63. UN NUOVO INIZIO COI BOTTI

168 20 17
                                    

MARTA
«Dottore, si sta svegliando!» sento la voce di mia madre urlare.
Cerco di aprire gli occhi lentamente ma faccio fatica, come se pesassero. Tutto intorno a me è offuscato e la sagoma di mia madre seduta sul letto accanto a me è poco chiara ma riconoscibile non solo per via della voce, ma anche per come mi accarezza dolcemente il viso. Ha sempre fatto così con me, fin da quando ero piccola. Ogni volta che ero triste, abbattuta o arrabbiata mi consolava coccolandomi e stringendomi forte a lei.
La sento piangere, così decido di dire con le uniche forze che posseggo al momento che sto bene, anche se non è così. Ho un fastidioso dolore alla testa, come se qualcuno stesse battendo un martello ininterrottamente.
«Amore, stai bene? Ci hai fatto spaventare tantissimo. Io e tua madre abbiamo cercato di raggiungerti il prima possibile, scusa se siamo arrivati solo qualche ora fa, ma siamo stati colti alla sprovvista e, presi dal panico, abbiamo cercato di fare più in fretta che potevamo» mi dice mio padre. Lui, a differenza di mamma, cerca sempre di mantenere il sangue freddo nelle situazioni orribili. È consapevole del fatto che sua moglie si agita moltissimo, e per questo si fa forza anche per lei, ma so che in fondo è preoccupato.
«Sto bene papà, stai tranquillo.»
Bussano alla porta, e poi vedo entrare un medico dalla statura alta e robusta e dai capelli grigi.
«Ben svegliata signorina, come si sente?» mi chiede serio, quasi come fosse un robot.
«Rintontita, ma bene.»
«È normale, ha preso una bella botta alla testa» mi dice, e solo ora mi rendo conto di avere una fascia intorno al capo.
«È grave?» chiedo preoccupata toccandola.
«No, stia tranquilla. Le abbiamo solo dovuto dare qualche punto. Adesso le farò qualche visita di routine. Dopodiché, tra un'ora, andremmo a fare la TAC per un maggiore controllo e poi vedremo come procedere.»
Adesso mi sento un po' più tranquilla, anche se l'idea di essere messa in quel tubo al buio mi spaventa un po'. Improvvisamente però, l'ansia per la TAC viene sovrastata dal ricordo di Daniel disteso a terra, immobile e ricoperto di sangue. Il momento dello sparo ritorna immediatamente a galla, suscitando in me un senso di nausea e disperazione.
«Papà, dov'è Daniel?» dico cominciando a piangere a dirotto. Il cuore inizia a battere a mille. Mi sento tremendamente in colpa. È a causa mia se ho rovinato il capodanno a tutti, è a causa mia se è uscito dalla discoteca, ma soprattutto è a causa mia se rischia di morire. Ha fatto da scudo umano al mio corpo e ha sacrificato la sua vita per salvare la mia. Vedo i miei genitori che si guardano senza dirmi nulla. Inizio a tremare di paura. Non voglio sentirmi dire quello che sto pensando, non voglio.
«Dov'è mamma?!» richiedo disperatamente non udendo alcun tipo di risposta e poi, dopo aver sospirato, mi rispondono.
«È stato in la sala operatoria per quasi cinque ore. Ha dovuto subire un'operazione alla spalla per poter estrarre il proiettile ed una per un trapianto di rene. Fortunatamente i medici sono riusciti a trovare un donatore disposto a farsi operare immediatamente. Adesso è in coma farmacologico, bisogna solo aspettare per vedere come si evolverà la situazione.»
«Trapianto di rene? Gli hanno sparto due volte?!» chiedo disperata. Non ricordo di un secondo sparo. Sono confusa.
«Adesso stia calma» mi dice il medico. Ma come posso stare calma?
«Il mio ragazzo sta rischiando la vita, è stato sotto i ferri per ore mentre io qui in un letto di ospedale ed ha il coraggio di dirmi che devo stare calma? Ma si rende conto di quello che sta dicendo cazzo!» sbotto senza ragionare. So che non è colpa sua, come potrebbe esserla? Sicuramente non sapeva che altro dirmi, ma avrei preferito che fosse rimasto in silenzio anziché sparare questa stronzata.
Lo fisso mentre mi guarda senza dire una parola, per poi coprirmi gli occhi e iniziare nuovamente a piangere. Mia madre mi abbraccia senza dire nulla. Obiettivamente non ci sono molte parole per ciò che è successo, sembra un film, un orribile film dalla trama drammatica.

Bussano alla porta.
«Avanti» risponde il medico.
Vedo due carabinieri che, dopo aver salutato cordialmente tutti, chiedono il permesso di entrare.
«Salve signorina Pietra, avremmo bisogno di farle qualche domanda. Se la sente?» mi chiede il più anziano dei due. Annuisco senza dire nulla.
«Stia tranquilla, siamo qui solo per aiutarla. Faccia un bel respiro e ci racconti tutto. Ripercorra quel momento. So che può essere difficile per lei - dice vedendo le lacrime bagnarmi gli occhi e graffiarmi il viso - ma abbiamo bisogno di qualunque dettaglio per poter identificare e arrestare il colpevole.»
«Avete parlato anche con i suoi amici? - chiede mio padre. - Magari anche loro hanno visto cose che a lei possono essere sfuggite.»
«Sì, abbiamo finito di interrogare tutti poco fa.»
«Sono qui?» chiedo agitata.
«Si signorina, tutti. Non si sono allontanati dall'ospedale neanche per un minuto. È circondata da ottimi amici» mi risponde sorridendo. In qualche modo è riuscito a sollevarmi il morale, per quello che poteva.
È stato davvero gentile da parte loro. Anzi, appena finirò di raccontare tutto ciò che ricordo di ieri sera li farò entrare immediatamente.
«Allora...incominci dall'inizio.»
Afferra un taccuino e, dopo aver fatto partire il registratore, inizio.

GREEN EYES. A new start. Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora