1) Intro: Singularity

1.4K 50 3
                                    

Mi ritrovai con la faccia attaccata all'asfalto, un ginocchio che mi faceva male, io che non ci avevo capito niente e la mia spesa sparsa a terra.

A nessuno importava che io fossi caduta e mi fossi sbucciata un ginocchio, sembrava come se a Seoul succedesse tutti i giorni che una straniera che si era trasferita da un solo giorno, cadesse e si facesse un male cane.

Io non volevo nemmeno stare in quella città, non lo avevo chiesto, come non avevo chiesto di andare a fare la spesa e cadere.

Mia madre, mio fratello ed io ci eravamo trasferiti dopo il divorzio dei miei genitori.

Lei aveva deciso che sarebbe stato meglio cambiare completamente vita e andare in Corea, a Seoul; così prendemmo un aereo ed atterrammo qualche centinaio di chilometri dopo.

Mamma aveva pensato a tutto, voleva ricominciare tutto daccapo e ci era riuscita davvero bene.

Aveva insegnato il coreano sia a me che ad Ian, mio fratello, ed ora lo sapevamo parlare quasi come l'inglese.

Aveva anche comprato un appartamentino decente nel centro di Seoul cosicché avessimo tutto a portata di mano.

Si era sistemata in un'agenzia immobiliare senza alcun problema: aveva avuto molte esperienze lavorative e aveva moltissime lauree.

Ci eravamo trasferiti in quella città in piena estate, quindi io ed Ian non andavano a scuola ma l'anno dopo sarei dovuta andare al liceo mentre mio fratello sarebbe andato alla scuola media.

Naturalmente mia madre non aveva chiesto nulla né a me né a mio fratello e aveva fatto tutto di testa sua anche perché probabilmente sapeva che se ci avesse chiesto un parere saremmo stati profondamente contrariati all'idea.

Avevo lasciato tutto e tutti per andare in quella megalopoli piena di stronzi che se cadi a terra e ti spacchi la testa non se ne accorgono nemmeno e di sicuro non era un pensiero che mi faceva stare serena.

Mi alzai dall'asfalto, mi pulì i vestiti, sbuffai sonoramente e cercai di raccogliere quella poca spesa che era ancora intatta e ricominciai a camminare verso casa.

Non riuscivo a credere che mia madre mi avesse fatto una cosa del genere e mi avesse rovinato la vita in quel modo.

Aveva pensato così tanto a se stessa e al modo di dimenticare papà che aveva ignorato completamente di avere due figli, capaci di intendere e volere, con delle opinioni e delle emozioni e ci aveva trattato come degli oggetti.

Tutti quei pensieri mi facevano innervosire davvero tanto e quando ero nervosa gli occhi mi diventavano lucidi e rossi e delle gocce di acqua salata iniziavano a rigare il mio viso, processo anche comunemente chiamato: crisi di pianto.

"Zoe rilassati, respira profondamente e calmati" Cercavo di ripetermi senza molto successo.

Quelle stupide goccioline continuavano a solcare il mio viso e non sapevo come farle smettere.

"È ANDATO DA QUELLA PARTE!"

"SEGUIAMOLO RAGAZZE!"

Mi voltai per capire da dove venissero le voci e mi trovai davanti un gruppo di ragazzine impazzite con dei cartelloni in mano con scritto qualcosa di difficilmente comprensibile dato che non riuscivano a stare un secondo ferme.

Probabilmente erano delle fangirl con gli ormoni a mille in cerca di qualche Idol coreano, di cui naturalmente non conoscevo alcun nome: la musica k-pop non era minimamente nel mio repertorio musicale e non mi sarei mai aspettata che un giorno ne avrebbe fatto parte.

Continuai per la mia strada facendo finta di nulla, zoppicando un po' a causa del mio ginocchio e con un grande mal di testa a causa della caduta.

Poco più avanti entrai in un vicolo che mi avrebbe portato nel nuovo appartamento e vidi un ragazzo con degli occhiali da sole neri, una mascherina dello stesso colore, vestito in modo un po' troppo elegante per quel vicolo e con un cappello simile ad un basco in testa da cui uscivano delle ciocche ondulate e corvine.

All'inizio credetti che fosse un boss di una qualche banda mafiosa coreana ma poi la sua espressione impaurita appena mi vide mi fece scartare quell'opzione.

"Ti prego non urlare! Posso cantarti una canzone se vuoi, farti un autografo, fare una foto con te, ma non urlare e non chiamare le tue amiche"

Mi disse, naturalmente in coreano, letteralmente pregandomi con le mani congiunte e in ginocchio davanti a me.

Era una situazione imbarazzante ed esilarante per due motivi: primo perché non sapevo di cosa stesse parlando o chi fosse lui, o perché avrei dovuto volere un autografo da lui o perché fosse in ginocchio a pregarmi di non urlare; secondo perché avevo un ginocchio sbucciato, delle buste della spesa rotte, i pantaloni strappati, una ferita in testa e gli occhi gonfi di lacrime che mi facevano sembrare una tizia riuscita a sopravvivere ad un'esplosione nucleare.

"Non voglio urlare, non ho amiche e non voglio un tuo autografo" gli risposi in modo freddo.

"Aspetta... Tu non sai chi sono?" Chiese lui molto sorpreso, dopo essersi alzato in piedi.

"No. Non ti ho mai visto in vita mia"
Risposi con lo stesso tono di prima.

Lui si tolse gli occhiali da sole, mi guardò con gli occhi spalancati e cercò di inquadrarmi. Notai che mi stava fissando gli occhi in modo insistente e questo mi metteva un po' in suggezione.

"Tu non sei coreana vero?"

"No."

"E non hai mai sentito parlare dei BTS giusto?"

"No."

"Bene allora sono apposto" affermò tirando un sospiro di sollievo.

Si guardò intorno, poi mi prese per un braccio e mi portò in un vicolo ancora più deserto di quello.

Una volta arrivati lì si tolse la mascherina ed il cappello e sorrise.

Sicuramente per tutto il giorno che avevo trascorso a Seoul non avevo mai visto un ragazzo così bello.

Aveva degli occhi scurissimi come tutti gli altri asiatici ma la loro forma aveva qualcosa di affascinante.

I capelli ondulati e neri coprivano leggermente gli occhi ma questo ti costringeva a cercare tra le ciocche di capelli, per trovarli, quindi diventavano più interessanti.

"Sono Taehyung, piacere di conoscerti" Mi porse la mano.

"Zoe, piacere mio" gli strinsi la mano, continuandolo a fissare negli occhi.

Evidentemente era l'Idol che quelle ragazzine stavano cercando e inseguendo.

Non capivo perché fosse uscito senza una guardia del corpo o qualcuno che avrebbe potuto aiutarlo se fosse successa una cosa del genere.

"Sarò diretto con te. Mi serve il tuo aiuto"

A quella frase mi stupì un po' perché non capivo come avrei potuto aiutare una star coreana, a me sconosciuta, in un paese a me sconosciuto ma decisi comunque di ascoltare la sua richiesta.

방탄 노래방(Karaoke Bangtan)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora