Capitolo 32

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Il mattino seguente, non mi svegliai a causa della sveglia. Il mio materasso si alzava ed abbassava di continuo, come se un dinosauro ci stesse saltando sopra. Quando aprii gli occhi, capii non fosse un dinosauro: era Cher.

"Qualcuno oggi compie diciannove anni, o sbaglio?" Chiese, con un sorriso a trentadue denti.

«Che?»

Corrugai la fronte, e presi il telefono per vedere che giorno fosse. Spalancai la bocca quando notai avesse ragione. Era il sedici gennaio, il giorno del mio compleanno. Ed anche di Carter, ovviamente. Come aveva fatto a passarmi completamente di testa? Forse perché con tutto quello che stava succedendo nella mia vita, il mio compleanno era l'ultima cosa a cui pensavo.

"Tanti auguri brutta e piccola troia costipata." Disse, stritolandomi tra le sue braccia. Si, io e Cher dimostravamo il nostro affetto attraverso insulti. Non era forse quella una vera amicizia?

"Grazie, stronza." Sussurrai, tra i suoi capelli, e stringendola di più a me.

"Sei pronta per il grande festino?" Chiese, quando si divise da me. Batté le mani emozionata ed io la guardai come se le fossero cresciute tre teste. "Che festino?"

"Carter ha organizzato qualcosa." Mi informò, ed io alzai gli occhi al cielo. Una festa era l'ultima cosa di cui avevo bisogno. "Oh, andiamo. Domani è domenica ed è un giorno di riposo. E poi sai tutto, non devi preoccuparti degli esami."

"Ma non ho voglia." Sbuffai, chiudendo la mia testa sotto il cuscino. E poi, quale compleanno migliore se non quello passato con una bottiglia di vino ed un abbonamento di Netflix?

"Ne riparleremo quando ti costringerò, ora non ne ho le forze." La mia amica mi liquidò con un gesto della mano. "Andiamo da tuo fratello, su."

Annuii, e mi misi all'impiedi. Cher si aggiustò la chioma che aveva al posto dei capelli, io mi avviai direttamente alla porta. Tanto dovevamo andare nella sua camera, non avevo bisogno di aggiustare il mio aspetto, anche perché Carter mi aveva vista in condizioni peggiori. Anche Andrew, a dire il vero.

Quando fummo fuori la porta della stanza di Carter e Andrew, contammo fino a tre, prima di iniziare a martellare con i pugni contro il legno. Volevamo farli sobbalzare dal letto, nella mia testa immaginavo la scena e me la ridevo come una dannata.

Ad aprirci la porta fu un Andrew adirato, con i capelli scombinati e due profonde occhiaie. Aveva i postumi e noi non glieli avevamo resi facili. "Si può sapere quali problemi vi affliggono?" Guardò prima la mia amica, poi me. Arrossii immediatamente, ricordando di me, stesa su di lui, la sera precedente, e del bacio che ci eravamo dati. Il cuore mi martellava nel petto con insistenza, e avevo fatica nel respirare.

«Sono completamente andata.» pensai.

"Levati di mezzo, Evans." Cher lo spintonò a lato, e corse sul letto del suo fidanzato, che la guardava come fosse una psicopatica. Io rimasi immobile, sull'uscio della porta, a torturare le mie povere mani. Poche volte in vita mia mi ero sentita così in imbarazzo alla presenza di qualcuno.

Andrew mi guardò, inclinando la testa di lato. Poi sorrise, sollevando un angolo della bocca. "Diciannove anni di stupidità, non posso crederci." Mormorò.

Io alzai gli occhi al cielo, spingendolo dal petto. "Pensa al tuo unico neurone e a quanto si senta solo, Evans." Borbottai, cercando di sorpassarlo per dirigermi da mio fratello, ma lui me lo impedì. Afferrò il mio polso e mi spinse contro il suo petto, stringendomi tra le sue braccia.

"Auguri Cris." Sussurrò al mio orecchio. Sentii il battito del mio cuore perfino nelle mie orecchie per quanto fosse forte, mentre gli circondai le spalle con le mie braccia, così esili in confronto alle sue.

Born to be yoursDove le storie prendono vita. Scoprilo ora