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*Risvegliarmi con te al mio fianco era il modo migliore di iniziare una giornata.*

Erano passati qualcuni mesi ed eravamo finalmente nel nuovo anno: 1996.
Io e Alessia continuavamo a vederci regolamente, nonostante i mille impegni, che ognuna aveva, riuscivamo ad incontrarci e a passare pomeriggi insieme.
Al lago, nelle nostre colline o semplicemente a casa di Alessia, alcune volte uscimmo in centro, anche se io avevo il terrore di incontrare i miei genitori e, soprattutto, Veronica.
Una sera rientrai a casa come ormai era mio solito, verso le 9.
Ero davvero esausta e mi diressi subito in camera per riposarmi.
Mia sorella mi guardò in modo strano, molto più strano del solito.
- Come mai non sei mai a casa?- domandò fissandomi.
- Ho una vita a differenza tua- mi voltai dalla parte opposta così da non incontrare il suo sguardo.
- Strano che tu e Matilde stiate così tanto tempo insieme...- iniziò -...lei non ha un ragazzo?- mi chiese, anche se sapeva benissimo che Matilde era fidanzata con Giulio da ormai un anno.
- Si, ma che ti frega a te se io e Matilde ci vediamo!?- esclamai rivolgendole un'occhiataccia.
Lei rimase in silenzio, fissandomi ancora.
Dopo qualche minuto mi addormentai e non dovetti più parlarle.

Il giorno seguente, quando finirono le ore di scuola, mi diressi a casa di Alessia, come mio solito.
Suonai il campanello e salii al piano dove Alessia mi aspettava, sulla soglia della porta del suo appartamento.
Appena mi vide fece il suo solito e dolce sorriso, mi avvicinai a lei e le stampai un bacio sulle labbra.
- Cos'è stato?- mi domandò d'un tratto.
- Cosa?- le chiesi io non capendo.
- Vabbè dai entriamo.- mi disse facendomi passare dalla porta.
Passammo il pomeriggio lì in casa, quando finii di fare i compiti ci accoccolammo sul divano e guardammo un film.
Tornai a casa verso le 7:30 di sera.
Aprii la porta di casa e quando entrai trovai una situazione strana.
I miei genitori erano a sedere attorno al tavolo della cucina.
Mia madre aveva le mani giunte in preghiera, le stringeva e continuava a fissare il piano del tavolo mentre mio padre guardava il vuoto in silenzio.
Mi avvicinai con sguardo interrogativo non riuscendo a capire cosa fosse successo.
- Ehi...tutto bene?- chiesi a bassa voce.
- Dove sei stata?- mio padre parlò dopo qualche secondo di silenzio, aveva un tono così freddo e crudo che mi fece rabbrividire.
- Da Matilde...- gli risposi sussurrando.
- Dove sei stata Lara?- mi ripeté questa volta alzando la voce.
- Te l'ho detto da...- non riuscii a finire la frase che lui iniziò a gridarmi contro.
- Dimmi la verità cazzo! Tu sei stata da una donna?! Non è così?!- rimasi senza fiato, bloccata in piedi davanti a loro che continuavano a non guardarmi, come se gli facessi schifo, come se fossi un mostro.
- Papà io...- sibilai, pronuncia quelle parole così piano che nemmeno io le percepii.
- Tu sei una lesbica!- affermò mio padre battendo un pugno sul tavolo, mia madre ebbe paura in quell'istante infatti sobbalzò -Io non voglio delle lesbiche nella mia casa!- scandii bene quelle parole, rimbombarono nella mia testa mentre ormai le lacrime scendevano sul mio volto.
Guardai per un secondo mia madre e notai una lacrima rigarle il viso, tornai a fissare il volto di mio padre che non mostrava emozioni, come se non provasse nulla, come se non fossi stata più nulla per lui, eppure io continuavo ad essere sua figlia, la stessa figlia che aveva cresciuto per 18 anni, insegnandogli valori, principi e tutto quello che sapeva.
- Papà...- sussurrai piangendo.
- Sparisci.- finalmente i suoi occhi guardarono i miei, ma il suo sguardo era severo e serio.
Non dissi nulla e con la testa china andai in camera mia a prendere le mie cose.
Sul sul letto trovai seduta Veronica, aveva in mano la mia macchina fotografica.
- Che ci fai con quella, è mia!- esclamai strappandogliela dalle mani.
- Dovevo avere delle prove...- da dietro la schiena tirò fuori una fotografia.
Io e Alessia che ci baciavamo sulla soglia della porta.
Ricollegai tutto, Alessia che aveva sentito un rumore e di come mamma d papà fossero così sicuri che io stessi con una ragazza.
- Mi hai seguita.- dissi delusa, guardai negli occhi mia sorella e lei fece un ghigno - Veronica questo non è un gioco! Cazzo, avrebbero potuto prendermi a botte...ma cos'è che non capisci?!- le urlai contro e lei cambiò espressione.
- Siamo sorelle, te lo ricordi cazzo?!- la guardai ancora, piena di rabbia iniziai a prendere la mia roba.
- Lara io...- sentii la voce di mia sorella richiamarmi prima che io uscissi dalla porta.
- Tu nulla. Non parlarmi più.- le ordinai per poi rivolgergli le spalle.
Passai dalla cameretta di Francesco, stava già dormendo, gli accarezzai la testa e gli stampai un bacio.
- Ti voglio bene...- gli sussurrai all'occhio mentre altre due lacrime scivolarono sulle mie guance.
I miei erano ancora in cucina, immobili, nelle stesse posizioni.
Posai una mano sulla maniglia della porta, li fissai un'ultima volta, ci sperai, ma loro continuarono a guardare altro, senza rivolgermi né uno sguardo né una parola.
Sussurrai uno "ciao" e uscii.
Come facevano?
Come riuscivano a sbarazzarsi della loro figlia in quel modo?
Non trovai risposta.
Anzi...solo una ne trovai.
Non avevano un cuore.

Quella sera andai da Matilde.
La sua famiglia mi accolse con tutto l'amore del mondo.
Raccontai tutto ai genitori di Matilde, loro erano una famiglia più aperta e mi amavano come se fossi loro figlia.
Non mi cacciarono, ma mi accolsero.
Mi fecero sentire amata, apprezzata e al sicuro.
Mi fecero sentire meglio, ma non del tutto, perché quello che facevano loro avrebbe dovuto farlo la mia famiglia.
Rimasi per una settimana e mezza da Matilde, per tre giorni di fila non andai a scuola.
Stavo troppo male.
Non vidi e non parlai con Alessia per una settimana e mezza, lei non aveva più notizie di me ed io non avevo più notizie di lei.
Mi mancava.
Mi mancava un sacco, non avevamo mai passato nemmeno un giorno senza vederci da quando ci eravamo messe insieme.
Perché era proprio insieme che volevamo stare.
Non riuscivamo a stare divise.

- Lara ...- Matilde entrò in camera dopo essere tornata da un'appuntamento con Giulio.
In quella settimana e mezzo io non uscii mai, solo per andare a scuola.
La mia amica si mise a sedere sulla sedia della scrivania e si avvicinò a me che ero sdraiata sul letto - Ho visto Alessia.- mi disse ed io scattai mettendomi a sedere.
Matilde e Alessia ebbero occasione di vedersi qualche volta nei mesi precedenti, facemmo delle uscite a tre, ma anche a quattro.
Raccontai di Ale a Giulio dopo due mesi che stavamo insieme, lui la prese benissimo ed io ne fui davvero felice.
- Mi ha chiesto di te...- mi raccontò la mia migliore amica guardando i miei occhi, rimase in silenzio ed io non aprii bocca.
- Non gli ho detto nulla...- mi fece sapere -...ma devi parlarle.- mi disse sinceramente.
Matilde aveva ragione, dovevo parlarle, solo non volevo essere un peso per Alessia, non volevo che credesse che fosse colpa sua.
- Deve saperlo...non credi?- Matilde mi prese la mano, ci guardammo ed io annui, lei mi rivolse un sorriso sincero per darmi forza.
Perciò mi preparai e uscii di casa dirigendomi a quella di Alessia.
Suonai il campanello, la porta si aprì, feci le solite rampe di scale e arrivai in cima all'ultima, notai subito Alessia davanti a me, mi guardò cercando di capire cosa le stessi dicendo con il mio sguardo vuoto e amaro.
In pochi secondi la raggiunsi trovando conforto nel suo abbraccio, mentre iniziai a piangere senza trovare la forza di tranquillizzarmi.
- Ehi...ehi- Alessia mi prese il volto tra le mani, continuavo a piangere, non volevo farmi vedere così, per questo tenni lo sguardo basso -Lara guardami...- sussurrò Alessia, ma io restai a guardare il pavimento -Lara guardami per favore.- il suo tono di voce divenne più alto e più sicuro, allora alzai lo sguardo.
I nostri occhi si studiarono, restando in silenzio Alessia mi asciugò le lacrime delicatamente con le mani.
- Lo sanno, l'hanno scoperto...è stata mia sorella a dirgli tutto...lei...lei ci ha fatto una foto...- le spiegai velocemente tra i singhiozzi, il suo volto divenne triste.
Appena finii di parlare mi strinse di nuovo a se.
- Non è colpa tua...non è colpa mia...non è colpa nostra...- mi sussurrò all'orecchio, la guardai e i suoi occhi scintillavano, aveva le lacrime all'orlo.
- Non c'è colpa nell'amare qualcuno...- sorrise
Quelle parole.
Erano delle semplici parole.
Il significato, però, era pieno di verità.

1995 - Io, Te e nient'altro.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora