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*Quando eravamo insime non mi interessava nulla del resto, in quel momento esistevamo noi due...il resto non contava*

Quando rincasai la sera i miei non mi fecero domande, si erano bevuti la bugia che gli avevo detto quando uscii.
Mi chiesero solo come stavano i genitori di Matilde, se sua nonna si fosse ripresa dalla febbre che aveva avuto gli scorsi giorni, io risposi mentendo senza troppi problemi.
Dopo cena andai subito in camera a risposarmi, era molto stanca e la mattina seguente mi sarei alzata presto.
Mi sistemai a letto e misi la macchina fotografica nel cassetto del comodino, mia sorella entrò e mi squadrò attentamente.
  - come stava Matilde? - mi chiese con la sua vocetta stridula.
  - bene- risposi e mi sistemai per dormire, lei rimase in silenzio senza aprire bocca poi si avvicinò al mio all'orecchio -bella la macchina fotografica..- mi sussurrò con una risatina, mi alzai dal letto e la guardai con un'occhiataccia.
  - non rompere e dormi!- esclamai cercando però di non alzare troppo la voce, Veronica fece un ghigno e si mise sotto le coperte, anch'io tornai a letto.
Incredibile come non le sfuggisse nulla, cercai di togliermi dalla mente mia sorella e la sua furbizia, dopo qualche minuto mi addormentai distrutta.

La sveglia iniziò a suonare alle 9:00 in punto, mi alzai dal letto e mi preparai velocemente.
In cucina c'era sempe mio padre con il suo solito quotidiano.
  - dove vai cara? - mi chiese mio padre posando il giornale sul tavolo e sorseggiando il suo caffè.
  - io e Matilde andiamo al lago...- gli dissi e lui annuì, mia madre entrò in cucina.
  - al lago? mi raccomando fate attenzione! c'è gente stranza in giro... l'altro giorno Alberto mi ha raccontato che al lago ci vanno dei ragazzi strani- iniziò a raccontare mia madre le solite storie che sentiva tra le persone del condominio e del vicinato, infondo gli adulti e i vecchi vivevano di pettegolezzi.
  - Alberto?- chiese mio padre non troppo curante della cosa, continuando a sfogare il giornale.
  - sì dai lo conosci! Alberto il figlio del vecchio macellaio!- esclamò mia madre.
  - non lo conosco...- mio padre scosse la testa e dalla tasca dei pantaloni tiro fuori il pacchetto di sigarette.
  - ma come non lo conosci?! Dai è Alberto...! Quello che si è sposato con Paola!- continuò mia madre, mio padre mentre posò la sigaretta sulle labbra fece su e giù con il capo comprendendo chi fosse questo misterioso Alberto.
  - Giusto, ricordo...fortunato Alberto a sposare quella Paola!- iniziò a ridere papà accendendo la sigaretta, mia madre portò gli occhi al cielo oramai sapeva com'era fatto suo marito, ci aveva perso le speranze.
  - io vado!- dissi appena finii di fare colazione, salutai i miei genitori e quando chiusi la porta sentii ancora le raccomandazioni di mia madre.
Corsi verso casa di Matilde e appena arrivai al suo portone iniziai a lasciare dei sassolini alla finestra di camera sua.
La finestra si aprì e fece capolino la testa di Matilde.
  - ma che ci fai qui?- mi domandò - dove sei finita ieri?!- continuò a farmi domande.
  - senti domani parliamo, ho detto ai miei che uscivamo al lago! ti prego coprimi, stai al gioco ti prego.- le spiegai e lei rimase in silenzio con uno sguardo interrogativo.
  - domani ti spiego, ti voglio bene!- esclamai correndo via mentre sentii la sua voce gridare -non fare cazzate!-

