12. Leanne POV

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12.

Leanne POV

"Albus, fatti i cavoli tuoi."

"Perchè? È bella, scaltra, premurosa, sembra avere a cuore la tua incolumità, che ci sarebbe di male? Forse lei è l'unica che può capirti davvero."

Ma davvero stanno parlando di me, come se io non fossi presente?

"Nessuno può capire cosa mi porto dentro."

"Per questo vesti sempre di nero? Sei in lutto per la tua vita? Sei già pronto per il tuo funerale? Mio caro Severus, sei ancora giovane, puoi rifarti una vita sai..."

"Non sei divertente. Ed essere circondato da gente con cui mi è difficile rapportarmi men che meno. Nessuno può capire come io mi senta, il peso che mi porto sulle spalle!"

Cosa? Nessuno può capire il peso? Eh no, ora tocca a me!

"Per piacere, non dire assurdità. Vuoi fare a gara con me? Hai idea di quanto io mi senta sola? Tutte le persone che mi sono lasciata indietro, la mia storia, le cose che ho fatto, il mio lavoro, i rapporti che ho costruito? Tu non sai quanto sia difficile per me rapportarmi con il mondo, in questa condizione. Gli studenti mi trattano come se fossi una di loro, quando potrei in realtà essere la loro madre, e gli adulti mi trattano come tratterebbero la ragazzina che vedono. Anche tu, con la tua superiorità così ostentata, a volte mi pare che ignori bellamente che io sono tua coetanea e che sono sopravvissuta alla guerra!"

Gli vomito tutto questo addosso, rimanendo senza fiato.

"Che carattere... Non mi stupisce che tuo marito ti abbia lasciato..."

Il gelo su di me. Non posso credere che l'abbia detto davvero!

Lui si blocca di scatto, come se quelle parole gli siano uscite di bocca senza riflettere, e mi guarda sgranando gli occhi. Guarda la tempesta dentro di me.

"Direi che... Con questo puoi anche arrangiarti da solo, e morire tra atroci spasmi come vent'anni fa. Le mie informazioni saranno più utili altrove!"

Capisce di averla detta grossa. Si affretta a raccattare qualche parola, balbettando.

"No... Non intendevo quello che tu..."

"Arrangiati!"

Detto questo, lascio l'ufficio velocemente.

Mi sento tesa come una corda di violino.

Vado spedita verso il mio dormitorio, cercando di non farmi beccare dalla ronda serale. Ci metto meno del solito, non ho il permesso del preside stavolta, a pararmi le spalle, per il mio gironzolare oltre il coprifuoco.

Devo convocare tutti coloro di cui mi fido, che possibilmente non siano dei sociopatici come Severus, non mi sembra di chiedere troppo.

La Sprout aveva ragione, fare tutto da soli è un carico troppo grosso. Comincio a pensare che l'ES possa fare molto più di così.

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