Capitolo 5 - Resto qui

1.1K 62 15
                                    

I giorni trascorsero nella routine - se così si può chiamare - di Palazzo Chigi. Io continuavo a dividere l'ufficio con Conte, ed ora che ci eravamo un po' raccontati e studiati a vicenda, mi sentivo decisamente più rilassata in sua presenza. Avevo iniziato anche a prendere confidenza con le riunioni del mattino, facendo interventi e prendendo appunti, e questa cosa era stata notata da tutti, tanto che ricevetti vari complimenti e attestazioni di stima nei miei confronti non solo dai colleghi, ma anche dal ministro Gualtieri che mi prese sotto la sua ala protettiva come farebbe un padre, insegnandomi alcune nozioni di economia, utili per una maggior comprensione del mio lavoro.

Ma più di tutti, potevo leggere negli occhi di Giuseppe Conte quanto fosse fiero di me.

«Se non ci fosse la signorina Conti sarei davvero in crisi: non so come farei a stare dietro a tutto senza un'assistente così. Io quando scrivo a penna i discorsi faccio casino...scrivo, cancello, disegno frecce...se dovessi portarmi quei fogli durante gli incontri, non capirei più nulla... Per fortuna c'è lei che mette ordine...» lo sentii dire un giorno al telefono, mentre parlava con Luigi Di Maio.

Già...quei discorsi scritti a penna.

Ultimamente cominciavano ad essere più del solito, ed anche gli incontri in Camera e Senato, prima più sporadici, ora cominciavano a susseguirsi con una certa regolarità.

Ad inizio settimana, durante la riunione dello staff, Federico gli chiese delucidazioni in merito, ma Conte disse che ne avrebbe parlato quando sarebbe stato il momento, avrebbero dovuto definire qualche dettaglio e sentire i pareri di alcuni esperti. Quel lunedì lo vidi più teso e preoccupato del solito. Eppure non aveva incontrato nessuno dell'opposizione, non aveva ricevuto particolari attacchi dai media.

Decisi che non era il momento di chiedere: una cosa che avevo imparato su di lui è che è un uomo che preferisce riflettere e ponderare bene decisioni delicate, prima di comunicarle ufficialmente. E questo forse sarebbe stato uno di quei casi.

Tutti a Palazzo Chigi però sospettavamo che questa improvvisa tensione riguardasse un nuovo virus che aveva colpito alcune persone tra Lombardia e Veneto, il Covid-19 noto come coronavirus, sconosciuto fino a quel momento e contro il quale non avevamo ancora armi per individuarne cause e sintomi.

Erano già state fatte nel frattempo alcune interviste per giornali e programmi televisivi, ma mai nessuno si sarebbe aspettato ciò che successe nel giro di qualche giorno.


21 febbraio 2020, ore 09:50

Una riunione fiume con l'intero staff è appena terminata. Conte ha tutti i nostri sguardi increduli addosso, alcuni cominciano a commentare la situazione tra di loro preoccupati, altri si guardano intorno come se fossero in un film...è tutto così surreale. Il Presidente dopo il suo discorso, a testa bassa ha cominciato a piegare gli angoli dei fogli davanti a sè come ogni volta quando il nervosismo cominciava a pervaderlo.

Conte: «Dunque vi chiedo un altro po' del vostro tempo, ora parlerò a gruppi con ogni ufficio, per vedere come organizzarci con il lavoro in questa emergenza... Intanto possono avvicinarsi i dipendenti dell'amministrazione...».

Io rimango nel frattempo accanto a Raffaella, Beatrice e Federico: ci guardiamo in silenzio, nessuno ha il coraggio di parlare.

Il coronavirus in pochissimo tempo si stava diffondendo a macchia d'olio in tutto il nord Italia, e i casi cominciavano ad essere molti anche a Roma. Era necesssario prendere provvedimenti per cercare di arrestare questa diffusione improvvisa, che aveva cominciato a causare purtroppo numerosi decessi in varie città della Lombardia e del Veneto. Gli ospedali erano quasi saturi, e il personale sanitario cominciava ad essere sotto pressione.

Il sole torna a splendere || Giuseppe Conte FFDove le storie prendono vita. Scoprilo ora