Arrivai all'indirizzo e mi ritrovai al portone di un condominio.
Guardai attentamente l'elenco di nomi scritti sugli appositi campanelli.
"Alessia Conti", era l'unica dell'elenco che si chiamava Alessia perciò presi coraggio e premetti il campanello.
Il portone si aprì e incerta se entrare o meno fui preceduta dalla ragazza che aprì la porta.
Alessia mi sorrise ed io ricambiai.
  - buongiorno!- mi disse allegra ed io le sorrisi.
Ci incamminammo insieme per il marciapiede costeggiato da una lunga fila di macchine parcheggiate.
  - Hai portato la macchina fotografica?- notò Alessia.
  - Certo..magari riuscirò a farti altre foto- risposi e sentii la sua lieve risata.
Alessia si fermò quando arrivammo ad una macchina bianca parcheggiata.
Entrammo dentro ad essa e poi partimmo.
Nel tragitto ci divertimmo molto, ascoltando le canzoni a tutto volume e cantandole a squarciagola.
Era incredibile come mi facesse sentire così bene, non ero mai stata così con una persona.
Certo, io e Matilde stavamo bene insieme, mi divertivo molto e riuscivo ad essere me stessa, o almeno in buona parte.
Ma Alessia aveva qualcosa in più, quel qualcosa che mi faceva venire letteralmente il solletico alla pancia.
Dopo aver parcheggiato la macchina, in uno dei pochi posti rimasti nello spiazzo, iniziammo a percorrere il sentiero che costeggiava tutto il lago.
Tra una battuta e l'altra, le risate, i sorrisi e gli sguardi Alessia si fermò ed ammirò il lago.
  - È davvero bello qui - il leggero vento le scompigliava i capelli, chiuse gli occhi e fece un respiro profondo assaporando l'aria, la quale non era inquinata come quella in piena città.
  - è il mio posto preferito...- sussurrai guardando dall'altra parte del lago famiglie e coppie che passeggiavano.
Alessia mi guardò e sorrise, continuammo a camminare e a parlare di mille cose.
Mi raccontò di quanto lei amasse il suo lavoro, anche se le portava via molto tempo.
Parlò anche della sua famiglia, di suo fratello maggiore Enrico che aveva già una famiglia, una moglie, Claudia, e i due figli Michele e Daria.
I genitori di Alessia la tormentavano da ormai un anno e mezzo purché trovasse un uomo con cui stare e "fare come suo fratello".
Quando lei parlava della ricerca del "ragazzo" sbuffava e sembrava contrariata all'idea di metter su famiglia.
La osservai attentamente quando mi parlò dei suoi nipoti, sorrideva mentre mi raccontava di loro e dei giochi che facevano insieme.
Io, invece, le spiegai di quanto fossi in ansia per il mio futuro, che non avevo idea di ciò che avrei voluto fare come lavoro, ma in fondo ero felice di crescere ed essere più indipendente.
Duarante la passeggia feci molte foto, alcune al lago ed altre ad Alessia.
Molti scatti che le feci erano rubati, fatti mentre lei non se ne rendeva conto, credevo che quelle sarebbero state le foto migliori, le più belle.

Quando tornammo al parcheggio ed entrammo in macchina Alessia mi guardò.
  - hai fame..?- mi chiese, in effetti avevo fame perché era ora di pranzo.
  - beh, si - le sorrisi e lei accese il motore della macchina.
  - allora andiamo a pranzare - mi disse sorridendo.
Arrivammo così ad un locale davvero carino, ci accomodammo in un tavolo per due e il cameriere ci portò i menù.
Osservai attentamente tutti i piatti che erano scritti sulla carta.
  - Cosa prendi..?- le chiesi, mentre io ancora ero indecisa su cosa ordinare.
  - Tortellini con la panna...sono davvero buoni qui- mi sorrise -te li consiglio!- aggiunse, quando il cameriere arrivò ordinammo tutte e due lo stesso piatto.
Appena i nostri ordini arrivarono e assaporai i tortellini mi resi conto che aveva ragione, erano davvero buoni.
Continuammo a parlare del più e del meno.
  - Ci sarà pur qualcosa che ti piacerebbe fare...!- mi disse lei.
  - beh si, mi piacerebbe essere una fotografa...ma non credo che questo mio sogno si avvererà mai...- allungai la mano verso il mio bicchiere d'acqua.
  - credici invece!- esclamò lei con un tono di voce più alto, le persone sedute nei tavoli accanto si voltarono verso di noi con degli sguardi interrogativi.
Noi ci gurdammo e trattenemmo le risate.
  - credici invece..!- ripeté, questa volta meno forte di prima - provaci e se poi non va...beh cercherai altro..- portò il suo calice di vino alle labbra e ne sorseggio un goccio.
Una suoneria strana iniziò a richiamare la nostra attenzione, velocemente Alessia tirò fuori dalla sua borsa un telefono.
I miei genitori ne avevano due simili, ne avrei tanto desiderato uno, ma loro continuavano a ripetermi che non erano cose da ragazzi e soprattutto che non erano dei giocattoli.
Alessia rispose e dopo qualche attimo la sua espressione cambiò, divenne più cupa e i suoi occhi iniziarono a brillare, notai una lacrima rigarle il viso.
Appena finì la telefonata si asciugò la guancia e tirò su col naso, cercò di restare senza emozioni e il più normale possibile, ma capii la fatica con cui si stava trattenendo.
  - Ale tutto bene?- le chiesi preoccupata.
  - dovrei andare...- si alzò di colpo dalla sedia e raccattò la borsa da terra, la guardai mentre stava per lasciare la sala, il cameriere mi si avvicinò chiedendomi se desideravamo altro, ciò che feci fu lasciare qualche soldo sopra al tavolo e mentre mi allontanavo dal tavolo gli dissi che si sarebbe potuto tenere il resto.
Appena arrivai fuori notai Alessia camminare a testa china verso la macchina.
Corsi verso di lei e quando le arrivai finalmente vicina la feci voltare afferrandola per un polso.
  - mi spieghi che succede?- le chiedisi turbata aggrottando le sopracciglia.
Alessia stava piangendo e tra i singhiozzi riuscì a dire un flebile "scusa".
  - mio nonno...non ce l'ha fatta...- riuscì a dire.
La guardai mentre sul suo viso le lacrime scorrevano veloci, non riuscii a dire nulla anche perché non c'era nulla da dire.
D'istinto l'abbraccia e lei non esitò, mi strinse a se e continuò a piangere sulla mia spalla trovado conforto.

1995 - Io, Te e nient'altro.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora