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Le lezioni oramai sono finite da un pezzo, purtroppo il professore ha deciso di assegnarci una ricerca di mercato da esporre nelle prossime settimane.
Il piccolo ma importantissimo dettaglio e che a casa non ho una stampante o un computer decente percui mi ritrovo a restare qui, insieme ad un numero ristretto di studenti a fare questa dannatissima ricerca.

Dopo quanto scoperto su Jason e Robin o dovrei dire su Jason e basta non ho più avuto modo di affrontarlo, visto che punto prima non si è più fatto vedere in aula e punto secondo sono stata occupata nell'aula informatica dopo le lezioni praticamente tutta la settimana.
Il mio intento rimane comunque lo stesso, parlargli delle mie ipotesi.

Mi rendo conto che si tratta di prove circostanziali ma è dalle risposte che avrò da lui che capirò se è vero oppure no.

Dopo circa due ore ed una settimana passata qui dentro, ho terminato la ricerca.
Finisco di stampare le ultime cose ed esco finalmente da quell'edificio.

Quando sono fuori oramai il sole è calato e girare per Gotham di sera non è decisamente il massimo.
Camminando a passo svelto mi dirigo verso la stazione a pochi isolati da me, nonostante la paura di poter incontrare qualcuno di non proprio pacifico mi faccio coraggio ripensando che non è mai successo, perché proprio ora.

Nonostante ciò la sensazione di essere osservata è forte e mi induce ad accelerare il passo.
In realtà è tutta la settimana che ho questa sensazione, sento spesso rumori strani alle mie spalle, ma ogni volta che mi giro non vedo nessuno.
Sarà che col buio si diventa esageratamente paranoici.

Continuando a camminare un rumore più forte alle mie spalle mi fa sobbalzare e questa volta quando mi giro qualcuno c'è.

«ciao bambolina» un uomo alto e dall'aspetto trasandato mi saluta e con un ghigno sul viso velocemente si avvicina.

Provo ad ignorarlo cominciando a correre verso la mia destinazione, purtroppo però lui è più veloce di me.

«dove scappi!» urla strattonandomi per il braccio e avvicinandomi a sé.

«non ho nulla, lasciami andare» imploro ma senza risultato.

Con la presa salda su di me, con la mano libera comincia, con un coltello da caccia, a disegnare strisce che partono dal mio petto e arrivano al basso ventre.
Sento la paura farsi strada dentro di me, l'istinto è quello di gridare ma la paura mi fa perdere la voce.
Provo inutilmente a liberarmi dalla sua presa che si fa sempre più salda e delle lacrime copiose cominciano a scendere dai miei occhi.

«questi non ci servono» sussurra prima di tagliare, con un semplice movimento della mano, la maglietta che indosso, ferendomi e scoprendo la pelle nuda al disotto di essa.

«no, ti prego» imploro piangendo e dimenandomi.

«sta ferma!» urla prima di tirarmi un pugno in piena faccia, la vista si annebbia per qualche istante.

«lasciala stare!» sento prima di cadere per terra.

Una serie di pugni arrivano in faccia al mio assalitore che approfittando della piccola distrazione del ragazzo che lo sta picchiando fugge via terrorizzato.
Fa per seguirlo ma poi si avvicina a me «va tutto bene?» chiede preoccupato.

La sua voce è così dolce che quasi mi dimentico di quello che è successo.

Mi limito ad annuire.

Mi tende una mano che sfiorandomi istintivamente mi fa sussultare.
Mi guarda accovacciandosi accanto a me «sta tranquilla, il pazzo è andato via e non ti darà più fastidio, okay?» quasi sussurra ed io annuisco «bene, posso aiutarti ad alzare da terra?»

Ci guardiamo per qualche istante negli occhi ed è solo allora che lo riconosco, Robin, è lui ad avermi salvata.

Annuisco in risposta alla sua domanda e lui, tenendomi per mano, mi aiuta ad alzare.

Con gli occhi mi esamina il corpo cercando delle ferite ed è allora che ricordo della maglietta.
Provo a coprire la parte nuda col cappotto, anche se, per qualche assurdo motivo da lui non vorrei coprirmi.
Il pensiero che mi abbia vista semi scoperta mi fa arrossire e ricordo quando sono stata io a guardarlo con la tuta strappata non molte sere fa.

«ti porto a casa» afferma guardandomi negli occhi distogliendo l'attenzione da tutto il resto.

***

Dopo mezz'ora sono fuori la mia finestra ed entrando mi muovo molto lentamente cercando di non svegliare nessuno.

Prima di partire ho avvisato mio padre che avrei saltato la cena e che sarei tornata veramente molto tardi.

Arrivata vicino al letto mi giro a guardarlo «grazie» sussurro.

Annuisce.

Sotto il suo attento sguardo mi sfilo il cappotto e lo lancio per terra, apro leggermente la maglia strappata, quel poco che basta per permettermi di esaminare il taglio provocato da quel coltello.
Dopo qualche minuto prendo il flacone di disinfettante e un dischetto di cotone, provo a tamponare la ferita che comincia incredibilmente a bruciare facendo fuoriuscire dalle mie labbra un gemito di dolore.

«posso aiutarti?» mi chiede sottovoce.

Guardandolo annuisco.

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