Capitolo primo

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Cinque anni dopo

La lingua incastrata tra le labbra raccolse il sapore salato del sudore che mi colava sul viso mentre, con un calcio sgraziato, spalancai la porta in fondo al corridoio.

Brandy mi sguisciò tra le gambe, facendo traballare la pila di scatoloni che portavo in braccio e che mi coprivano la visuale.

Sgranai gli occhi, barcollando a destra e a sinistra «Cazzo, Brandy!» sgridai irritata la mia pittbull di 6 anni «Ma ti pare modo?!»

Lasciai cadere i pacchi subito dietro la porta di quella che sarebbe stata camera mia, ignorandone uno che si era strappato, riversando il contenuto di cianfrusaglie sul parquet scuro.

La luce dorata del tardo pomeriggio entrava da una grande finestra alla mia sinistra e inondava la stanza quasi vuota con le pareti bianche. Alla mia destra si apriva la porta del bagno e della cabina armadio, e al centro della parete in fondo era già stato montato il mio letto.

Fulminai Brandy, ma lei fece finta di nulla salendo sul materasso spoglio e, dopo aver fatto innumerevoli giri su se stessa, si mise comoda al centro. Finalmente mi degnò della sua attenzione, solo per guardarmi con la testa inclinata e un solo orecchio alzato.

Non riuscii a trattenere un sorriso, sentendo l'irritazione scivolare via inerme davanti allo sguardo che mi porse.

Fottuti occhioni da cucciolo.

Con il cuore sciolto e le mani sui fianchi mi avvicinai a lei «Ma io che devo fare con te? Me lo vuoi dire?» finsi di rimproverarla, ma nessuna delle due credette al tono burbero e ridicolo della mia voce.

Le presi il muso tra le mani e piantai un bel bacio a schiocco in mezzo ai suoi occhi dorati, proprio su quella macchia bianca a forma di diamante, l'unica su un manto completamente nero.

Con uno scatto mi leccò la faccia e io scoppiai in una risata, Brandy mi aveva salvato la vita e non riuscivo mai a sgridarla, qualsiasi cosa combinasse.

«Scar!» urlò Mary dal piano di sotto «Non menarti via, non hai finito!»

Sospirando e reprimendo il mio odio viscerale per i traslochi, andai verso la porta dopo aver battuto la mano sulla coscia due volte.

Si poteva dire tutto di Brandy, tranne che non eseguisse i comandi alla lettera. Infatti abbandonò subito il suo giaciglio per seguirmi sulle scale.

Trotterellammo giù per i gradini fianco a fianco e colsi la nostra immagine nello specchio appeso alla base della rampa.

Il mio corpo asciutto era nascosto sotto una maglia dei Nirvana decisamente troppo grande per me, ed i pantaloncini di jeans sbucavano a malapena sotto l'orlo, facendo intravedere solo qualche filamento azzurrino che mi solleticavano sempre le cosce poco abbronzate.

La chioma bionda mi ricopriva le spalle arrivando fino allo stomaco ed era indomabile dopo il viaggio, mi stava facendo sudare, cosi sbuffai e mi tolsi l'elastico dal polso, tentando di legarli in una coda alta semi decente.

«Eccomi, generale maggiore Moore.» presi in giro Mary, che rispose al mio saluto militare con una semplice occhiata tra l'esasperato e il divertito.

Ah, quella donna mi adorava, non poteva negarlo.

La mia tutrice sorvolò sui miei modi solo per ricominciare a impartire ordini ai ragazzi della ditta di traslochi, facendoli girare come palline da flipper per tutta la casa.

Si sistemò i ricci corvini e riprese a infilare i piatti nella credenza della cucina, prima di venire interrotta da Brandy che, speranzosa e adorabile nella sua ingenuità, si alzò su due zampe e per scandagliare il bancone in cerca di cibo.

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