Capitolo 14

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«Posso?»

Matteo indossava ancora la tuta dell'Inter. Gli allenamenti per lui erano finiti da poco più di mezz'ora.

Appoggiato con la schiena alla spalliera del letto, gli sorrisi mentre veniva verso di me.

«Allora, che è successo?» chiese, apprensivo.

«Eh, tu sai che io... Cioè, ho un... problema» gli spiegai, «e quindi quando vado a letto indosso un attrezzo che monitora i battiti cardiaci. Se sono troppo bassi, in camera da letto suona una specie di allarme, e mamma viene qui col defibrillatore.»

Fece una faccia sorpresa, mentre notava il defibrillatore appoggiato sulla scrivania.

«Beh, qualcuno ci appoggia i libri, qualcuno ci appoggia un salvavita, eh?»

Risi.

«L'abbiamo comprato in estate, diciamo che ne siamo stati costretti. Come sta Giulia?»

Avevo cambiato discorso improvvisamente, e lui se n'era accorto, ma capì che parlare di me mi metteva a disagio, e così decise di assecondarmi.

«Ha avuto sette in geografia, che grande. Sai che ho rotto con Sam?»

Mi piaceva parlare con Matteo. Nonostante ci conoscessimo da pochi giorni, avevamo una grande complicità.

«Sì, è troppo appiccicosa. Pensa che ieri sera mi ha fatto una scenata perché ho allacciato una scarpa a Claudia. Ti rendi conto? Perché le ho allacciato una scarpa!»

«Beh, pensa se mi avesse visto in macchina con te, mentre ti aggiustavo i capelli!»

Era un tipo forte, lui. Capelli castani, occhi verdi, magro con qualche accenno di muscoli. Il classico ragazzo normale.

Giocava a calcio da quand'era piccolo, mi aveva raccontato. Il giorno successivo avrebbe avuto un provino con una squadra locale. Era teso, glielo leggevo in faccia.

Ma, nonostante ciò, aveva trovato il tempo di venire a darmi un'occhiata, per assicurarsi che stessi bene.

«Posso farti una domanda?» mi chiese, timido.

«Spero non si tratti di un prestito.»

«No, solo... perché sei così? Voglio dire, non sei un brutto ragazzo. Sei intelligente, hai un grande senso dell'umorismo. Eppure ti nascondi sempre, da chiunque. Questa tua timidezza è troppo esagerata per essere semplicemente parte del tuo carattere. Quindi, c'è un motivo se sei così? E' successo qualcosa?»

Lo fissavo mentre pensavo a cosa rispondergli.

Nessuno mi ha mai fatto questa domanda.

Lo guardavo negli occhi, e ciò era strano: di solito evitavo di guardare le persone negli occhi. Mi faceva sentire troppo fragile, un po' come se qualcuno avesse potuto leggermi dentro semplicemente osservandomi.

«Perché lo pensi?»

«Non lo so. Però, tipo, ormai è una settimana che vieni in questa scuola. Eppure prima di ieri non avevi rivolto parola a nessuno, tranne che a me. In classe non hai fatto altro che fissare Giulia, quando c'era, scrivere, e tenere lo sguardo basso. Un po' come se avessi paura di poter dire o fare qualcosa di sbagliato. Giusto?»

Sì, esatto. Era giusto, era proprio così che mi sentivo.

«Vedi, Matte, negli ultimi mesi ne ho passate di tutti i colori. E diciamo che non mi sono ancora ripreso del tutto. Io credo che... cioè, non so se mi riprenderò mai.»

Si avvicinò e mi sorrise. Se mia madre fosse entrata, probabilmente avrebbe pensato che stessimo per baciarci.

«Non ti chiedo cos'è successo. Però qualsiasi cosa sia, ormai è passata. Sei qui, lo stai raccontando, ieri tutti ti hanno apprezzato, e oggi si sono preoccupati quando non ti hanno visto in classe. Il tuo problema è che continui a vederti attraverso i tuoi occhi. E i tuoi occhi sono stanchi, ne hanno passate tante, da quanto ho capito. Quindi dovresti provare ad osservarti con i nostri, di occhi, quelli di tutti noi. Noi che ti abbiamo conosciuto solo adesso e non abbiamo idea di come fossero le cose prima.»

«E cosa vedete? Tipo... Giulia, che cosa vede, secondo te?»

«Eh, Giulia è una tipa complicata. L'ultimo anno per lei è stato difficile. Nessuno di noi sa bene cosa le sia successo. Cioè, Sam lo sa, ma non vuole dirmelo. Non credere che per lei i problemi siano iniziati quando è stata investita.

«Per Giulia, secondo me, sei come un gemello. E' una ragazza sensibile, come te, probabilmente ha notato quanto ti sentissi a disagio in classe, ed ecco perché mi ha pressato per convincerti a venire alla festa. Anche se poi alla fine ti sei convinto da solo, ma non è questo il punto.

«Se sono venuto qui, oggi, senza neanche lavarmi via il sudore dai capelli, è perché voglio farti capire che il peggio è passato, anche se non so cosa sia, questo "peggio". E non te lo dico perché voglio che tu ti apra con me, ma... voglio che tu capisca che non sei da solo. Forse a Roma lo eri, ma qui no. E non parlo solo a nome mio. Ci sono venti persone che non vedono l'ora di avere l'occasione di conoscerti meglio. E sì, anche Giulia non vede l'ora.»

«Lei che... che problemi ha avuto?»

«Ah, bene, ignora pure tutto il mio discorso strappalacrime. Che ingrato! Comunque non lo so, l'anno scorso rischiava la bocciatura, aveva fatto troppe assenze, ma non so perché.»

«Forse c'entra qualcosa la sua...»

«La sua lingua bianca? Eh, non credere di essere l'unico ad averla notata.»

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