Sono le 6,30 del mattino quando il treno comincia la sua corsa.
Anche oggi piove e forse non c'è da stupirsi considerando che quasi praticamente tutti i giorni invernali qui piove.Poggio la fronte al finestrino osservando le gocce di pioggia fare a gara.
Sorrido ripensando a quando da bambina in queste grige giornate io e George ci sedevamo accanto alla finestra guardando le gocce d'acqua come fossero macchine da corsa.
Da bambini eravamo inseparabili, non si dormiva finché l'uno non aveva raccontato all'altro ogni minimo dettaglio della propria giornata.
Ricordo anche quando spesso mi proteggeva dai bulli che prendevano in giro i miei gonfi e ricci capelli biondi.
Quante volte ha asciugato le mie lacrime ed è stato lui ad aiutarmi, insieme a Liam, con la mia prima cotta che tanto mi faceva stare male.
Ancora non conoscevo il vero dolore della perdita, del vuoto che senti quando qualcuno non c'è più, un vuoto che sai già non potrà più essere riempito.Non so di preciso quando io e George abbiamo cominciato ad allontanarci, ma ricordo benissimo la notte in cui il nostro legame si è spezzato completamente, in pezzi così piccoli da rendere a chiunque impossibile la missione di rimetterli insieme.
Da quella notte sono cambiate molte cose, forse perché è me che incolpa e, tutto sommato, la colpa è soltanto mia.
Fossi rimasta in casa quella notte non sarebbe successo nulla.
Lui non c'avrebbe visti e Liam sarebbe ancora qui.Sospiro rumorosamente mentre, senza rendermene nemmeno conto, una lacrima mi riga il volto.
Scaccio via quei pensieri e aspetto che il treno sia fermo del tutto prima di scendere e cominciare la mia ennesima passeggiata sotto la pioggia.
***
«mi scusi per il ritardo professore» quasi sussurra il ragazzo appena entrato.
È sempre lui.
Il ragazzo dai capelli corvini che tutte le mattine entra in aula interrompendo il professore che per sua fortuna, nonostante la minaccia iniziale, non lo ha mai lasciato fuori.È lo stesso ragazzo che più di una settimana fa mi ha accesso la sigaretta mentre mi spiegava che l'azienda dove mio fratello lavora non tortura nessuno, perché mai dovrebbero?
Perché nessuno capisce l'ironia?Scuoto la testa prestando nuovamente attenzione al professore che, a mio malgrado, ha ripreso a spiegare.
«l'equilibrio di mercato si raggiunge quando la quantità domandata uguaglia la quantità offerta» si gira verso la lavagna disegnando col gesso una sorta di X non proprio precisa.
Qualsiasi sia il motivo per cui debba essere così noioso nella spiegazione di qualsiasi argomento, non è decisamente un motivo valido.
La restante parte della lezione passò decisamente troppo lentamente, così tanto che quando terminò l'aula era quasi vuota ed eravamo rimasti in dieci.
Cinque ragazze nella prima fila, tre ragazzi nella seconda, io in quarta fila e il gracile ritardatario all'ultima che, nonostante il ritardo, si è addormentato poco dopo il suo ingresso in aula.Mi alzo dalla sedia raccogliendo e sistemando i libri nella borsa.
«Jason!» urla il professore attirando l'attenzione del bello addormentato.
È Jason il suo nome quindi.
Ne immaginavo uno diverso in realtà, tipo Steve, Billy, Bobby o roba simile.Raccolgo le penne e anch'esse le sistemo nella borsa bianca che ora è sul banco.
«professor Jackson» s'incammina assonnato verso la cattedra.
"ha un buon profumo" penso quando mi passa accanto.
Sistemo la borsa sulla spalla, raccolgo il cappotto che pochi istanti fa è finito per terra e m'incammino verso la porta molto più lentamente di quanto in realtà avrei dovuto, per curiosità, suppongo.
«non puoi arrivare sempre così tardi la mattina» quasi sussurra per non farsi sentire da nessun altro oltre che il ragazzo difronte a lui «neanche Bruce potrà aiutarti con gli esami, lo capisci o no?» sento prima di uscire dall'aula.
Bruce?
Ma Bruce Wayne intende?
Il miliardario capo di mio fratello Bruce Wayne?***
Arrivata decisamente troppo tardi a casa mi butto sul divano, sono stanca ed ho fame.
In genere le lezioni terminano alle 12,45 permettendomi così di prendere il treno delle 13,30 arrivando a casa alle 15,00.
Purtroppo la camminata troppo lenta per l'aula e per i corridoi che mi ha permesso di vedere un Jason incredibilmente infastidito uscire dall'aula mi ha fatto arrivare tardi, considerando il fatto che la stazione di Gotham regna nel caos più assoluto ho dovuto aspettare ore prima di poter prendere il treno.Stranamente mio fratello è tornato prima, invece.
È seduto su una delle sedie in cucina e legge un giornale.Sforzandomi costringo me stessa ad avvicinarmi, prendere una mela e cominciare a mangiarla.
Non ho attirato la sua attenzione, così decido di schiarirmi la voce.
«che c'è?» mi chiede senza staccare neanche per un secondo gli occhi dal giornale.
«oh niente, solo che..beh..» borbotto «si insomma» lo guardo cercando di mettere insieme una frase di senso compiuto che non risulti equivoca.
«cosa? Quanto ti ci vuole?» questa volta ha poggiato il giornale sul tavolo.
«Bruce Wayne ha per caso nipoti o roba simile?» chiedo abbassando la voce pian piano.
George alza un sopracciglio e poi sospirando risponde «no, ma ha adottato un ragazzo, Jason Todd»
«perché?» chiedo guardando mio fratello sbuffare a quella domanda.
«a quanto pare il piccolo era rimasto solo e il Signor Wayne ha deciso di accoglierlo sotto la sua ala protettiva» fa spallucce tornando al suo giornale.
Sei il figlio di Bruce Wayne.
"Ora si spiegano molte cose" penso dando un morso alla mela fra le mie mani.*spazio d'autrice*
Spero vivamente vi stia piacendo, so di non essere molto brava spero comunque di migliorare.
Fatemi sapere cosa ne pensate ♥️

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Una Notte
Fiksi Penggemar//estratto parte 3// «Bruce Wayne ha per caso nipoti o roba simile?» chiedo abbassando la voce pian piano. George alza un sopracciglio e poi sospirando risponde «no, ma ha adottato un ragazzo, Jason Todd » //estratto parte 16// «no» lentamente mi...