L'abito non fa il monaco

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Il profumo di cornetti appena sfornati, lo scricchiolio del pane appena spezzato, fecero alzare la testa di Marinette dal tavolo su cui si era addormentata.
"Mnn. J'adore ça parfume" sussurrò riconoscendo il profumo e cercando di aprire gli occhi, ancora chiusi per la stanchezza, come se fossero sigillati con un qualche tipo di colla.
Essere la figlia del fornaio più richiesto di Parigi portava qualche vantaggio nel campo della colazione.
Socchiuse gli occhi e si guardò attorno, assonnata. Si strofinò gli occhi e si rese conto di essersi addormentata nello studio.
"Oh, parblue. Ho dormito sul lavoro e non me ne sono resa conto. Almeno ho finito il vestito per Alya." Guardò il manichino di fianco al tavolo, vestito con l'abito di Alya. Lungo; la gonna azzurra con qualche balza più chiara a coprirle le scarpe senza farla inciampare; una maglietta bianca sotto una camicetta arancione chiaro; da quando notò alla festa come le stesse bene l'arancione, decise di osare e usarlo. Aggiunse qualche ricamo più chiaro qua e là per dare luce e sobrietà al tutto; infine aggiunse due tasche laterali alla gonna, nascoste tra le balze, per aiutarla a trasportare ciò che le serviva.
Sperava potesse piacerle, perché aveva intenzione di creare i vestiti delle bozze per più persone possibili, partendo dalla famiglia Césaire.
Sarebbe passato il messaggio di umanità e rispetto tramite i vestiti?
L'apparenza inganna, ma un buon vestito può far ricredere le persone. Se una persona è vestita per bene crea fiducia e legami al contrario di chi è vestito di stracci cui allontanerebbe la persona. Per questo Marinette ci teneva nel creare vestiti per tutti, nuovi, puliti e con una certa classe che la caratterizzava. La gente non doveva più vederli come persone inferiori, sporche, rozze o peggio: schiavi. Attraverso i nuovi vestiti, il giudizio doveva cambiare in modo da rendere più sicuri e socievoli gli aristocratici, per parlare con loro e giudicarli per il proprio carattere e non per l'aspetto.
Aveva intenzione di cambiare i vestiti della servitù, nome sgradito per lei. Preferiva chiamarli collaboratori, visto che aiutavano il padre dietro il negozio e in casa.
Con l'acquolina in bocca per il dolce profumo, uscì dallo studio e si diresse al piano terra, al forno.
"Papi..." assaporò i cornetti con l'olfatto e ne prese uno ancora caldo. Li adorava appena usciti dal forno, una morbidezza unica assieme al croccante che si scioglieva in bocca.
"Mnn... j'adore." Sussurrò masticando il cornetto.
"Marinette, finalmente sveglia. Ti sei divertita alla festa?" domandò la madre.
"Oui. Magnifique. Dovevate esserci, era tutto gigantesco e le parole di Agreste, non il padre lui non c'era, ma c'era il figlio e le sue parole hanno incantato tutti. Musica, balli e cibo, tutto come doveva essere."
"Sono contenta. Grazie per aver preso il nostro posto, purtroppo non potevamo rimandare il nostro impegno."
"Pas problem. So quanto vi ha tenuti impegnati la lotteria, alla fine siamo parte degli sponsor per questi eventi." Marinette si gustò il cornetto vuoto assaporando la pasta. "Papi est génial. Ses croissants sont trop bons." La mamma ridacchiò "Lo dovresti sapere. Altrimenti non avremmo tutta questa clientela."
"Vrai. A proposito, hai visto Alya? Ho qualcosa da mostrarle. Ci ho lavorato tutta la notte e non può dirmi di no."
"Non credo di averla vista."
"Questo mi preoccupa. Forse è meglio se vado a controllare..."
"Marinette. Siete tornate tardi a casa, c'è la possibilità che stia ancora dormendo per la stanchezza della serata. Lasciala riposare, magari verrà nel pomeriggio. Anche tu ti sei svegliata tardi."
"Touché." Finito il cornetto prese una mela, diede un bacio sulla guancia della madre e tornò nel suo studio. In piedi, guardò i disegni sul suo taccuino mentre sgranocchiava la mela e guardava le bozze con una intensità e concentrazione mai vista prima. Teneva il taccuino appoggiato all'avambraccio sinistro che le funzionava come leggio e con l'altra mano si portò la mela alle labbra.
Voleva mostrare ad Alya i suoi lavori e doveva convincerla del suo progetto. Per farlo, doveva dimostrare la sua ferrea volontà e le servivano altri vestiti.
Lasciò la mela morsa solo da un lato, fino al torsolo, sul tavolo assieme al quaderno, si sciacquò le mani nella bacinella per togliere il succo della mela rimasto sulle dita. Se le asciugò su un asciugamano ricamato da lei, si alzò le maniche e iniziò a prendere i suoi rotoli di stoffa, stenderli su un altro tavolo e con un sasso bianco ci disegnò il contorno dei pezzi dei vestiti che doveva ritagliare.
Lavorò senza sosta fino all'ora di pranzo. Non aveva più toccato la mela, che nel frattempo si ingiallì.
"Marinette! È ora di pranzo, vieni a mangiare?"
"J'arrive, Papi! Solo un momento!" urlò dal suo studio.
Sistemò i pezzi ritagliati su una parte del tavolo dove si era addormentata e andò a pranzare con la sua famiglia mangiando della zuppa assieme al pane che ogni giorno preparavano.

Parigi 1889 Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora