Capitolo 39

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Percepivo qualcosa di morbido sotto il mio corpo, totalmente in contrasto col pavimento putrido su cui mi ero ritrovata fino a poco prima.

Vedevo solo nero, ma mi resi conto solo poco dopo che fosse perché avevo ancora gli occhi chiusi. Dovetti provare con tutte le mie forze ad aprirli, prima di riuscirci davvero. La luce mi accecò per qualche istante, non riuscivo a mettere bene a fuoco il posto in cui mi trovavo. Quando finalmente ci riuscii, la prima persona che vidi fu mia madre, seduta al fianco del mio letto, e con la fronte poggiata sul materasso. Con quel poco di forze che avevo, riuscii a sollevare la mano per poggiarla sulla sua testa, accarezzandola piano. Lei sussultò in un primo momento, prima di alzare il viso. Aveva gli occhi gonfi, completamente svuotati di qualsiasi emozione, e delle profonde occhiaie nere a contornarli. Ma quando si rese conto che avevo aperto gli occhi, riuscii a scorgere un luccichio di speranza.

"Cris, piccola mia." Sussurrò, alzandosi in piedi. Si fiondò su di me, stringendomi tra le sue calde braccia. Le lacrime iniziarono a cadere dagli occhi di entrambe, io non seppi esattamente perché. Forse perché, finalmente, mi sentivo di nuovo a casa, tra le braccia che da sempre mi avevano protetta, nel luogo più sicuro in cui mi potessi trovare; o forse perché tutto quello mi aveva reso fin troppo emotiva. "Sono così felice che tu sia sveglia." Mormorò sulla mia spalla, prima di allontanarsi. Mi accarezzò il viso e sorrise piano, un sorriso appena visibile. "Stai bene?"

Annuii; mi sentivo completamente indolenzita e dolorante, ma questo lo tenni per me. Serrai gli occhi quando dei flashback passarono nella mia mente: ricordai Thomas, le sue mani su di me, il mio strisciare verso la porta prima di perdere i sensi. Il mio cuore accelerò immediatamente, quando mi ricordai di Cher e Carter.

"Carter come sta? E Cher?" Le chiesi, in un sussurro. Mi sembrava di non avere più voce.

Mia madre serrò le labbra, cercando chiaramente di non piangere. Continuava ad accarezzarmi il viso, ma il suo sguardo sembrava essersi perso di nuovo. "Stanno bene." Mormorò solo. Poi tirò su un sorriso, stringendomi la mano. "C'è qualcuno che vorrebbe vederti."

Il pensiero che fosse Andrew mi spinse a sorridere senza che neanche me ne rendessi conto. Annuii, pregandola con lo sguardo di farlo entrare. Avevo un tremendo bisogno di lui, ma come allora.

Così mia madre uscì dalla stanza, e dopo qualche minuto, lui entrò. Sembrò quasi incredulo di vedermi sveglia, mentre si precipitò verso il mio letto. Teneva le mani ferme a mezz'aria, quasi avesse avuto paura di toccarmi senza farmi male. Scoppiai a piangere senza neanche rendermene conto, afferrandogli la mano e spingendolo verso di me. Andrew mi circondò immediatamente con le sue braccia, mi aggrappai a lui come se fosse la mia unica salvezza in quel momento.

"Mio Dio, Cris." Mormorò sulla mia spalla, stringendomi un po' più forte. Ebbi una fitta allo stomaco, ma non ci badai, perché finalmente ero di nuovo tra le sue braccia. "Stai bene." Un singhiozzo gli scosse il petto, con quel po' di forze che avevo lo strinsi più forte. Affondai col volto nel suo collo, mentre mi liberai in un pianto silenzioso. Tutto quello che avevo vissuto mi sembrava quasi surreale, come se non lo avessi vissuto davvero.

Sentii le sue mani accarezzarmi dolcemente i capelli, prima di allontanarmi per potermi guardare negli occhi. Afferrò il mio volto tra le mani e poggiò la sua fronte alla mia. Inalai il suo profumo, appena percepibile, e riuscì a riempirmi il cuore.

"Cris, non vorrei chiedertelo, davvero." Mormorò. Raccolsi le lacrime sulle sue guance e lasciai un bacio su ogni suo zigomo, passando poi una mano tra i suoi capelli, più disordinati del solito. "La dottoressa dice che-" si bloccò, deglutendo rumorosamente "-che sul tuo corpo ci sono chiari segni di violenza."

Sussultai a quell'affermazione, e quasi istintivamente mi allontanai da lui, tornando di nuovo completamente stesa a letto. Abbracciai i miei fianchi con le mie esili braccia, provocandomi una dolorosa fitta allo stomaco. "È stato ancora lui, vero?"

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