Capitolo XLVII-Salviamo Brayden

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Le strade di Berna non erano mai state così silenziose e vuote.
L'inverno stava per finire e l'autunno si faceva avanti pian piano.
Gli alberi avevano perso tutte le foglie ed erano più spogli che mai.

Avevano perso ogni singola foglia,ogni colore..erano spenti.
Ed era così che mi sentivo anch'io senza di lui.

Sebbene addosso portavo solo indumenti pesanti,le mani erano ghiacciate come anche il viso,ad ogni passo che facevo.
Chiunque fosse passato di lì,avrebbe pensato che stessi vagando in una meta indefinita ma io sapevo dove andare.

Durante il tragitto,però,sperai di sentire qualche miagolio di un gatto randagio o l'abbaio di un cane di quartiere o ancora la sirena della polizia.
Anche il solo vedere una persona girare da quelle zone,mi andava bene.
Solo per accettarmi di non essere completamente sola.

Eppure quella solitudine mi piaceva. Mi faceva capire che ero una donna indipendente e che non avevo bisogno di nessuno per fare quello che sentivo.
Potevo contare su di me. E solo su me.
Nel farlo continuamente avevo imparato i punti forti della solitudine e me li ero fatti amici.

Il silenzio.
la meditazione.
la libertà di azione.
l'indipendenza emotiva.
la maggiore coscienza di se.
Ma d'altronde non esiste nessuno più difficile di chi sa stare solo poiché ha imparato a fare la cosa che fa più paura al mondo.

Sapevo,però,di star commettendo un grosso errore a farlo.
Qualcuno voleva uccidermi e girare per la città con solo un borsone in mano e da sola,non era la cosa migliore da fare ma non trovavo alternative.

Ma non potevo e non volevo nemmeno restare un secondo in più nel mio appartamento dove,i miei genitori, mi avevano obbligato di tornare a Salem.
Il mio unico obiettivo era la giustizia.

In lontananza vidi il suo palazzo e feci un bel respiro,prima di fare gli ultimi passi.
Mi fermai all'istante facendomi salire l'ansia a mille.
In quel momento pensai al sogno che facevo ogni sera durante il ricovero.

Anche nel sogno riuscivo a vedere in lontananza quella luce che,a quanto pare, era la mia unica via d'uscita ma puntualmente non andavo mai oltre.
E se stessi ancora sognando?
E se non riuscissi ad andare oltre nemmeno stavolta.

Poi,però,venni svegliata da quel piccolo momento d'ipnosi da un gatto che passò davanti a me miagolando. Si arrampicò sull'albero e in un istante scomparve.
«Coraggio»

'Condominio numero 116' era questa l'insegna che vi era appesa davanti al grosso portone di legno.
Non ero mai stata qui ma sapevo che a qualche piano abitava lui.
Aprii il portone andando subito verso il gabbiotto interno,dove una signora stava giocando con l'enigmistica.

Era sicuramente una vampira. Il suo aspetto,però,era molto trasandato con capelli neri unti e raccolti in un chignon disordinato. Sotto gli occhi s'intravedevano enormi occhiaie nere e le rughe sul viso la invecchiavano parecchio.

«Mi scusi» provai a chiamarla ma non appena lei alzò gli occhi per vedermi,li spalancò talmente tanto che per un momento pensai uscissero fuori.
Si alzò dalla sedia lasciando cadere a terra il libretto dei cruciverba e con un'espressione schifata e arrabbiata,uscì fuori afferrandomi il braccio con una stretta forte.

«Le streghe non sono ammesse qui!» per il tono che usò per dirlo,sembrò che stesse sputando sangue ma usciva solo odio e disprezzo dalla sua bocca.
«La prego devo vedere una persona» cercai di liberarmi della sua presa ma la signora,di gran lunga più grande di me,aveva una stretta più potente.

Nightfall blood [In Revisione]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora