bisogno di aiuto”. Ora mi sta guardando preoccupato.
Non riesco a distogliere lo sguardo dai suoi occhi, neri.
Neri come la pece ma non sono gelidi. Non più.
Sento che il respiro sta diventando sempre più corto mentre lui continua a scrutarmi.
Finalmente riesco ad abbassare gli occhi e vedo la sua camicia con una grossa macchia di gelato.
“Oddio scusami, non volevo. Guarda cos’ho combinato”.
“Hei, hei, hei… non ti preoccupare è solo una macchia. La lavatrice risolverà tutto. Non agitarti così” mi risponde sorridendo.
L’ho mai visto sorridere in sei anni? No, non credo proprio. Ghignare sì, ma quel sorriso è tutta un’altra cosa.
“Ora devo andare, scusami” dico prendendogli il libro dalle mani ed incamminandomi il più veloce possibile verso casa.
Lui rimane lì, a guardarmi con un’espressione basita.
Severus dovrei essere io quella sconvolta credimi.
Sono io quella sconvolta.

WHAT IF SEVERUS PITONDove le storie prendono vita. Scoprilo ora