Lo guardo giocherellare col suo mantello mentre imbarazzato si guarda i piedi.
«sei tu» sussurro cercando di non sorridere troppo.
«si» afferma schiarendosi la voce «sono venuto per chiederti di smetterla di importunare Jason» mi guarda incerto.
«e tu come sai che l'ho importunato oggi?» lo guardo con un sorriso soddisfatto.
«me lo ha detto!» afferma rigido prima di distogliere lo sguardo da me.
Mi avvicino cautamente fino a ritrovarmi a pochi centimetri dal suo visto «non hai bisogno di nasconderti da me» soffio sulle sue labbra fissando i miei occhi nei suoi.
Quegli occhi, quei bellissimi occhi che riconoscerei fra tanti, in quegli occhi potrei affogarci.
«I-io n-non» balbetta.
Porto le mani sul suo viso accarezzandogli la mascella con i pollici e la mia attenzione si focalizza sulle sue labbra, Dio solo sa quanto desidero un suo bacio.
Lentamente comincia ad avvicinarsi alle mie ed è solo quando sta per sfiorarle che porto le mani dietro la nuca e comincio a slacciare la maschera.
«non posso» sussurra ad un centimetro dal mio viso e subito le sue mani sono sopra le mie.
«perché?» chiedo fissando i suoi occhi che scrutano attentamente i miei.
«perché non posso» sospira ma senza spostarsi neanche di un millimetro «non voglio metterti in pericolo»
«non mi succederà nulla» continuiamo a fissarci per lunghi istanti.
Libera le mie mani dalle sue permettendomi di finire quello che ho iniziato.
«Jason» sussurro felice di non essermi sbagliata, felice di essere con lui, felice perché finalmente si è fidato di me e mi ha rivelato una parte importante della sua vita.
Non appena finisco di pronunciare il suo nome elimina del tutto la distanza che c'è fra noi poggiando le sue morbide labbra sulle mie.
È un bacio lento, incerto e delicato.
Ha un sapore di menta che si sposa benissimo col profumo di muschio che m'invade non appena è vicino.
Non vorrei smettesse mai di farlo, vorrei continuasse all'infinito, vorrei perdermi in quel bacio che però è lui ad interrompere «non posso» sussurra ed ora è decisamente troppo lontano da me.Non faccio in tempo però a chiedergli il perché e a rassicurarlo sulle sue paure che un esplosione attira la nostra attenzione.
Non è molto lontana e dalla mia finestra è possibile capire perfettamente da dov'é che proviene.
Velocemente raccoglie la maschera da terra e corre via.
Resto qualche minuto a guardarlo andare via correndo e saltando sui vari tetti, quando però scompare una sensazione di vuoto mi pervade ed istintivamente scendo veloce le scale, apro la porta e non curante delle urla di mio padre corro via, verso l'edificio ora in fiamme.Dopo svariati minuti e una destinazione che sembrava non avvicinarsi mai, mi fermo.
Quello che vedo è terribile, persone di ogni età ferme non troppo lontane dall'edificio appena esploso tossisce ricoperta di cenere, sangue e innumerevoli ferite.
Cerco allarmata Jason avvicinandomi sempre di più alle fiamme, anche quando il calore comincia a scottarmi non mi fermo e continuo ad avanzare.Mi blocco quando da quello che una volta doveva essere l'ingresso vedo uscire Jason che porta in braccio un uomo incoscente, mentre alcuni dei vigili del fuoco provano a placare le fiamme, altri si avvicinano a lui prendendo e portando al sicuro l'uomo che aveva in braccio.
Lo vedo tossire continuando ad avvicinarmi ma è solo qualche istante, che lui scompare nuovamente fra le fiamme.
Continuo a cercarlo con gli occhi senza risultato ed è solo quando un uomo mi afferra per allontanarmi da lì che noto un bambino seduto per terra sotto una trave che sta per cedere.
Provo ad urlare per avvisare l'uomo ma la mia voce non riesce a sovrastare le urla della folla.
Quando la trave si spezza e comincia a precipitare sul bambino mi libero dalla leggera presa di quell'uomo e corro a perdifiato verso il bambino, purtroppo non sono abbastanza veloce da porterlo portare via da lì del tutto ma riesco a spostarlo il poco che basta per salvargli la vita.
La trave appena caduta ha squarciato la felpa e la pelle del mio braccio, ma non m'importa, non sento dolore, m'importa solo del bambino e di Jason.«dov'è la tua mamma?» urlo cercando di farmi sentire da lui.
Il bambino non risponde continuando a piangere.
Mi chino verso di lui «hey, stai tranquillo, se mi dici il tuo nome ti aiuto a cercare la tua mamma, va bene?» chiedo dolcemente «Newt, il mio nome è Newt» risponde asciugando le sue lacrime.
Gli sorrido e prendendolo per mano lo porto al sicuro.Non appena siamo lontani Newt lascia la mia mano «mamma!» urla cominciando a correre verso una donna aggrappata a Jason.
Istintivamente seguo il bambino e quando mi trovo davanti a lui provo sollievo nel vederlo ancora vivo.Lui però non è contento quanto me «che ci fai qui?» grida furioso dopo aver lasciato la donna e il bambino.
Mi stringe le spalle «sei impazzita?»
«i-io» balbetto senza sapere cosa dire.
Ci guardiamo per un istante e poi scompare nuovamente fra le fiamme dell'edificio.
Un altro vigile del fuoco prova a portarmi via di lì e questa volta glielo lascio fare.
Dopo all'incirca due ore le fiamme sono oramai spente e, seduta in una delle ambulanze, scorgo la scia di due mantelli in un vicolo.
Senza pensarci due volte corro lì non curante dei continui richiami dei medici.«Jason!» urlo e si ferma istantaneamente dalla sua corsa.
Si gira verso di me, mi guarda per un lungo istante prima che quello sguardo venga interrotto dalle grida di mio padre e George «sono ore che ti stiamo cercando!» strillano quasi in coro.
Solo dopo che entrambi i vigilanti sono andati via rivolgo la mia attenzione agli uomini che veloci e affannati corrono verso di me.
«cosa diavolo ti è preso?» chiede Gregor allarmato.
«cos'é questo?» chiede invece George indicando la ferita accuratamente ricucita da un medico non molto tempo prima.
«è solo un graffio» quasi sussurro guardando il braccio.
«perché sei qui Avery?» chiede serio mio fratello.
«io non lo so» rispondo con lo sguardo perso nel vuoto.
Le fiamme, le ferite e George qui che attentamente mi guarda mi riportano alla memoria troppi ricordi e non riesco a sostenere il suo sguardo.
«non è stata colpa tua!» urla d'un fiato «non è stata colpa tua, smettila comportarti come se lo fosse!» butta fuori.
Pur non specificandolo, so perfettamente a cosa si riferisce.
«invece si» sussurro mentre le lacrime cominciano a rigarmi il viso «è stata colpa mia, se fossi rimasta in casa forse non sarebbe successo nulla!» urlo senza smettere di piangere e questa volta lo guardo «tu, noi, non avresti visto nulla, non sarebbe successo nulla!»
«smettila» quasi non lo sento.
«No! È stata colpa mia e mi merito tutto l'odio del mondo per questo, fai bene ad odiarmi, tutti fanno bene a farlo, ogni singolo essere umano dovrebbe»
«smettila, smettila, smettila!» m'interrompe «tu non potevi saperlo, nessuno poteva, sarebbe potuto succedere comunque, Liam sarebbe potuto morire comunque!»
«forse» inspiro «ma quella sera è morto a causa mia» butto fuori l'aria cercando di smettere di piangere senza però riuscirci.
«non è così» sospira «ed io non ti odio, sei tu che ti sei allontanata, sei tu ad esserti allontanata da tutti e tutto» mi guarda ed incerto si avvicina a me «non puoi continuare a torturarti così» quasi sussurra e mi stringe in un abbraccio.
Quell'abbraccio che da tempo aspettavo «io non ti odio, ti amo più della mia stessa vita» sussurra tra i miei capelli stringendomi più forte.
Forse se ne avessimo parlato prima non ci saremmo persi così tanto l'uno della vita dell'altro.
Il senso di colpa per un istante scompare, quando quell'abbraccio sarà finito probabilmente sentirò di nuovo quel vuoto infernale, ma qui, in questo momento, fra le braccia di mio fratello, sto benissimo.

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Una Notte
Fanfiction//estratto parte 3// «Bruce Wayne ha per caso nipoti o roba simile?» chiedo abbassando la voce pian piano. George alza un sopracciglio e poi sospirando risponde «no, ma ha adottato un ragazzo, Jason Todd » //estratto parte 16// «no» lentamente mi...